2002 settembre 1 Tanto rumore per nulla

2002 Settembre 1 – Tanto rumore per nulla

Laudate Dominum! L’Europa del football parla latino, in quella che io – da vecchio reduce –
continuo a chiamare la coppa dei campioni. Nonostante siano ormai tutte squadre multi etniche, una
delle quattro (Real Madrid) giocherà in spagnolo, le altre tre in italiano (Inter, Juve e Milan,
secondo ordine alfabetico). Mai vista in campo tanta alta marea mediterranea.
In 48 ore, tra domani e dopodomani, le quattro semifinaliste europee cominceranno a contendersi
una caterva di ambizioni, di euro e di carriere, anche di iperboliche infelicità di massa. Incredibile
ma vero, manca soltanto il Manchester United che pur gioca meglio di tutti.
Un poeta spagnolo era solito ricordare che l’uomo, da quando nasce, sta già morendo. Le sfide dello
sport sono un po’ così: non appena incomincia la partita, qualcuno sta già perdendo anche se ancora
non lo sa.
Con una differenza clamorosa in questa coppa. Solo la Juve può perdere con il sorriso sulle labbra,
mentre Inter e Milan non possono. Il Real può concedersi tanto il lusso di perdere quanto la banalità
di vincere.
Il Real è il Real. Se vince ancora, non fa notizia. Se perde, i record continentali restano sempre suoi.
Il Real è un santuario del pallone e il suo stadio il prolungamento dell’azionariato popolare.
Al francese Trezeguet, centravanti della Juve, è stato chiesto di spiegare che cosa significhi il Real
per un calciatore. “Il massimo”, ha risposto. E Zidane, mente vagante ieri della Juve oggi del Real,
ha aggiunto: ”Alla chiamata del Real non si può dire di no.” Anche Ronaldo disse di sì al volo.
L’altra sera ho visto il Real prima vanificare l’1-0 di Ronaldo poi perdere 1-5 in casa, beccando dal
Maiorca qualcosa come 4 gol in 23 minuti e concedendosi in difesa come una baldracca stanca di
fare quella vita. Eppure, nei panni della Juve, eviterei tassativamente ogni illusione.
In un certo senso, Real e Juve si assomigliano. Sono squadre vecchiotte, con due spanne di pelo
sullo stomaco a testa. Di solito, quando incassano un ko, invece di deprimersi s’infuriano con se
stesse e rimettono schemi e bandiere in parata.
Se poi ci si dovesse basare sull’ultima partita, anche la Juve ha fatto sorniona pena a Roma. Forse
gli squadroni, abituati ai posticipi notturni, non sono più capaci di giocare al sole e al primo caldo.
Fatto sta che Del Piero aveva il nerbo di una mozzarella, battuto in mollezza soltanto dal rigore
calciato da Fiore in pantofole.
Non dico l’imbarazzante 1-5 del Real in casa, ma senza Buffon e Collina anche la Juve avrebbe
preso le sue due pappine dalla Lazio, arrivederci e grazie. Il portiere è stato il migliore in campo e
l’arbitro il miglior stopper bianconero.
Sento Real e Juve alla pari, entrambi incompleti, brutti e cattivi. Dunque, con ampie premesse per
tirar fuori un grande match psichico. Il calcio è un’equazione matematica ad alta irrazionalità.
In campionato, ora la Juve è infinitamente più tranquilla del Real. Solo la Juve ha lo scudetto 2003
già in bacheca e con ampio merito checché ne dica, senza senso, l’aggrovigliato Sensi de’ Roma.
Se dovesse mancare la finale europea, pazienza, la Juve ci proverà l’anno prossimo. In Italia, il
campionato più armato del mondo porta gloria, fatturato e ne avanza. Da noi, lo scudetto vale già
una coppa.
In braghe di tela sono soltanto Inter e Milan. Chi delle due esce di coppa in semifinale, ha perso
tutto, tabula rasa di un’annata annunciata con le trombe e destinata al piffero nonostante gli
investimenti di Berlusconi e Moratti.
Soprattutto l’Inter meriterebbe la quarantena. Ha segnato 59 gol, 24 dei quali del miglior Vieri degli
ultimi anni, e dispone di 6 centravanti ma è sempre priva di telaio e ha preso più gol dell’Udinese
che, tatticamente, potrebbe insegnare qualcosa a Cuper.
Il Milan è deluso dal campionato perché pensava di avere il miglior gioco; l’Inter perché sa di non
averlo mai avuto. Il Milan vuole vincere la coppa; all’Inter basterebbe eliminare il Milan.
Per il Milan è una semifinale di coppa; per l’Inter soprattutto un derby: un’ambizione europea
contro una rabbia esistenziale, questa la differenza. Succederà di tutto in questi 180 minuti euro-
italiani.

Ho già acceso la tv.