1995 luglio 15 Piccole cose con grandezza

1995 luglio 15 – Piccole cose con grandezza

Non cercate le cose grandi, fate le piccole con grandezza. Era David Maria Turoldo a ricordarcelo,
ed è proprio questo il punto, anche oggi, fare piccoli gesti come se potessero smuovere il mondo.
Come se, senza paura.
Quando si liberava di una pestilenza, Venezia innalzava una Chiesa, la Salute, il Redentore. Stasera
tenta di comunicare, con i nuovi segni del nostro tempo mediatico, il rifiuto di altre pesti.
La guerra di Bosnia è peggio della guerra. Della guerra ignora ogni pur minimo tragico codice: qui
siamo allo stupro collettivo, alla risata della violenza. Ne escono in uguale misura beffate diplomazia,
forza, pietà.
E’questa la cosa che manda in bestia. Capisco chi perde la pazienza, chi viene preso dalla voglia di
girarsi dall’altra parte, chi teme che tutto sia inutile. Ma noi abbiamo un doppio destino: politico e
umanitario.
Il primo. L’Est non è più Est separato, oramai è Europa ed è parte di noi Italia. Anche provandoci,
non riusciremmo ad evitare i problemi posti da una frontiera che non esiste più. Può un Paese evitare
la politica estera tra aree che si toccano?
Il secondo destino è umanitario. Abbiamo faticato per intere generazioni, ma siamo ricchi. Chi più
ha, può e deve.
Mi chiedeva un impresario del Nordest: sa qual è il modello veneto di sviluppo di cui tanto si parla e
straparla in convegni e tavole rotonde? “tirarsi su le maniche e lavorare, tutto qua”.
Chi lavora non sopporta la distruzione della fatica e l’insulsaggine della guerra. Ma noi siamo
chiamati ad una fatica ulteriore: mettercela tuta per stancarli di solidarietà. Suonare campane,
raccogliere fondi per acquistare pane, gemellare il Nordest con questo pezzo di vecchia Europa
ammalata di etnia.
Spesso siamo costretti a dare il peggio di noi, stavolta arriva l’occasione di offrire il meglio. E il
sindaco di Sarajevo, rivolgendosi a Venezia, ha evocato una infinita suggestione storica, tra Occidente
e Oriente. Se la disperderemo per ignavia o distrazione, vorrà dire che la nostra cultura è un ramo
secco.