1995 agosto 27 Scandalo ordinario

1995 agosto 27 Scandalo ordinario

1) Fa piacere che la denuncia sia partita da un quotidiano, in questo caso dal “Giornale” di Feltri. Il
controllo di opinione pubblica è la funzione migliore dell’informazione.
2) Rendere noti i nomi dei vari inquilini dei vari enti risponde all’esigenza della tanto conclamata
“trasparenza”, anche se nella stragrande maggioranza dei casi (vedi il Veneto e il Friuli-Venezia
Giulia) dice poco o nulla, trattandosi di persone che non hanno a che fare con scandali, privilegi e
bassezze.
3) Lo scandalo dell’Inps e altri enti previdenziali va affrontato senza scandalo. E’un capitolo ordinario
della prima Repubblica, né l’ultimo né il peggiore, al quale si può porre rimedio soltanto sradicando
“questa” cultura del bene pubblico e “questa” organizzazione dello Stato.
4) E’ dimostrata per l’ennesima volta l’inefficienza di chi amministra a fondo perduto, come se denaro
pubblico e profitto fossero inconciliabili per legge.
5) Ha ragione Michele Serra, geniale corsivista dell’”Unità”. Qui l’oro non c’entra nulla, case d’oro,
affitti d’oro, nomi d’oro: qui tocchiamo solo melma, facce di bronzo, vizi privati e pubbliche virtù, la
normalità del privilegio personale quasi sempre accompagnata da moralismo di carriera.
6) Mentre l’Inps teneva banco, la Corte dei Conti ha reso noto i risultati di una lunga indagine su
ministeri, enti e aziende pubbliche, che fanno impallidire anche lo scandalo degli affitti di favore. Le
“mele marce” accertate nell’ambito dell’amministrazione centrale dello Stato sono ben 4000, eppure
solo un procedimento di disciplinare su tre va a compimento.
La machina è bolsa, incapace e ladra ma, quando gli hanno comunicato i dati, il ministro della
funzione pubblica Frattini si è dichiarato “molto preoccupato per i reati di tipo sessuale” che infestano
gli uffici. Noi invece, degli atti di libidine ministeriale ci preoccupiamo meno di zero; è la violenza
della concussione, della corruzione, del peculato e del falso che vorremmo ridotto alla sua quota
fisiologica. Oggi è patologia di Stato, la malattia che umilia il cittadino.