1994 novembre 6 San Patrignano vale molto di più

1994 novembre 6 San Patrignano vale molto di più

Nessuno lo ha detto meglio dello scrittore boemo Kundera. Noi tutti viviamo il presente bendati,
finchè un bel giorno ci cadrà il fazzoletto dagli occhi e soltanto allora, non prima, riusciremo
finalmente a capire che cosa ci è accaduto nel passato.
Toccherà anche a Vincenzo Muccioli. Un giorno libererà lo sguardo e potrà intravvedere meglio la
strada percorsa a San Patrignano, dal 1978 ad oggi. Nonostante oltre duemila ospiti in comunità,
quella strada si è fatta di colpo stretta. Tanto stretta, direbbe Andrè Gide, da non potervi camminare
in due: Muccioli ora è solo.
L’ultimissimo sondaggio “L’Espresso-Swg” segnala che, a dispetto del processo e delle maligne
cassette, quasi il 42% degli italiani gli affiderebbe come prima un proprio familiare tossicodipendente,
eppure Muccioli oggi è più che mai solo. E lo sa.
Un nostro lettore, guardia giurata, mi ha suggerito un’osservazione carica di buon senso. Se basta un
tossicodipendente a sconvolgere una famiglia, quale atmosfera si può creare in una comunità di
massa, dove centinaia, migliaia di corto circuiti personali scaricano assieme su un “capo”? E’una
chiave di lettura, se non proprio un alibi, anche nell’ascoltare le cassette, così fredde e distaccate,
perciò violente più di un pugno in bocca.
Mi sono anche chiesto che cosa capiterebbe a tanti se un registratore accompagnasse la nostra giornata
di lavoro, la nostra vita. Personalmente, finirei in galera almeno un paio di volte alla settimana, perché
le parole spesso sono soltanto il vapore dell’ira, della passione, dell’impeto, della ribellione, o gioco,
ripicca, gusto della battuta, anche cinismo, trucco o disperazione. Come il vapore, si dissolvono con
il loro attimo.
Il linguaggio ha vene e arterie, più corpo che anima; si esprime con infiniti specchi, echi e rimbombi.
Preso alla lettera, quasi mai dà conto del suo significato.
Ma la tragedia di Muccioli è che quelle parole emergono da un clima, il clima da un delitto, il delitto
da un segreto, il segreto da un ricatto. Un ricatto covato nell’omertà, l’omertà invischiata con la
fedeltà di collaboratori fino a ieri figli e il giorno dopo vipere. Questa catena ha trasformato queste
parole in pietre, le registrazioni in documento, gettando nell’incredulità quando non nello sgomento
chi a Muccioli aveva guardato senza mito e senza pregiudizio. Né santo né santone, soltanto un uomo
grande e grosso che sembrava tagliato apposta per dare disciplina (e speranza) a ragazzi senza regole
(e senza speranza).
Ieri erano in discussione i suoi metodi, oggi Muccioli in persona. Prima aveva contro anche l’invidia
o l’ideologia altrui; oggi soprattutto sé stesso. Ha perduto il carisma per ciò che ha taciuto prima, per
ciò che ha detto dopo; ha sbagliato il tempo del silenzio. Errore non da poco per chi esercita influenza
e investe sull’ascendente personale.
Mi manca la competenza per ipotizzare cosa ne sarà di San Patrignano con o senza Muccioli. Ma tutti
sappiamo quali abissi di infelicità abbia scandagliato, lenito, colmato.
A conclusione del processo, dopo la sua condanna, Socrate si congedò così nella immortale pagina di
Platone: “Ma ecco che è l’ora di andare: io a morire e voi a vivere. Chi di noi due vada verso il meglio
è oscuro a tutti, fuori che a Dio”.
Se oscuro sarà il domani di Vincenzo Muccioli, si dovrebbe fare l’impossibile perché l’oscurità
risparmi almeno la sua San Patrignano. Alla lunga, ciò che si fa vale più di ciò che si è.