1994 novembre 3 Rispetto per quei giudici

1994 novembre 3 Rispetto per quei giudici

Per sei mesi si sono dedicati totalmente al processo. Hanno vissuto 40 udienze. Controllato 30 mila
fogli agli atti del dibattimento. Mediato per 78 ore in camera di consiglio, in ermetico isolamento,
prima di stilare la sentenza. Non hanno mai perso una battuta.
Sono i giudici della Corte d’Assise di Firenze: un presidente e un giudice a latere assieme a tre uomini
e a tre donne presi dalla vita di tutti i giorni, impiegati o insegnanti. Questa corte ha condannato Pietro
Pacciani.
Meriterebbero perlomeno rispetto, prudenza nei giudizi. Con quei delitti hanno affrontato un lavoro
da voltastomaco ma non potevano immaginare che il vomito sarebbe arrivato dopo.
Dopo la sentenza. A sentire i difensori, certi esperti e commentatori, pare che il vero crimine lo abbia
commesso la Corte. Contro Pacciani, contro la legge, contro la giustizia, contro l’uomo: “una
vergogna” è stato detto.
Un criminologo ha promesso di scrivere un libro per difendere la scienza calpestata. La scienza, la
sua scienza presuntuosa non sarebbe alla portata della gente comune. La psicologia, la psicologia
preconfezionata dovrebbe essere presa sempre alla lettera, come nuovo Vangelo.
Macchè giudici, macchè giurie popolari, le sentenze dovrebbero essere date in appalto ai laboratori
del sapere. Questi scienziati del giudizio pontificano in queste ore da tutti i microfoni, avevano deciso
per l’innocenza di Pacciani e innocenza doveva essere.
Freud, Dostoevskij, Kafka, Ibsen, non hanno insegnato nulla. Il fondo della psiche, il delitto, la colpa,
il castigo, l’angoscia, il processo, la verità relativa, il dubbio. E ancora: la patologia, la deviazione, la
menzogna, lo sdoppiamento. Grovigli che mettono a durissima prova la giustizia degli uomini.
Con tutta la superficialità del caso e con tanta approssimazione, a noi Pacciani è parso colpevole. Ma
aspettiamo la motivazione della sentenza per saperne qualcosa di più; attendiamo ulteriori processi.
Soprattutto non ci stupisce affatto che l’opinione pubblica sia divisa: su quell’infernale crinale
rappresentato dalla via crucis inflitta dall’assassino a tante coppie, è forse possibile concludere in
maniera opposta a quella della Corte d’Assise. Parliamo di verità plausibili, non della Verità,
irraggiungibile.
Si parla al contrario per viscere, senza spirito di finezza. Tutti sono pronti a impartire lezioni; pochi
a mettere in conto che – oltre alla propria – anche la coscienza altrui possa meritare il beneficio della
buona fede e dello scrupolo.
Non sono mancati una suora e un prete. Non in confessionale, nel segreto della cella, a quattr’occhi
con l’imputato, in quei territori segreti e riservati che costituiscono il meglio della loro missione, al
riparo del neon. No: hanno occupato la scena, i Tg, sentenziando prima della sentenza, confondendo
la pietà.
La pietà comincia dalle vittime, per chi non lo ricordasse.