1993 maggio 16 Vogliono fermare il Paese

1993 maggio 16 – Vogliono fermare il Paese

L’Italia conosce il pluralismo terroristico. Nero, rosso, mafioso, degli apparati deviati o
internazionale.
Lo stragismo è anonimo per eccellenza. Uccide, non rivendica. Le sue mire sono spesso camuffate,
conosce a menadito l’arte del depistaggio.
Non sempre mandanti ed esecutori appartengono alla stessa organizzazione. Il terrore funziona a volte
come una società di mutuo soccorso, a buon rendere, nel nome della complicità dei mezzi se non dei
fini.
Da Piazza Fontana in poi, l’Italia ha sperimentato tutto, compresa la tragedia delle apparenze. Un
gioco di inganni che si rincorrono e si accavallano fino a costruire, anno dietro anno, lutto dietro lutto,
la Repubblica dei misteri.
Qui è nata la “strategia della tensione”. Il sangue per ricattare l’opinione pubblica; la paura come
elettrochoc della politica; il gioco delle ombre dove lo Stato e chi lo insidia si confondono. Magari in
prossimità di elezioni politiche o di test importanti, come il 6 giugno.
Siamo tutt’altro che sorpresi, temevamo e temiamo tuttora qualcosa di spaventoso. La morte di
Falcone e Borsellino ha messo in moto la lotta alla mafia; l’opinione pubblica e Mani Pulite hanno
inchiodato il sistema politico dell’illegalità. Troppi poteri sono allo sbando; troppi intrecci emergono
dal sottosuolo; troppi interessi si sentono per la prima volta minacciati. Troppa criminalità, troppo
denaro, troppe armi, troppo tutto.
Forse la strategia delle strategie consiste per l’appunto nel confondere le piste, a tal punto da
consegnare ai cittadini un senso di invisibilità e di buio. Se tutte le piste sono possibili, nessuna pista
condurrà alla verità; questa è la nostra cronica preoccupazione.
In ore come queste le persone serie lavorano su ipotesi, mai su certezze. Ma almeno un ragionamento
si può azzardare.
Se l’attentato mirava a colpire Maurizio Costanzo, la pista non può che essere mafiosa per due buone
ragioni. L’impegno televisivo di Costanzo sul tema della criminalità. L’intimidazione che, attraverso
Costanzo, raggiunge tutta l’informazione proprio nel momento in cui cresce tra i poteri – palesi e
occulti – l’avversione per giudici e giornalisti.
Se invece l’obiettivo non era Costanzo, il quadro risulta addirittura più fosco. La bomba per
consegnare un messaggio al Paese attraverso la sua capitale; un cratere urbano – di stampo libanese
o colombiano – per frenare se non fermare la rivoluzione senza morti di una democrazia che proprio
oggi si sta caratterizzando agli occhi del mondo attraverso il ricupero della legalità, la fine del regime
e la nascita di nuovi soggetti politici.
L’illusione che i colpi di coda ci potessero risparmiare è finita a schegge l’altra sera al quartiere
Parioli di Roma. Ai traumi dello stragismo non si può rispondere che bonificando la democrazia e
restaurando lo Stato. I poteri criminali odiano l’efficienza e il cambiamento.