1993 maggio 14 Inchiesta terribile e necessaria

1993 magio 14 – Inchiesta terribile e necessaria

Che Giulio Andreotti sia il più intelligente di tutti, anche nel momento peggiore della carriera, risulta
dai fatti. Al contrario di Craxi e dei suoi patetici cortigiani, ha saputo alla fine distinguere la
rivendicazione di innocenza dalla opportunità che la magistratura indaghi fino in fondo.
Quella mano alzata a Palazzo Madama per dire sì all’autorizzazione a procedere nonostante un’accusa
– “associazione a delinquere di stampo mafioso” – che da sola può rendere infame un’intera vita,
resterà doverosamente negli annali.
Gli è costato molto, forse tutto, ma l’ha fatto; soltanto questo conta. Il sette volte Presidente del
Consiglio non poteva passare alla storia come obiettore di giustizia, alla stessa stregua di un Citaristi
qualunque.
La Procura di Palermo chiedeva di indagare sul senatore a vita. Ora potrà. C’è da augurarsi che lo
faccia il più rapidamente possibile, non perché Andreotti debba considerarsi un indagato da corsia
preferenziale, ma perché questa inchiesta va dritta al cuore dello Stato.
Mai destino di un uomo è apparso più legato alla credibilità dell’Istituzione per eccellenza.
E’tutta un’altra cosa: sulle tangenti abbiamo capito tutto; sulla mafia la verità è oggi più vicina ma
ancora velata. Qui gli accertamenti evaporano spesso nel grande mare dell’ambiguità. Non per nulla
i magistrati lavorano sul magma dei pentiti, trecento mafiosi da utilizzare a norma di codice non di
teorema.
Fin dai tempi del terrorismo, i pentiti hanno svolto un ruolo essenziale. Ma sul loro impiego si
misurano all’ennesima potenza il rigore, l’esperienza e l’efficienza dei magistrati nel resistere anche
a odiose strumentalizzazioni.
Con un Adriano Sofri, ad esempio, non c’è pentito che tenga; con un Andreotti, qualsiasi pentito è
Vangelo.
E’un’inchiesta terribile e provvidenziale. Terribile perché, provando le accuse, decreterebbe che il
crimine domiciliava a Palazzo Chigi. Provvidenziale perché tenta di illuminare a giorno una zona
d’ombra con la quale non era più possibile convivere.