1991 dicembre 27 Il mondo saluta Gorby

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 27/12/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo: BIOGRAFIE
Argomento: URSS, RUSSIA
Persone: GORBACIOV MIKHAIL – POLITICO RUSSO, YELTSIN BORIS – POLITICO
RUSSO
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: IL MONDO SALUTA GORBY HA CAMBIATO IL MONDO. MAI UNO SCONFITTO
HA VINTO TANTO
di Giorgio Lago

Undici marzo 1985, Natale 1991. Gli anni di Mikhail Gorbaciov segnano la fine dell’Urss, il
comunismo fatto Stato, un pezzo di storia moderna. Eltsin ha ammainato la bandiera rossa con falce e
martello della tradizione bolscevica che Gorbaciov aveva già spogliato dell’Ideologia, del totalitarismo,
dell’Impero. Secondo taluni commentatori, anche del calibro di Arrigo Levi, di Gorbaciov risaltano gli
errori più dei risultati. A dar retta ad altre semplificazioni del senno di poi, con quel che ha combinato
in Urss il buon Gorbaciov farebbe fatica a meritarsi da noi a meritarsi da noi anche la poltrona di Cirino
Pomicino. In realtà, nessuno sconfitto ha mai vinto tanto. Secondo la lucidissima analisi
dell’intellettuale francese Alain Peyrefitte, apparsa lunedì su «Le Figaro», Gorbaciov ha pagato fino in
fondo tutte le contraddizioni, sue e del sistema. Non solo. Secondo la regola di ogni rivoluzione che si
rispetti, coloro che la scatenano lasciano il posto a chi ne raccoglie il potere. Come accadde per
Mirabeau, Danton e Robespierre. Errori Gorbaciov ne ha commessi; non quelli che gli si imputano. Ha
cancellato 70 anni, il Sistema più monolitico mai costruito al mondo, una unità statale che ora dovrà
affrontare qualcosa come 79 conflitti di etnia o di confine. Poteva Gorbaciov radicalizzare senza
esitazione tutte le riforme, distribuire di colpo le terre, liberalizzare i prezzi, imporre il mercato? Era
destinato al compromesso per non compromettere la strategia di smontare pezzo su pezzo un Impero e
di importare in Urss le libertà dell’Occidente senza praticamente usare la forza né abusando mai
dell’immenso potere concentrato nelle sue mani. Doveva pagare un prezzo a un’impresa da titani,
quella che viene già chiamata la quarta rivoluzione russa. Nelle vere democrazie, nulla è mai scontato
né viene regalato: Winston Churchill vinse la seconda guerra mondiale e perse le elezioni. L’America
delle grandi anomalie sociali ha già dimenticato il Bush del Golfo. Ha ricevuto le uova in faccia il
cancelliere Kohl per aver accelerato al massimo, quasi acquistandola a suon di marchi elargiti a Mosca,
la riunificazione tedesca. E Mitterrand ha toccato in questi giorni il record d’impopolarità, con il 65%

dei francesi scontenti del suo governo. Nulla di nuovo sotto il sole. Ciò colpisce nella rimozione di
Gorbaciov è la brutalità degli eredi. Per una questione di sostanza, non di stile: perché espone fino alle
viscere le tentazioni di un grande Paese che ha liquidato la dittatura senza aver mai conosciuto la
democrazia. Quella ispirata da Sacharov, introdotta da Gorbaciov e intimata da Eltsin, non è ancora la
democrazia. Soltanto un magma acceso dalla libertà ed esposto da un giorno all’altro all’incendio.
Chissà se riusciremo fino in fondo a capire che cosa è accaduto la sera di Natale a Mosca, con la morte
dello Stato fondato su una Rivoluzione che proclamava l’utopia della giustizia sociale. Chissà se siamo
consapevoli che, con quell’ammaina bandiera, assieme all’Urss scompare anche un nostro modo di
pensare. Nel bene e nel male un circuito del nostro cervello politico, un linguaggio del nostro secolo.
Forse, noi siamo schiacciati dal peso della storia. Forse, soltanto i ragazzi hanno gli occhi e la mente
per vivere senza stupori né incubi, con il solo ausilio della ragione, un’epoca sempre in sorpasso.
dicembre 1991