1991 dicembre 28 Ma è una sfida

1991 dicembre 28 – Ma è una sfida
Avevamo avuto uno scambio di opinioni, non propriamente lirico, la sera della prima del Don Carlos
alla Fenice. Sui temi dello sfascio, della protesta, dei partiti, della corruzione. Poiché al nostro giornale
non interessano minimamente i dialoghi al chiuso, ma soltanto i dibattiti alla luce del sole, un’intervista
ci sembrava probabilmente utile. Con il ministro degli Esteri ci siamo ritrovati in aeroporto a parlare di
politica italiana alla vigilia di Natale, poche ore prima della sua partenza per il Vietnam e la Cambogia,
di dove rientrerà a Roma l’8 gennaio. Cinquantun anni lo scorso novembre, un figlio di 26 che ama
l’informatica, Gianni De Michelis è agli Esteri da due anni e mezzo. Ci ha preso tutto, il Muro, il
Golfo, l’Urss, la Jugoslavia, Gorbaciov e Eltsin: «Capita una volta nella vita», sorride dentro un
Burberry che a malapena gli ripara i 120 chili di stazza. La gola campeggia in testa ai suoi peccati.
Divora anche i libri, ma questo è tutt’altro che un vizio. Sa alla perfezione l’inglese, bene il francese,
capisce il tedesco anche se non si avventura ancora a parlarlo. I quattro uomini di Stato che ha
conosciuto meglio e stima di più sono Gorbaciov, Genscher, Baker, Shevardnadze. A una recente festa
negli Usa, Bush gli ha pubblicamente riconosciuto una «strong», forte, leadership in Europa. Lui,
laureato in chimica pura sulle orme della madre, sostiene di aver imparato dall’impatto con una delle
stagioni più accelerate della storia che soltanto ricorrendo a «schemi», «ragionamenti» e «regole» si
può uscire anche dalle situazioni più confuse. Si appella ad essi anche per replicare alla protesta che
attraversa l’Italia e per ricuperare il consenso ai partiti. «Lo sfascio non esiste», afferma De Michelis. Il
quale, non essendo né cieco né tantomeno ottuso, intende con ciò denunciare un eccesso di zelo negli
sfascisti. Per surplus di pessimismo in quelli in buona fede; per overdose di cinismo nei condor della
politica. Critica Segni, i referendum, noi, Scalfari, le Leghe, gli imprenditori. Con Bossi non si andrà in
Europa – avverte – perché in Europa contano i partiti, anzi tre soli filoni del consenso popolare, il
cristiano-moderato, il liberal-democratico, il socialista. Ma, insieme, De Michelis apprezza Cossiga,
che interpreta la gente; riconosce all’Italia del post-comunismo un disagio particolarmente acuto;
prende per la prima volta di petto la questione morale: «Avevo sempre tenuto fuori – ammette – le
questioni pseudo moralistiche sui politici ladri o no. Oggi, la corruzione è diventata un problema serio:
dal Veneto, proporrò al Psi nazionale di nominare i garanti della correttezza. Chi sbaglia paga.
Dobbiamo fare tutti qualcosa, perché la coscienza pubblica si è fatta più esigente». Staremo a vedere,
vigileremo.
Quanto allo sfascio, che esista lo dimostra questo vivere sul filo del rasoio, tra protesta senza proposta e
partiti a corto di credibilità. Concordiamo al 100% con De Michelis quando indica nell’Europa l’unica
bussola sulla quale misurare le nostre scelte, ma nessun partito può chiedere o pretendere il consenso a
scatola chiusa, da fermo. Lo sfascio può diventare una bella sfida. Per chi, da oggi, da subito, saprà
sterzare.
28 dicembre 1991