1988 agosto 04 La partita è persa

1988 agosto 04 – «La partita è persa»
IL CASO SICILIA. Il Csm dà ragione a Meli. Falcone amaro…
Ma il consiglio Superiore lo invita all’unanimità a rimanere Orlando, sindaco dc di Palermo,
chiede l’intervento di Cossiga
L’effetto più torbido del Caso-Palermo sta sotto gli occhi di tutti: nel momento in cui ha bisogno del
normalizzatori e intransigenti, in giudici secondo i quali «nessuno è insostituibile» e giudici che
ritengono insostituibile la specializzazione di un pool che agisce come corpo speciale nella guerra alla
criminalità più organizzata del mondo. In questo senso la mafia non ha vinto, ha stravinto; può assistere
con comprendibile piacere all’autoflagellazione dello Stato.
Non facciamo gli ipocriti e diciamo le cose come stanno. Per quanto ci si sforzi di reprimere
l’emozione con la ragione, stiamo purtroppo un po’ tutti convincendoci che in prima linea contro la
mafia si fronteggiano – più che due filosofie e due metodi – due livelli di fermezza. Come se la
giustizia fosse spaccata in Sicilia tra duri e rassegnati, tra uffici all’acqua di rose e uffici che non
mollano l’osso nemmeno per un solo giorno.
Questo, in uno Stato di diritto alle prese con la capillare peste mafiosa, è veleno, sospetto generalizzato
dunque della peggior specie, che nessun documento o rituale auspicio del Consiglio Superiore della
Magistratura riuscirà ad allontanare. Ci vorranno anni per voltare questa pagina, mentre arretra
paurosamente la speranza di mettere alle corde la piovra.
Quando Dalla Chiesa denuncia la «solitudine» del suo lavoro prima di finire ammazzato per strada;
quando uomini come Falcone affermano che la «partita è persa»; quando si fomenta la cultura secondo
la quale chi si espone con particolare zelo contro la mafia sarebbe animato da carrierismo, allora vuol
dire che sostanziali progressi non sono stati ancora fatti nonostante i maxi-processi e pentiti del calibro
di Buscetta.
Ciò mentre gli inquirenti non sono forse mai stati così vicini a graffiare la maschera del terzo livello
della mafia, il più alto, il più occulto, il più inquinante della società civile.
Ma una cosa è sicura: se la magistratura registra giornate così nere, lo deve anche al fatto che lo Stato
l’ha caricata di una inusitata responsabilità. Senza una nuova, generale mobilitazione della politica,
degli apparati e delle coscienze, i giudici non potranno che sentirsi frustrati, delusi, divisi. In Italia è già
accaduto troppo spesso che tocchi loro colmare i vuoti altrui.

agosto 1988