1987 settembre 23 Il vero inquinamento

1987 settembre 23 – Il vero inquinamento
Venezia dà del tu alla Storia. Doveva essere storica anche la parata di oggi: capo del governo, ministri,
sottosegretari, responsabili locali e regionali riuniti a Venezia per dare l’imprimatur finale al Pro
gettone. Otto anni di lavoro assicurato, un investimento di diecimila miliardi, il meglio delle imprese
pubbliche e private per sconfiggere le acque alte, per disinquinare la laguna, per restaurare la Città, per
ridare sicurezza e futuro non solo a Venezia ma all’intera area integrata, da Chioggia a Mestre.
Doveva essere un Comitatone tale da evocare, in un momento molto cruciale, almeno il fantasma di
una Venezia che si diede grandi classi dirigenti. Non è stato così. Nel momento in cui lo Stato si
trasferiva a Venezia anche per dire che Venezia è da sempre una questione nazionale, anzi una delle
priorità, Venezia ha dato forfeit. Ha scelto di farlo in piena notte, forse perché avvertiva il disagio di
gesti furtivi. Il buio aiuta a celare il rossore di partito.
Da 21 anni Venezia discute la propria salvezza: le leggi speciali si sono sovrapposte a nuove leggi; gli
studi occuperebbero intere barene; nell’intrico delle competenze il ricordo di Bisanzio appare un
esempio di illuminata deregulation. Questi decenni di paralisi farebbero supporre che il tempo sia stato
almeno impiegato in altre ultimative imprese. Non è stato così.
Il porto attende di riprogettarsi; il turismo non decide cosa offrire; l’aeroporto tenta soltanto ora di
ricuperare livelli occidentali; l’Università improvvisa aule sotto le stelle; la Mostra del Cinema offre
film senza strutture; la Biennale si gestisce come un’Usl; dal Tronchetto alle tangenziali la viabilità non
riesce a togliere il laccio a due città. E due città, Venezia e Mestre, si sentono ancora una volta tentate
dalla separazione.
Questa Venezia, bravissima nell’immaginare il Duemila quanto pigra nel realizzare il presente, ha
deciso alle 3 e 40 della scorsa notte di non decidere nulla, di azzerare il suo peso, di sbarazzarsi di
sindaco, giunta e impegni. All’ultimissimo consiglio comunale l’ex sindaco socialista Rigo ha negato al
sindaco socialista Laroni un voto che, su temi tanto rilevanti e tanto a lungo meditati, avrebbe semmai
dovuto irrobustire una scelta non certo lacerarla.
Non rispuntano alleanze, riaffiorano faide. Non si delineano strategie, prenotano poltrone. S’inventano
partiti di comodo: chi vuole il disinquinamento prima delle bocche di porto, vanta un cuore
ambientalista a 18 carati; chi auspica sia il primo che le seconde, passa per un cementista venduto alle
imprese. La laguna di chiacchiere diventa uno stagno di meschinità; a due passi da un primo risultato, il
vecchio fronte del no riaffiora sull’onda di piccoli calcoli personali.
Nessuno che rammenti fino in fondo che la complessità del Progetto Venezia richiede un supplemento
di responsabilità politica. Nessuno che batta i pugni sul tavolo per ricordare che in questi giorni si sta
varando la Legge Finanziaria con centinaia di altri miliardi destinati a Venezia, e che ci vuole un bel
coraggio a pretendere che gli italiani si tassino anche per Venezia quando Venezia opta per
l’astensione.
Nessuno che, a scanso di equivoci ma soprattutto di rischi, tenga presente che le Leggi speciali furono
il frutto della violenza del mare, che il primo dramma da cancellare sono le acque alte. Ora, è
sacrosanto che la cultura dell’ambiente abbia fatto irruzione nei giovani, nelle istituzioni, in quanti
credono che mai lo sviluppo abbia diritto di precedenza sul futuro dell’uomo, ma sarebbe pilatesco

assecondare una politica in grado soltanto di evitare a Venezia non tanto le acque alte ma le acque alte
inquinate!
Venezia ha dedicato troppo tempo alle sue baraonde mondane, alle sbornie d’immagine, agli Ariecchini
dell’effimero, alle Ciccioline e alle baruffe in piazza. Per l’appuntamento con il Comitatone, la Giunta
comunale si è presentata impreparata, evidentemente alla mercé di un gruppo socialista nel quale un
partito serio, partito di Governo come ama chiamarlo Craxi, non potrà non mettere ordine. Il Pci ha
fatto opposizione ragionata; Dc, Pri e Verdi non possono essere accusati d’incoerenza. L’ultimo
paradosso di Venezia è socialista, un colpo di mano sullo sfondo del mero potere interno.
A questo punto non c’è che un modo per ridare a Venezia il ruolo dei suoi amministratori le hanno
scippato alle 3 e 40 dell’altra notte: il Comitatone faccia passare la linea dei finanziamenti e delle
opere, sia pure controllando ogni passo dell’impresa.
«Con il massimo scrupolo» come promise Luigi Zanda, presidente del consorzio Venezia Nuova. Lo
scrupolo non è un dovere verso Venezia; in tal caso sarà una quotidiana missione di civiltà.

settembre 1987