1985 Maggio 12 Un bene rifugio

1985 Maggio 12 – Un bene rifugio

Che si faccia strada la tentazione di astensionismo sul referendum per i punti di contingenza è
comprensibile: quello fu fin dall’inizio un figlio di nessuno, del quale ora se ne vorrebbero tutti più o
meno disfare. Che oggi, con il pretesto di una campagna elettorale secondo alcuni “fiacca” secondo
altri “deprimente” si alimenti l’indifferenza al voto diventa il massimo del qualunquismo.
Non partecipare al voto, deporre scheda bianca o renderla deliberatamente nulla non appartiene più
alla protesta; è soltanto l’autocastrazione del cittadino che, nel momento in cui lamenta di non poter
incidere sulla cosa pubblica, si priva del primo strumento di intervento: La nostra democrazia appare
tanto opzionale da offrire possibilità di protesta, o quantomeno di stimolo, sia attraverso l’opposizione
che muovendosi all’interno del pentapartito.
Migliorare i partiti significa incalzarli, non lasciarli padroni del campo: le degenerazioni della
partitocrazia crescono come orchidee nella disaffezione degli elettori. La stessa rarefazione degli
iscritti è una pacchia per apparati sempre più rinchiusi su sè stessi.
In un atro Paese dove le alternative non intaccano mai il sistema; in un altro Paese senza i sospetti
duri a morire della democrazia bloccata, le elezioni amministrative dovrebbero tradursi nella ricerca
tra le liste delle “anime belle”, uomini che non hanno la spiccata tendenza a inquinare la politica. In
realtà, le cose da noi non stanno in questi corretti termini.
Un po’ perché tendiamo a politicizzare anche le strisce pedonali; un po’ perché il più forte partito
comunista del mondo occidentale non riesce, attraverso l’irrisolta doppiezza, ad evitare all’ipotesi del
sorpasso quasi la patente di un mutamento di regime; un po’ perché governare l‘Italia in cinque con
poco più del 53% dei suffragi è impresa francamente insolita in Europa; un po’ per tutte queste ragioni,
le elezioni amministrative sono più che in altre occasioni un cocktail di politica. E’ difficile dire quali
conseguenze avranno, ma di sicuro ne avranno: su ciò almeno dubbi non ci sono, sicchè il voto per
amministrare è anche un voto per governare.
In questa Italia fin troppo casual, dove ha ripreso fiato una propaganda che speravamo ormai relegata
negli scantinati del passato; in un’Italia che pare a volte smarrirsi tra programmi cosmici e modi
effimeri, tutto immagine e niente contenuti, di candidarsi all’americana, è probabile che la gente senta
oggi il solitario silenzio della cabina come un bene rifugio dentro il quale far camminare la
democrazia progressista, capace di operare la sintesi, nella concretezza di ogni giorno e di ogni
problema, delle tre grandi anime che hanno dato volto al nostro Paese, cattolica, laica, socialista.
E’il prevalere del metodo democratico che ha sfumato le carte d’identità, ma mai come oggi la
riflessione del voto nasconde grandi scelte.