1985 Gennaio 22 La libertà sepolta viva

1985 Gennaio 22 – La libertà sepolta viva

Oggi sono cinque anni che Andrei Sacharov, il fisico premio Nobel per la pace, vive confinato a
Gorki, la città vietata agli stranieri perché sede di industrie militari. Il 22 gennaio del 1980 agenti del
Kgb prelevarono lo scienziato dalla sua abitazione di Mosca per “attività sovversiva contro lo Stato
sovietico”.
La sovversione esercitata da Sacharov consisteva in un timido tentativo di scalfire, attraverso la
petizione dei diritti umani, l’illibertà del “comunismo reale”, organizzato nel più monopolitico
apparato mai apparso al mondo, la “Nomenklatura”. Scriveva Sacharov: “L’ideologia comunista che
aveva promesso l’avvento di una società basata sull’armonia sociale, sul lavoro e foriera di libertà
per il futuro, si è in realtà trasformata, in quegli stati che si chiamano socialisti, in una ideologia
partitico-burocratica del totalitarismo che conduce verso il più profondo vicolo cieco della storia”.
Breznev, Andropov, Cernenko: in cinque anni l’Urss ha cambiato tre leader: nulla è cambiato per
Sacharov né poteva cambiare perché a decidere è il Sistema, sempre più robotizzato nel darsi la
“guida”.
Nonostante una lotta tenace, lo stesso Sacharov preavvertiva il suo destino di sconfitto. In
un’intervista a “Epoca” aveva detto:” Mi ritrovo sempre più solo, vedo sparire ad uno ad uno i
compagni. Certe volte poso la penna e penso: sei un illuso se credi di poter sfondare questo muro. Il
muro dell’ingiustizia”. Il muro del sistema sovietico.
Dopo essere stato espulso dall’Accademia, come era capitato soltanto ad Albert Einstein con i nazisti,
Sacharov è da cinque anni sepolto vivo. Con lui, la libertà, le idee, l’illusione del volto umano, il
sogno del disgelo. La parola tace, ma il suo è un silenzio di pietra che sfida il tempo anche se si
rivolge oramai ai “compagni posteri”, come li chiamò negli anni trenta il grande poeta Mjakovskij
prima di spararsi deluso dalla Rivoluzione che aveva cantato “a piena voce”.
I cinque anni di Sacharov sono un pezzetto di lager dentro a una nostra nozione di libertà, di fronte al
quale non si può essere né neutrali né equidistanti. Il modo occidentale processa i suoi Nixon per
l‘inchiesta di un giornale; espone al voto popolare i suoi errori; fotografa le sue sconfitte mostrando
agli americani i marines che lasciano Saigon aggrappati all’ultimo elicottero in partenza dall’ultimo
tetto. Il mondo della democrazia è un altro mondo anche quando ci delude perché nella peggiore delle
ipotesi non ci nega mai il diritto di pensare. “Per ‘uomo – tentava di spiegare Sacharov – vivere
poveramente non è una vergogna. E’vergogna non poter pensare”.
Oggi l’equidistanza ha un senso soltanto nei confronti della pace, anzi è un dovere persino all’interno
di un’alleanza quando significa stimolare ogni ragione di accordo, vigilare sulle tentazioni di guerra
fredda, disinnescare a morte nucleare facendo progredire la cultura difensiva. Dimenticare Sacharov,
o peggio fingere che si tratti di un incidente del Sistema, no, questa non è neutralità, ma sovversione
della verità.
‘Urss è più sola di Sacharov.