1983 dicembre 16 Paolo Casarin: “Gli arbitri chiedono una rivoluzione”

1983 dicembre 16 — Paolo Casarin! Gli arbitri chiedono una rivoluzione

Ci furono anni in cui gli arbitri sembrarono “interisti” e Gianni Rivera ebbe più volte qualcosa di
pesante da ridire. C’è stato un periodo, il più assodato e lungo, in cui lo strapotere tecnico della Juve
parve alimentare il fenomeno parassitario dell’occhio di riguardo da parte degli arbitri. Ma la storia
fortunatamente cammina, inverte il dosaggio del Potere, anzi a volte lo stravolge attraverso una
ridistribuzione dei favori. La “sudditanza psicologica” cambia padrone a seconda della classifica.

E la classifica degli ultimi anni ha visto il fantastico emergere della Roma di Viola e Liedholm, una
realtà nuova in tutti i sensi, geopolitico e tattico. Il vento è cambiato, allargando il panorama degli
interessi: non più il solito asse Torino-Milano, ma una diaspora di candidati al primato, dalle
tradizionali capitali del Nord fino a Firenze e Roma.

Tale fenomeno è naturalmente provvidenziale perché soltanto la conflittualità delle ambizioni
garantisce la vigilanza reciproca, non fosse che questo è un periodo di passaggio, quindi di crisi, di
assestamento. Risulta perciò difficile evitare sbandate anche clamorose, riscoprire in un campionato
a 16 squadre il dovere e la libertà assoluta d’essere imparziali, con i “razza padrona” e con le
provinciali, con le “grandi” in difficoltà e con le “piccole” emergenti.

C’erano già stati dei segnali molto preoccupanti: D’Elia che punisce la Juve con l’espulsione di
Boniek e immediatamente dopo Lanese che omette lo stesso provvedimento quando è Tardelli a
sopportare la reazione dell’avversario. Nemmeno la goffa difesa del designatore arbitrale, il romano
D’Agostini, capace soltanto di banalizzare il problema (“è stata pura sfortuna”), era riuscita a
cancellare un’evidenza: in entrambi i casi era stata penalizzata la Juve.

Domenica scorsa in Roma-Ascoli, l’arbitro Vitali di Bologna ha aggiunto un’importante pezza
giustificativa a sospetti, dubbi e sarcasmi che francamente nessuno merita, né il pubblico pagante né
in modo indiretto la Juve e neanche la Roma. Il favore è a volte un regalo peloso, nemmeno
richiesto o cercato, che nasce da atteggiamento inconsciamente servile verso chi viene reputato in
quel momento “potente”.

Vitali ha negato all’Ascoli un rigore che grida vendetta e che non ha alternative: o Vitali non ci
vede o Vitali non vuol vedere. In ogni caso, andrebbe urgentemente revisionato, perché fare
l’arbitro nel senso vero è fare sport, giustizia, spettacolo, garanzia, fair play: è fare qualcosa di
molto utile e gratificante.

Difronte casi come questi prende forza la filosofia di Paolo Casarin, arbitro internazionale, l’italiano
del Mundial, un direttore di gara già squalificato per 14 mesi dalla sua stessa organizzazione per
aver vagheggiato una sorta di rivoluzione arbitrale: senza il gradimento o il rifiuto preventivo delle
società; senza le giacche nere gestite come una ”casta”; senza l’interferenza federale; senza i veti
che isolano l’arbitro dall’autentico mondo dello sport; senza il carrierismo interno ed esterno
affidato alla discrezionalità di padrini quasi sempre in odore di piccoli intrighi di corridoio.

Il campionato ha bisogno di arbitri più leggibili alla luce del sole: ciò non eliminerà i loro errori, ma
li renderà perdonabili togliendoci dall’imbarazzo di considerarli una sorta di rotazione del Potere.
L’equilibrio finale non può infatti consolare, perché oggi si realizza al punto più basso, quello
dell’omissione del regolamento.