1983 Aprile 21 Coppacampioni. Finale Juve-Amburgo il 25 maggio ad Atene

1983 Aprile 21 – Coppacampioni. Finale Juve-Amburgo il 25 maggio ad Atene

Totale 4-2, la Juve elimina i polacchi e va in finale di Coppacampioni 1983, il 25 maggio ad Atene.
In Grecia se la vedrà con l’Amburgo, nella speranza di ripetere a ranghi ridotti la finalissima
Mundial Italia-Germania, l’anno scorso nella super-notte di Madrid. I tedeschi sono sempre forti,
ma spesso gli italiani li hanno battuti.
A Lodz la Juve ha giocato con saggezza nonostante l’assenza di un leader quale Bettega, bloccato
dal colpo ricevuto con la Nazionale a Bucarest (altro che disimpegno). Il fatto è che, avendo un
Platini, è come se tu disponessi della bacchetta di Von Karajan: non occorrono altri direttori
d’orchestra.
E’ stata una prodezza combinata tra Platini e Rossi a uccidere dopo mezz’ora la semifinale; il
francese ha servito il lancio esibendosi in alcuni passi di danza in punta di suole e Rossi ha messo
dentro al volo, di piatto, come se ritrovasse di fronte il portiere del Brasile. Rossi fu il miglior
goleador del Mundial; lo è anche della Coppacampioni, con sei reti.
Con il gol di Rossi, la semifinale ha cessato di essere una partita alla portata dei polacchi, da quel
momento obbligati a vincere 4-1 per passare. Un sogno impossibile perché la Juve ha questa
caratteristica: non ripete mai follie del tipo derby, tre gol presi dal Torino in quattro minuti.
Doveva essere la partita speciale di Zibì Boniek, fino all’anno scorso uomo-guida del Lodz e
popolare da queste parti più di Walesa. Non lo è stata. Nonostante il lavoro di fiancheggiamento a
Platini e il ruspante affondo che ha provocato il rigore, Boniek ha giocato opaco, secondo lo
sconcertante standard italiano.
Dotato di tanta potenza da sembrarne persino vittima, nemmeno nella sua atmosfera più tipica,
Boniek si è fatto trascinatore. A meno di uno strepitoso finale di campionato o di un exploit ad
Atene, sarebbe tutt’altro che da stupire se l’avvocato Agnelli facesse prenotare Zico in Brasile. Un
triangolo Zico-Rossi-Platini saremmo davvero curiosi di vederlo in azione.
Boniek o Zico, la Juve avrà in ogni caso soltanto problemi di qualità. La Juve è già ora la miglior
squadra d’Europa e, paradossalmente, lo sta dimostrando proprio nella stagione in cui ha preso
clamorosamente sottogamba lo scudetto.
La Juve cercherà ad Atene qualcosa che, con misterioso accanimento, ha sempre mancato: la
squadra dei venti scudetti non ha mai fatto suo il simbolo europeo dei campioni. Contro questo
insulto del destino, l’Amburgo le offrirà l’occasione storica, che non riuscì ad afferrare dieci anni fa
a Belgrado, contro l’Ajax di Crujff & Rep.
Anche a Lodz la Juve ha dimostrato di aver il fisico del ruolo può farcela per somma di mestiere, di
potenza e di classe. Zoff è finito soltanto per i superficiali, molto attenti a cogliere i suoi 41 anni ma
stranamente allegri nel confidare nei suoi eredi. Rossi rende di tanto in tanto perplesse coloro che
del football ignorano tutto: a Lodz ci si è accorti di Rossi, più che per il gol, per la sua assenza nel
secondo tempo.
Viene la tentazione di confrontare Lodz con Bucarest, la Nazionale con la Juve. E’un’operazione
assurda non fosse che per l’atteggiamento del tutto diverso: la Nazionale era obbligata a vincere; la
Juve partiva da un comodo 2-0.

Si può trarre un’unica conclusione umana, questo sì. E si riferisce alla dose di professionalità dei
giocatori di Bearzot e di Trapattoni. A Bucarest, Antognoni finì bucato; Bettega contuso all’anca. A
Lodz, Rossi è uscito con la caviglia sghemba da un tackle. Chi ravvisa vigliacchetti in circolazione,
manca i dati attendibili.
Si va ad Atene con la gente giusta e con un piede da Big Bang, la prima esplosione del football,
Platini Michel.