1982 luglio 9 Italia 2 Polonia 0 Finalissima!

1982 luglio 9 – ITALIA 2 POLONIA 0 FINALISSIMA!
Rossi (2 gol) trascina gli azzurri a Madrid

Italia – Polonia 2-0

MARCATORI: 23′ e 73′ Rossi
ITALIA: Zoff, Bergomi, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi,
Antognoni (26′ Marini), Graziani (Altobelli dal 70′). In panchina: Bordon, Dossena,
Causio).
POLONIA: Mlynarczyk, Dziuba, Majevski, Matysik, Janas, Zmuda, Lato,
Kupcewicz, Ciolek (Palasz dal 46′), Buncol, Smolarek (Kusto dal 77′). (In panchina:
Kazimierski, Dolny, Wojcicki).

Dall’inviato
BARCELLONA – Due gol a spasso con la Polonia e tutti a Madrid! Enzo Bearzot può
già fare un bilancio personale: quarto posto in Argentina; quarto posto in Europa, due
anni fa, quando il calcio italiano era ancora fresco di scommesse; secondo matematico
in Spagna! Questo Ct ha la coscienza a posto e qualcosa di più. Alla finalissima di
domenica porta un’impronta di lavoro e serietà, oltre che di competenza.
Una cosa ha detto questo mondiale, soprattutto con Argentina, Brasile e ieri con la
Polonia. Che in panchina Bearzot non ha sbagliato nulla e che, soprattutto, nessuno lo
ha eguagliato in abilità strategica. É il Ct delle marcature perfette o, meglio, degli
accoppiamenti perfetti – per usare il suo linguaggio anti-catenaccio.
Bearzot ha «visto» le ultime tre partite in maniera originale, non perdendo un colpo.
Consegnò Maradona a Gentile e non a Tardelli senza battere ciglio. Con i brasiliani
trasformò Oriali in terzino e Cabrini in mediano, strangolando entrambi i corridoi
laterali di lorsignori. Ieri contro la Polonia ha cambiato in quattro e quattr’otto la
marcatura su Lato.
Non ho mai vilipeso Bearzot, non voglio farne ora il peana. Giornalista e non
comiziante, riferisco ai lettori soltanto i fatti, buoni per riflettere. A rischio di essere
frainteso aggiungo una cosa: con Bearzot sulla panchina del Brasile, i sudamericani
sarebbero ancora qui, al nostro posto!
Per quanto la squadra abbia magistralmente giocato, quel giorno favoloso funzionò
tutto perché a tavolino era stato tutto immaginato con grande precisione. La stessa
cosa è accaduta ieri, con la Polonia, in una partita diversissima, dove i ruoli si erano
rovesciati: anche se stavolta favoriti erano gli italiani, Bearzot l’ha impostata su ritmi
prudenti. Ha vinto con una squadra ragionata e ragionevole.
Il contratto di Bearzot è scaduto in questi giorni e il presidente Sordillo si è già
affrettato a rinnovarlo pubblicamente. Qualche incomprensione federale, qualche
violenza polemica, qualche sbandamento d’atmosfera hanno però regalato al Ct
amarezza, e non credo di fantasticare rivelando che non sarebbe da stupire se Bearzot
chiudesse in bellezza e salutasse tutti, estimatori e detrattori, lasciando la panchina
azzurra.
Ma adesso, dopo la straordinaria certezza di ieri sera, dopo la prima finalissima della
sua carriera, come lasciare questa squadra, questa sua creatura? Sembra da matti porsi
queste domande con la Nazionale finalista del Mundial, invece è soltanto il segno
della strada percorsa. Questa squadra non arriva a Madrid da un passato di fiducia e di
ottimismo. Vi arriva da zero, da scarsa stima, da amichevoli perdute, dalla plumbea
Vigo.

Ciò che ha conquistato in questo mese abbondante di vita spagnola e che è stato
ratificato ieri sera contro la Polonia, vale il doppio, il triplo, perché costruito sullo
scetticismo di tutti, forse persino della squadra! Ricordo un pomeriggio a Vigo, su una
panca del campo d’allenamento: Gentile fu l’unico giocatore a pronosticare il quarto
posto. E nell’ascoltarlo, lo guardavamo e lo guardavano tutti come si guarda Renato
Pozzetto, una persona molto spiritosa.
Con l’Argentina era stata una partita cattiva; con il Brasile a pieni giri; con la Polonia
è stato un match di cervello. L’Italia non ha mai avuto problemi, il massimo dei
polacchi era lo zero a zero. Zoff ha giocato una partita di un tranquillo persino
inconsueto, meglio che con il Camerun.
Avendo da preventivare una settima partita, probabilmente a Madrid, l’Italia non
poteva certo forzare il ritmo. Neanche pensarci anche tenuto conto del caldo, sempre a
ridosso dei 40 gradi. Tutte le prima pagine dei giornali spagnoli hanno ricordato che
martedì scorso è stata registrata a Barcellona la più alta temperatura del secolo. Senza
contare che nell’aria era stata anche misurata la presenza di 300 milligrammi di
anidride solforosa per metro cubo, molto vicina ai limiti della tossicità: come dire che
caldo e inquinamento hanno creato grossi problemi fisici ai giocatori superstiti del
mondiale più lungo e più torrido della storia del calcio.
Per un po’ Italia e Polonia sono sembrate due pugili stanchi, guardinghi, attenti a
lavorarsi ai fianchi senza correre il rischio di affondare i colpi. Ma fin dai primi
minuti si è notata una vistosa differenza: ogni volta che l’Italia avvicinava l’area di
rigore polacca, era pericolosissima, pareva sempre sul punto di segnare. Ogni volta
che la Polonia tentava di infiltrarsi, non riusciva letteralmente a impensierire zona di
Zoff.
Era una partita come l’avevamo attesa, in equilibrio, con tradizione di pareggi alle
spalle, con le risorse fisiche dosate al millimetro, Italia e Polonia badavano a graduare
lo sforzo e a sfruttare gli errori altrui più che le proprie invenzioni. Era un vasto
campo da zero a zero con un unico punto di turbolenza: Paolo Rossi.
Rossi giocava a tutto campo, la squadra era sua come la partita. Aveva tentato di
mandare a rete Graziani, preciso al tiro. Si spostava continuamente, indicava con
mossette e con segni appena accennati ai compagni come aggirare i platani dell’area
polacca. Era vivo come ai bei tempi, più che ai bei tempi perché ora più maturo e
sicuro di sé. In Argentina era stato il ragazzino-sorpresa; a Vigo era rimasto in
incubatrice; qui con il Brasile era ritornato l’uomo-campione.
Questa Polonia non può permettersi il lusso di giocare una semifinale mondiale senza
il suo Boniek. Questa Italia può permettersi finalmente tutto perché ha un asso
restaurato da sé e da Bearzot.
Era passata una ventina di minuti e a Rossi è bastata una ventata, per decidere in
pratica la partita. Mi accorgo di primo acchito della traiettoria servitagli da Antognoni
su punizione, negando al portiere polacco persino la capacità di rendersi conto di
qualcosa. Gol, il quarto di Pablito.
Non sono mai uguali i suoi gol: non è un centravanti che conosce un solo numero.
Come Rossi esprime tutto il calcio di manovra, sa segnare in ogni maniera.
Un mese fa lo avevo chiamato (con timida speranza) il probabile «straniero» di
Bearzot al mondiale, quasi un uomo-gol d’importazione al servizio di un calcio e di
una Nazionale che sapevano difendere, non colpire.
Tra Brasile e Polonia, Rossi ha segnato di testa, schiacciando il pallone e andando a
cercarlo quasi rasoterra; ha sparato di pieno collo e folgorando con tocchi ravvicinati.
Nel giro di due match ha risolto tutti i problemi di Bearzot e di una squadra che,
tranne qualche interessata riserva…, sfruttava il blocco-Juve aspettando Pablito senza

fretta.
Ora è facile alzare incensi e calici di champagne a Rossi; era più difficile credergli a
Vigo e, bisogna ammetterlo, erano soprattuto i Bearzot, i Cabrini, i Tardelli a
coltivare tale speranza nell’unico goleador di razza espresso in questi anni dal vivaio,
assieme allo squalificato Giordano, altro grande attaccante che, rispetto Rossi, ha
forse avuto l’esistenziale sfortuna di nascere nel posto sbagliato, in un ambiente di
espedienti.
L’Italia ha dominato la Polonia, ma nulla le è stato regalato. Qualche polacco ha
giocato pesante, al limite del codice. Soprattutto Majevski ha ripetutamente rischiato
di barellare prima Rossi, poi Conti. Sia pure con due incidenti fortuiti, la squadra ha
perso nel primo tempo Antognoni e nel secondo Graziani. L’assenza del primo ha
tolto anima; l’assenza del secondo cuore.
Dopo l’1 a 0, L’Italia ha avuto il merito di capire di essere già a Madrid. Non ha
peccato di presunzione come i brasiliani con noi; ha invece controllato all’inizio del
secondo tempo il forcing dei polacchi e il loro disperato pressing, senza sbilanciarsi
mai.
Ha sofferto soltanto un autentico patema, il palo esterno su calcio di punizione: il
minimo che si possa d’altra parte concedere ad una semifinalista mondiale. Ed è
rimasta accorta, chiusa, protetta dai mediani. Ha melinato, amministrato il tempo. Ha
marcato un bellissimo campione come Lato con una verdissima speranza come
Bergomi. Ha atteso che i polacchi si spalancassero per sbarazzarsi di loro, come è
accaduto, in un ultimo contropiede.
Quando Paolo Rossi si è quasi inginocchiato nel toccare di testa in rete, mancava solo
che riunisse le mani per una preghiera di ringraziamento. Rossi è subito scomparso
sotto una montagna di compagni impazziti. Era scomparso lui, era apparsa l’Italia.
Che gran città è Barcellona, che gran città è Madrid.

LE PAGELLE di Giorgio Lago
ROSSI 9,5! Si è liberato da ogni ombra e ha sfiorsto la perfezione

ZOFF 7 – Ci fosse stato Boniek, probabilmente non se la sarebbe cavata tanto alla
leggera. Gli attaccanti polacchi non sono mai riusciti a liberarsi davanti a lui. Non a
caso, il pericolo davvero più grosso l’ha corso su un calcio da fermo: una
violentissima punizione sparata da Kupcewicz, che ha colto mezzo palo, alla destra
del portiere. Sarebbe stato certamente gol, il gol dell’1 a 1. Per il resto, non molte
preoccupazioni e, quando i polacchi hanno tentato di sorprenderlo da lontano e con
qualche infiltrazione, Zoff ha dimostrato d’essere sempre pronto. Se ha lavorato poco,
bisogna però dire che deve ringraziare assai Bergomi e Collovati che hanno lasciato
alle due sole punte polacche nessunissima speranza di liberarsi dalla marcatura.

BERGOMI 8 – Il più giovane in campo ha giocato contro il più anziano, il
trentaduenne Lato (fatta eccezione, naturalmente, del quarantenne Zoff tra i pali).
Bergomi ha un marcatura attenta, precisa, solida, senza essere rude. Con tutto il
rispetto per il formidabile Gentile, Bergomi non ne ha fatto proprio sentire la
mancanza, dopo la squalifica. Lato, che è un grande ed esperto campione, ha giocato
buoni palloni, ma al terzino non è scappato mai. Una marcatura molto corretta, di
pochissimi lividi, tant’è che – dato il caldo pauroso – lo stesso Lato, durante una pausa
di gioco, ha scambiato una borraccia d’acqua. Piccoli episodi se volete, ma capaci di
testimoniare il rapporto tra due onesti campioni.

CABRINI 7,5 – Aveva cominciato su lato ma dopo cinque minuti Bearzot ha
opportunamente cambiato parere, affidandolo a Bergomi. Data l’assenza di Boniek,
Lato non giocava infatti ala arretrata, come di consueto, ma centravanti puro. Cabrini
si è così trovato nella zona a lui più congeniale, il corridoio sinistro, faccia a faccia
con Buncol. Via via, con il passare dei minuti, Buncol si è sempre più ammucchiato
in campo, ma Cabrini non è andato a inseguirlo, sguarnendo il fianco di Zoff. Questo
terzino, sempre pieno di vitalità e di scatto, si è fatto, in queste ultime partite,
apprezzare anche per una grande capacità di calibrare tatticamente i suoi spazi. Il 2 a
0, tanto per cambiare, porta anche la sua spinta: quando a centrocampo, resistendo ad
un tackle durissimo, ha servito una palla importante, lanciando Conti in contropiede.
Da Conti a Rossi e, naturalmente, gol!

ORIALI 7 – L’uomo giusto per questo tipo di partita. Essendo l’Italia andata in
vantaggio abbastanza speditamente, dopo una ventina di minuti, Oriali è venuto
buono per un tipo di ragnatela a centrocampo che doveva amministrare il ritmo. Non
va giudicato per gli acuti, che non ci sono stati, ma per la disponibilità a smarcarsi,
offrendosi sempre al triangolo altrui, soprattutto a quello di Antognoni, finché il
fiorentino è rimasto in campo. Sparito Antognoni, con un Tardelli non nella pienezza
dei suoi mezzi fisici, Oriali è stato un po’ il punto cardinale appena fuori area. In una
partita soprattutto di opportunismo, ha giocato come diceva, senza strafare.

COLLOVATI 8 – Se non ho le traveggole, non riesco, sbirciando gli appunti, a
trovare una sola volta un suo solo cedimento. Nel senso che Smolarek, ala-centravanti
dotata di scatto, tiro sinistro e nerbo, non ha potuto creare un solo autentico pericolo a
Zoff. Il portiere azzurro ha tremato soltanto dopo venticinque minuti quando un tiro-
cross di Ciolek gli è quasi scivolato dalle mani, tra le cosce, fino a metà merito
esclusivo di Collovati, che lo ha soprattutto anticipato, senza star lì ad attenderlo a
pie’ fermo.

SCIREA 7+ – Pur non correndo mai rischi esagerati (si faceva coprire da Oriali), ha
portato qualche impulso laterale apprezzabile. Gli ricordo, ad esempio, uno stupendo
cross di sinistro, dopo una ventina di minuti, capace di creare un grosso brivido in
area polacca. Come ricorderete, rischiò di andare in debito d’ossigeno contro il
Brasile e qui fa sempre caldo, tra i 25 e i 45 gradi all’ombra. Contro i polacchi,
pensando evidentemente anche alla finalissima, ha conservato molto aplomb, evitando
i toni concitati. Sul 2 a 0, è stato il più puntuale nel dirigere una sorta di melina
azzurra, che non aveva il significato di uno sfottò conto i polacchi ma piuttosto di una
presa d’aria.

CONTI 7 – Si è preso un po’ di fischi quando, dallo scorretto Majevski, è rotolato
oltre i tabelloni della pubblicità planando lungo disteso oltre i fotografi, fuori campo!
Si è preso i fichi perché sembra morto e, di colpo, si è risollevato, tornando a scattare
come se nulla fosse successo: sicuramente un’oncia di simulazione, ma anche tanta
fatica accumulata, capace di drammatizzare per istinto alcuni incidenti. Ritrovo Conti
in entrambi i gol. Il primo: provoca la punizione di Antognoni per Rossi e, a dire il
vero, non so proprio se fosse punizione da fischiare. Il secondo: riceve il lancio da
Cabrini, va giù dritto come un fuso, alza la testina e inquadra Rossi al quale serve un
bellissimo lancio a tre metri dal portiere. Poi ci penserà Pablito… Una partita
arretrata, quella di Conti, ma sapientemente pronta al contropiede.

TARDELLI 6,5 – Sembrava che non dovesse nemmeno giocare, dopo quello
stiramento anti-Brasile. Si diceva che si sarebbe risparmiato per una delle due finali,
ma evidentemente non ha voluto mancare e ha fatto l’impossibile per recuperare. A
corto di movimento negli ultimi due giorni, è parso un po’ statico, particolarmente
sensibile al caldo. La sua partita anti-Polonia è un esempi di mestiere più che di forma
fisica, di piazzamento più che di iniziativa. Poche volte ha tirato fuori la testa in
avanti, secondo il suo costume, ma era troppo importante difendere il primo gol di
Rossi e risparmiare energie per fargli qualche appunto di troppo.

ROSSI 9,5 – Secondo me, migliore perfino che con il Brasile! Perché ancora più
continuo, ancora più deciso, davvero liberatosi completamente di qualsiasi ombra
interiore. Il primo gol, lo ha carpito con uno scatto fulminante, corto, tra i fianchi
della difesa polacca. Ha toccato la punizione di Antognoni al volo, di prima
intenzione, impagabile, un tocco di riflessi. Quanto al secondo gol, l’esecuzione è
parsa perfino curiosa. Ha letteralmente invocato il lancio di Conti, disponendosi a
colpirlo di testa, quasi in ginocchio! La fatica delle prime quattro partite sembra un
ricordo distante anni luce. Questo Rossi sembra uscito fuori all’improvviso da una
pagina «argentina». A parte i gol, che non sono tutto nel calcio nemmeno per un
centravanti, ha giocato tutti i palloni con energia; non l’ho più visto reclinato su se
stesso; respira come se qui fosse primavera. I miracoli del cervello che si libera dalle
turbe sono enormi.

ANTOGNONI 7 – Merita il buon voto anche se ha giocato meno di un terzo di partita.
Si è infortunato scagliando il destro dal limite dell’area e incocciando il piede di un
polacco steso a terra: non poteva stare in campo; negli spogliatoi gli sono stati
applicati alcuni punti di sutura; ma non sembra avere subito danni ossei. Finché è
rimasto in campo, ha giocato con una percentuale di errore molto ridotta, anche
rispetto al Brasile, dove qualche passaggio di troppo lo aveva consegnato ai carioca.
Perduto lui ed entrato Marini, è parsa una squadra perfino più compatta, ma meno
soave nel tocco, meno armoniosa.
GRAZIANI 6,5 – Meglio imbattersi in un pilone di cemento che in Zmuda! Graziani
ne esce con un colpo allo stomaco da lasciarlo stecchito a terra barellato. Mentre
quattro infermieri lo infilano nel sottopassaggio, fa in tempo ad avvertire il boato del
2 a 0 di Rossi. Dopo poco già di un quarto d’ora, Graziani aveva avuto a disposizione,
da Rossi, una palla-gol stupenda: si è liberato in area e da un dieci – dodici metri ha
scagliato il destro, molto teso e molto potente, ma purtroppo alto. Peccato che non sia
riuscito a segnare, perché questo Graziani buono per tutti gli usi meriterebbe davvero
qualche soddisfazione in zona-gol. É un centravanti che… Paolo Rossi ha spostato
all’ala sinistra, ma da quella posizione retrocede fino all’altezza dei mediani, creando
un largo movimento. Non a caso, è finito steso da Zmuda proprio mentre stava
lanciandosi in un lungo contropiede.

MARINI 7 – Entra nel ruolo di Antognoni ed è naturalmente tutta un’altra cosa, sia
tattica che tecnica. La squadra ne esce modificata a misura di giocatore: Marini,
Oriali, Tardelli, tre mediani a fare cintura, non avendo più il punto di riferimento in
Antognoni, per svincolare il gioco in avanti. É una pacchia per Marini mettersi lì in
mezzo a rompere le trame dei polacchi, protesi al pareggio. Sbaglia molto poco: una
volta che perde un tackle, insegue e recupera.

ALTOBELLI 6 – Sostituisce Graziani, quando manca una ventina di minuti alla fine.

6

Non fa nemmeno in tempo a prendere la misura dell’area di rigore, che Paolo Rossi
infila dentro il 2 a 0 e chiude praticamente ogni problema di Bearzot. Sicché Altobelli
si ritrova nel momento migliore, meno teso, quando l’Italia cerca di guadagnar tempo
palleggiando. Bella la vita di un centravanti quando si è chiamati a un impegno tanto
allegro.

ARBITRO: Cardellino 7,5 – L’arbitro Cardellino non ha avuto grossi problemi,
nonostante qualche ammonizione. É parso sempre molto attento e soprattutto molto
autorevole.

Mlynarczyk
Dziuba
Zmuda
Janas

Majevski
Kupcewicz
Buncol
Matysik
Lato

Ciolek
Smolarek
Palasz
Kusto

7
7 –

6,5

5,5

6
n.c.

6
6
6,5

6 – –
6,5

6,5