1982 luglio 8 Italia-Polonia: stravolto il Mundial non siamo ora obbligati a vincerlo

1982 luglio 8 – Italia – Polonia: stravolto il Mundial non siamo ora obbligati a
vincerlo
Azzurri, regalateci un’altra grande allegria!

Dall’inviato
BARCELLONA – Italia e Polonia hanno uno squalificato a testa, Gentile e Boniek.
L’altra sera, il primo era già a letto alle dieci e mezza come tutti gli altri, come se
dovesse giocare oggi. Alla stessa ora Boniek riassestava i riccioli sul biondo-rossiccio
e saliva su un taxi, dal ritiro fino a Barcellona.
Nessun mistero. A mezzanotte, Boniek è apparso alla discoteca «Up Down» dove si
svolgeva una festa-invito per gente del Mundial. Fedele alla fama di giocatore
davvero completo, Boniek non era solo e, smarcandosi con bravura da qualche
invadente giornalista, sussurrava: «Qui sono in privato».
In privato è rimasto fino alle tre e mezza del mattino, levando i tacchi dalla pista
soltanto quando, tra un samba e un rock, il disc-jockey lo ha riconosciuto
dedicandogli dal microfono un paio di molto allusivi inviti alla «solidarietà», alias
Solidarnosc. Boniek soffre come tutti i polacchi l’imbarazzo di queste miscele tra
sport e politica, impossibili da decifrare nella coscienza di ciascuno.
Ma non sta qui la cosa interessante. Piuttosto, il diversissimo atteggiamento tra
Gentile e Boniek, che pure fra un mese saranno assieme alla Juve. Gli italiani sono
meno italiani; sembravano nel passato più sbrindellati, meno attenti ai doveri di
gruppo. Oggi sono esemplari in cattività. Forse perché Bearzot è uno che parla di
Patria o che piglia a sberle un’isterica ragazzina che gli manca di rispetto, fatto sta che
in termini di disciplina la sua Nazionale non teme concorrenza. Semmai, ha il difetto
di esagerare in clausura, finendo con lo scoprire – come ha fatto Zoff – che persino il
no alle interviste aiuta la tranquillità.
L’Italia ha sorpreso in tutti i sensi il Mundial. Perché le amichevoli pre-Spagna ne
avevano impoverito la quotazione. Perché il girone di Vigo aveva confermato la sua
allergia al gol. Perché la stessa vittoria sull’Argentina aveva favorito la speculazione
sul Gentile ferocemente anti-Maradona e sul catenaccio.
L’exploit sul Brasile ha dato la svolta perché ottenuto con la difesa, ma non
all’italiana. Aiutata, non frustrata, dall’obbligo di vincere, l’Italia realizzò un piccolo
capolavoro tattico, non un’ammucchiata. Basti pensare che terzino destro giocò un
mediano d’attacco quale Oriali e che il terzino d’attacco Cabrini occupò, a zona
esattamente come i brasiliani, l’intero corridoio sinistro.
Fu una vittoria di strategia, perciò tutta di Bearzot. Fu una vittoria atletica. Perciò tutta
dei giocatori. Fu il risultato di un atteggiamento, perciò dell’intero spogliatoio come
usava dire Rocco.
La vittoria sul Brasile ha stravolto
l’Italia che,
paradossalmente, si vede ora quasi… obbligata a vincerlo! Dal pessimismo che la
circondava si è passati di colpo a un’euforia che non so se più genuina o più
maliziosa.
Gli stessi che prima reputavano Bearzot un imbecille, hanno infatti l’aria di volerlo
incastrare con un nuovo ragionamento: il Mondiale degli azzurri si è fatto
improvvisamente facile; se non lo vinciamo ora non lo vinceremo mai più e la nostra
storia resterà ferma agli anni Trenta, a Pozzo e a Meazza. Sarebbe colpa di Bearzot!
Nel cambiare pelle, i camaleonti sono dei dilettanti al confronto. Sembra a noi più
corretto dire questo: da anni e anni con la Polonia siamo fermi al pareggio e l’ultimo
precedente mondiale, a Stoccarda, ci vide battuti. Nemmeno con la squadra mezza
distrutta da infortuni e mal di pancia, la Germania è mai un avversario da prendere

il Mundial quanto

tanto

ore 17.15

sottogamba: sempre undici tedeschi sono! La Francia poi ha mostrato assieme al
Brasile e all’ultimo match dell’Italia il miglior football del Mundial. Senza contare
che alcuni mesi fa a Parigi, la squadra di Platini ci mandò a casa con un paio di gol e
una piccola lezione di gioco.
Se erano eccessivi i recedenti lamenti, sono insomma esagerati i prematuri alleluia. Le
due semifinali vanno prese con le pinze, nonostante Francia e Italia si presentino alla
roulette con numeri più brillanti.
Ls Polonia non ha Boniek, ma un leader ce l’ha lo stesso, Lato, che giunge oggi alla
sua 102° partita, eguagliando il grande Casimiro Deyna. La Polonia ha dimostrato,
contro Camerun e Belgio, repentine esplosioni, che si esaltano soprattutto in Boniek
ma che non furono soltanto sue. É una squadra vera, compatta, che si mostra un po’
pesante e arcaica soltanto al centro della difesa, dove il neonato Paolo Rossi istinti
d’anguilla, da filtrador argentino.
Gli infortuni negano formazioni sicure, con l’obbligo di attendere fino a un’ora prima
della partita. Di sicuro sarà decisivo, assieme al talento dei Rossi o Antognoni o
Conti, il serbatoio d’energia fisica. Con questo, l’Italia mandò in surriscaldamento
persino il potentissimo centrocampo del Brasile: se non è già in risicatissima riserva,
può farcela anche contro la Polonia.
Ma non scordiamolo, per favore: male che vada, l’Italia è già quarta. Non facciamo
troppo i delicati, dopo aver temuto pomodori e lutti. So già che farà il possibile; il
resto è mistero di uno sport stupendamente semplice e insieme complicato.

COSì IN CAMPO
NOU CAMP

ITALIA
1Zoff
13 Oriali
4 Cabrini
11 Marini
3 Bergomi
7 Scirea
16 Conti
10 Dossena
20 Rossi
9 Antognoni
19 Graziani
All. Bearzot

In panchina per l’Italia: Bordon (12), Baresi (2), Massaro (17), Causio (15), Altobelli
(18).
Per la Polonia: Kazimierski (21), Wojcicki (12), Kusto (18), Szarmach (17), Doiny
(4).

Uno per uno i 13 moschettieri

Dall’inviato
Zoff
Se gli tiri un pungo sullo sterno, c’è il rischio di spaccarti la mano: diceva Valcareggi
che nemmeno Zoff conosce la robustezza di Zoff, la sua potenza. É capitano, non più

POLONIA
1 Mlynarczyk
2 Dziuba
5 Janas
10 Majevski
9 Zmuda
3 Kupcewicz
16 Lato
8 Matysik
13 Buncol
15 Ciolek
11 Smolarek
All. Piechniczek

Arbitro: Cardellina (Uruguay)

lo

taciturno perché, con ironia inconsapevole, i giocatori lo hanno nominato loro
portavoce! Detesta chi non è serio come lui.
Gentile
I baffi gli sono cresciuti molto in fretta, spinti fuori anch’essi con vigore, come tutto
di Gentile. In tackle si è fatto meno cattivo, ma più furbo, vedi le marcature di due
vangeli del palleggio, Maradona e Zico. Pronosticò l’Italia quarta in tempi non
sospetti, a Vigo, prima della prima partita:
farei sottosegretario alla
Programmazione.
Cabrini
Al massimo dell’ira personale, riesce ancora a riderci sopra. Gioca senza problemi in
campo perché non ha problemi fuori; vita e carriera sembrano scivolargli sopra come
un profumo di lavanda. É il suo sinistro che ha rimandato in gol Rossi dopo tre anni:
l’amicizia è un destino.
Oriali
Faccia di mediano, le facce di Furino, chiuse, dure, piene di chilometri e di fatica.
Chissà perché lo chiamarono «Piper», forse perché dà di piede con il botto, non ha
paura di nessuno. Avendo personalità, riesce a spersonalizzarsi in più ruoli.
Collovati
Lo sfottono chiamandolo «Vergottini» per la gran cura dei capelli. Lo criticano
perché, quando esce dall’area, serve il pallone con il piede dozzinale di un Guarneri
d’altri tempi. Ma pochi stopper hanno il suo stile e la sua elevazione: di testa, lui si fa
lo shampoo con il pallone.
Scirea
Non ha fatto arrivare la moglie come altri giocatori; non ha tempo per nessuno che per
il Mundial. In Argentina giocò a livelli da 9 in pagella; in Spagna da 8. Ciò
nonostante, è l’anta-divo, l’anti-moda, l’anti-frivolo. Se fossi uno sponsor, mi servirei
di lui per i miei prodotti.
Conti
Calimero sorridente. Se non trasmette agli altri, non vive. É il campione di popolo,
mai chiuso dentro la sua professione. Quando contro l’Argentina rinunciò a battere
dritto per il gusto dei pallonetti e sbagliò, si disse a voce alta: «Aò, queste so’ cose pe’
Eder mica per te».
Tardelli
Non assomiglia a nessun altro che a Tardelli. Se non spende non si diverte; il suo
ruolo è il più lungo in campo con quei muscoli da corsa agile, di mezzofondista.
Quando ottiene o vince qualcosa, ha bisogno di farlo capire: rispetto a un Scirea è
l’altra faccia dell’ambizione. Plateale, mai segreta.
Rossi
Un’azienda gli regala scarpe a vita, un’altra gli riempie la cantina di buon vino: c’è
che segna e non gli succede nulla, ma quando segna lui, il gol diventa
irrimediabilmente simpatico. Tutte le prime pagine dei giornali di tutto il mondo
illustrano oggi la sua faccia da trigoleador: è fotogenico anche senza Simonetta
accanto.
Antognoni
Se uno scultore andasse a prendere un modello di falcata, di sicuro si rivolgerebbe a
lui. I brasiliani che amano Zico stimano Antognoni: innamorati come sono del gesto,
lo trovano il giocatore più decorativo della Nazionale. La pensano come Fulvio
Bernardini: se anche sbaglia, meglio che sbagli un campione che un brocco.
Graziani
Quindici giorni fa suggerirono a Bearzot di togliere di squadra Rossi, e Bearzot ebbe

invece la pazienza di attenderlo. Figurarsi Graziani! A turno, aveva davanti a sé i
Bettega, i Rossi, i Pruzzo, gli Altobelli ecc., il primo che passava per la strada,
chiunque. Mister Chiunque è un asso di dignità.
Bergomi
Il più giovane, nemmeno vent’anni, lo sguardo timido di chi ha ben altro cui pensare
che gli altri. Quando sta in panchina e vede gli avversari lanciarsi verso l’area di Zoff,
si pone un asciugamano sulla faccia per non vedere. La paura come amicizia.
Marini
Il calcio italiano fu definito una gabbia dorata per gente piena di vizi e di leccornie. É
spesso vero ma non riguarda Marini, che guadagna lire senza uscirne verniciato a
festa o con la plastica nel cuore. La sua è una gabbia semmai in ferro battuto, lavorata
a colpi di stinco.