1981 Novembre 23 Antognoni ha rischiato la vita

1981 Novembre 23 – ANTOGNONI HA RISCHIATO LA VITA. E’GRAVE:DUE FRATTURE AL
CRANIO. MILAN DISASTRO: ULTIMO (E SOLO)

Era dai tempi di Renato Curi prima e dall’uccisione di uno spettatore a Roma poi che uno stadio non
cadeva preda di tanta cupa angoscia.

Una domenica così non la si scorda perché ha mischiato spettacolo e paura, interesse e violenza,
eccitazione e dramma. Ad ogni azione è corrisposta una reazione esattamente contraria, quasi un
gioco nel gioco, un modo brusco di richiamare la gente alla doppia faccia della vita, all’ambiguità
dello sport.
Inter e Roma giocano a San Siro una grande partita, ma prima durante e dopo sciami di imbecilli si
accoltellano rovinando ancora una volta il pomeriggio di chissà quanti innocenti spettatori e la
reputazione della perla dEgli stadi italiani.
Lo scudetto è una cittadella più che mai aperta, ma all’appello dell’aristocrazia del calcio
ineluttabilmente manca il vecchio Milan, ultimo e solo in classifica!, brandello di tradizione messo lì
a testimoniare che nella selezione colpo su colpo dei campionati a 16 squadre nessuno può vivere di
rendita.
Sospinta a introverse falcate da Giancarlo Antognoni, la Fiorentina segna tre volte, vince e tiene
buona la classifica, ma proprio Antognoni rischia di morire per una ginocchiata in faccia.
Fermo immobile, biondo atleta inerme sul prato, la circolazione quasi bloccata per debito d’ossigeno
e choc traumatico. Antognoni ha passato le immagini più angosciose del calcio degli ultimi anni.
Era dai tempi di Renato Curi prima e dall’uccisione di uno spettatore a Roma poi che uno stadio non
cadeva preda di tanta cupa angoscia.
Quando è cessata la paralisi dei vasi sanguigni e cuore e respiro di Antognoni hanno ripreso a
funzionare, una dose di pathos non può essere rimasto dentro la gente della strada, come una buona
memoria di umanità, la consapevolezza che l’ ultimo e unico involucro di ogni valore tecnico è la
persona, così fragile, così esposta così estranea alla celebrazione e ai riti del divismo.
L’ infortunio, certo, è stato casuale e tuttavia i personaggi pubblici hanno anche in ciò possibilità di
messaggio sconosciute all’uomo medio. Perciò quell’Antognoni per un lungo momento preda delle
carezze cardiache e della disperata respirazione bocca a bocca, finisce con il restituirci momenti
paralleli di equilibrio e di dolcezza in mezzo a mille rivoli di insensibilità, violenza, mercantilismo e
incultura.
Lo stesso equilibrio che va utilizzato nel giudicare l’arbitro Luigi Agnolin per l’espulsione di Falcao.
Ho visto e rivisto la ripresa televisiva ricavandone il sospetto che Falcao non volesse nuocere ad
Altobelli ma soltanto conquistare il pallone con un gesto molto vigoroso. Agnolin era lì a due passi,
ha deciso in una frazione di secondo.
Anche ammesso che abbia esagerato di un pollice nella espulsione come Falcao aveva esagerato nel
tackle a piedi uniti, io credo che qualunque persona con una dose benché minima di buonafede non
sia legittimata a specularci sopra nemmeno nella mischia degli spogliatoi.
Undici contro undici la Roma non ha perso a San Siro, questa è la verità. E, se ha perso, lo deve
soprattutto a un’Inter di restaurato valore in Altobelli, Baresi, Bini, Prohaska. In fondo, in campionato

non è successo nulla.
Nemmeno la Juve in testa fa notizia: ma se ci resterà, anche senza Bettega e con accanto questa
grande Roma allora sì che sarebbe il massimo anche per dei nati padroni.

Giorgio Lago