1978 dicembre 18 La Juve passa la mano. Via libera al Milan

1978 dicembre 18 – La Juve passa la mano Via libera al Milan
Il Vicenza ha imparato la lezione – Teofilo Sanson, ammalato, segue per telefono il
successo della sua Udinese da Serie A

UDINE – Il più preciso e secco destro d’Italia, proprietà di Di Bartolomei, ha dato a
Roma una svolta decisiva al campionato. Perforata da un gol-laser, la Juve ha da ieri
sera cinque punti in meno del Milan! Trovandosi nelle stesse condizioni anche il
Torino, è molto probabile che il 1979 veda archiviato il monopolio del calcio
piemontese sullo scudetto.
È dal 1971 che una squadra milanese, allora l’Inter, no vince più di uno scudetto ed è
addirittura dal 1968 che ciò non accade al Milan: bastano questi due dati statistici a
dire quanto originale sia il Natale rossonero cui stiamo assistendo. Nonostante la
robusta resistenza del Perugia, Gianni Rivera ha davvero l’aria di non volersi lasciar
scappare l’occasione più unica che rara della pensione tricolore, a 35 anni.
Per quanto jettato il Verona, un 3-1 in trasferta fa sempre buona impressione anche
perché il Milan è meglio di qualunque altra squadra capace di impastare insieme
sbarbati e senatori. Ora poi che si mette a segnare persino Novellino, noto allergico al
gol, la candidatura di Liedholm a vincere il campionato non è mai stata tanto seria.
Il via libera al Milan tiene il Verona dentro fino al collo nella classifica della
retrocessione, anche se il Veneto può da ieri guardare al campionato con la pupilla
buona del Vicenza. Lo 0-0 ottenuto a San Siro è importante perché vuol dire che la
squadra ha capito e sa adattarsi all’emergenza. La paura messagli addosso lunedì
scorso dall’Avellino ha fatto un gran bene al Vicenza che ha bloccato l’Inter con un
catenaccio intelligente, eufemismo per dire di una squadra che confeziona con pudore
i meccanismi difensivi.
Al gol da due punti ha provveduto invece l’Udinese contro un Pescara fino a ieri
imbattuto, squadra che assomiglia al Vicenza, nel senso che imposta il gioco facendo
riferimento su una sola punta e ruota attorno ad essa saltuari appoggi. “Avessimo
Paolo Rossi – ha sospirato il manager Ballico – in A ci saremmo già”.
La serie A è parola magica e nessuno in Friuli la ritiene oramai parola vietata.
L’Udinese è più che mai seconda
in classifica e sabato prossimo sarà
matematicamente prima con il Cagliari se otterrà un pareggio nel ricupero a Monza. Il
boom furlano è autentico, pone radici nella società di Sanson-Dal Cin e trova
espressività nella preparazione di Giacomini: non per nulla il tecnico è più che mai di
moda e stamane a Coverciano terrà conferenza sui “ritiri post-partita” (che l’Udinese
pratica scrupolosamente) assieme a Liedholm, Cadè, Fabbri, un medico sportivo e
uno psicologo.
In tribuna allo stadio Friuli c’era ieri, ed era la prima volta quest’anno, anche Dino
Bruseschi, l’industriale di Palmanova che fu presidente dell’udinese “storica” del
dopoguerra. Una presenza significativa, che suggerisce quanti legami antichi e recenti
riesca a coltivare questa realtà che mischia in tribuna gente della Carnia e di Motta di
Livenza, spettatori di Treviso e di Portogruaro come mi è capitato di constatare
personalmente.
Peccato che a mancare fosse proprio Teofilo Sanson, tenuto rigorosamente a casa dal
medico visto il ripresentarsi di una pericardite da non prendere sottogamba. Ma
nemmeno il perentorio divieto ha impedito a Sanson di sentirsi collegato con
l’Udinese, ultimo e più passionale tra i suoi amori di sponsor: un giovane ha preso un
telefono allo stadio e, da una cabina radiotelevisiva, ha trasmesso novanta minuti di
privatissima cronaca. Dall’altro capo del telefono, a Colognola ai Colli, Teofilo

Sanson ascoltava con la particolarissima soddisfazione del povero fattosi mecenate.
Soltanto dopo il gol di Ulivieri ha sospirato: “Cosa pagherei ad esserci stato”.
L’Udinese resta, Teofilo, non ti preoccupare: e buon Natale.