1976 Ottobre 22 Il Torino ha perso. Evviva il Torino!

1976 Ottobre 22 – Il Torino ha perso Evviva il Torino!

Nessun imbarazzo è lecito davanti alla sconfitta del Torino, dal momento che quel bellissimo altare
del calcio-spettacolo che si chiama Coppacampioni ha finito di esser frequentato anche dalle
“orfanelle” di San Siro, senza che la Juve sia in questi ultimi anni riuscita a colmarne il vuoto.

Niente stupore né processi anche perché il Borussia è una squadra maiuscola che in fondo ha avuto
soltanto il difetto di essere in Germania considerata pressochè periferica. Piazzata quasi sul confine
con l’Olanda, Moenchengladbach non ha mai goduto della simpatia, del fascino e dei favori
riservati per esempio al Bayer, fiore all’occhiello della potentissima Baviera. Dal caso della lattina
pro-Inter fino ad alcuni arbitraggi pacchianamente provocatori, il Borussia ha pagato la sua scarsa
influenza “politica”: non fosse per tale handicap, avrebbe probabilmente rastrellato risultati ancora
più perentori sia in Germania che altrove.

Il Torino ha perso, evviva il Torino! Senza Pecci e con Claudio Sala in campo per nemmeno
mezz’ora, non si può pretendere la luna da una squadra che fra l’altro ha vinto lo scudetto senza
essere ancora uno squadrone. Pecci è il disegno, Sala la pennellata: non ne puoi fare a meno senza
rimetterci parecchio. Tuttavia, Torino-Borussia è stata interessante per mettere a fuoco almeno dieci
situazioni. Queste:

1) Radice è un tecnico serio. Abituati ad un sacco di idiozie soltanto perché Bearzot afferma
che Antognoni è un giocatore come gli altri e non va privilegiato, il no di Radice a Pulici
assume contorni napoleonici. A Torino Pulici non passa infatti per un giocatore “uguale”
agli altri: i fans di via Filadelfia lo considerano qualcosa di più, molto di più, fino ad
identificare in lui quello spirito di setta che circola nei paraggi di questa amatissima squadra.

2) Nel bene e soprattutto nel male Pulici è uno dei giocatori più emblematici del nostro calcio,
dove diventa sempre più raro che il vivaio esprima un attaccante rapido e tecnico, acrobata e
riflessivo nello stesso tempo. Mancandogli sempre qualcosa, Pulici può tutto: esaltarsi in
triplette-gol o ammutolire in brocche pedate.

3) Se non in ordine con quel mistero che è la forma fisica, Pat Sala resta un mediano che

rivaluta Furino. Ingobbisce, non vede schemi, si fa un po’ scorretto, perde la falcata.

4) L’Italia passa per specialista nello sfornare catenacci e, per coerenza, nel produrre angeli

custodi terribili quanto demoni. Eppure arriva il Borussia con il suo calcio senza complessi
(se non quello, molto tedesco, di superiorità) e i migliori difensori che ammiri sono loro, di
Germania. Vedi il terzino Vogts e il mediano Bonhof, dei quali non sai mai se ammirare di
più il mestiere, la completezza o la tempra. Meglio degli attaccanti.

5) Il tifo che circonda il Torino, a Torino, è qualcosa che ha risvolti da indagine sociologica. Al

confronto, San Siro è un circolo filatelico, Bologna una garbata osteria, Napoli una sagra di
paese. Nel tifo del Torino c’è tensione, una violenza che vibra nell’aria. Persino certe
scorrettezze dei suoi giocatori, chiaramente influenzati dall’atmosfera, possiedono qualcosa
che mette a disagio, quasi avessero una intenzione “personale”. Più che guerra, pare
insomma guerra civile e, tra i due mali, ritengo che il peggiore sia la seconda.

6) Nel secondo tempo anti-Borussia, il Torino ha raccolto tutti i suoi fermenti, lontani e vicini,

quelli di una splendida tradizione e quelli di un presente in ascesa. In quella mezz’ora di
sanguigna tradizione, si è vista la mano di Radice ma anche quella di Giagnoni. Nel calcio si
sa quando si semina ma non si sa mai quando si raccoglie.

7) La nazionale vagheggia a volte i blocchi, a volte segue le contingenti proposte del

campionato. Oggi come oggi non esiste né l’uno né l’altro indirizzo. Causio ha emarginato

Sala, Bettega ha liquidato Pulici: di granata su campo azzurro non si scopre quasi traccia
nonostante lo scudetto.

8) Torino-Borussia è la dimostrazione che se si picchia con correttezza nessuno finisce in
barella. Su quest’ultima si stendono quasi sempre le vittime della carogneria, non della
virilità.

9) C’è forcing e forcing. Quello tedesco pare seguire un tracciato, quello italiano una
ribellione. Sono modi d’essere di popolo prima che di foot-ball: il deutsch esprime
sicurezza, l’italiano inquietudine.

10) Pianelli e Radice sostengono che non è ancora finita, per Dusseldorf sperano nel

contropiede. Un po’ di prateria per Pulici…chissà.