1976 Novembre 29 Vecchie glorie a San Siro

1976 Novembre 29 – Vecchie glorie a San Siro

Al derby di San Siro non si dovrebbe più andare con la macchina da scrivere: al massimo con la
penna d’oca e un calamaio in bronzo massiccio. Tra Milan e Inter passa ormai pathos invece che
spettacolo in senso moderno. Come se ritornassero in scena Wanda Osiris e Alberto Rabagliati, la
prima intonando “Sentimental” dalla scalinata, il secondo languendo con “Bambina innamorata”
attraverso l’immutabile servizio d’ordinanza.

Al bar sala stampa sono esposte gigantografie con gol e acrobazie di Nordhal e Lorenzi e Boniperti.
Il grande pubblico, il grande stadio, il grande passato sono fatti apposta per ottimizzare la nostalgia
anche se il presente va pur vissuto senza rimpianti, senza inseguimenti al tempo perduto, senza
riluttanza ad adattare le cellule incrostate di ricordi alla realtà d’oggi.

Ero sicuro di assistere ad una brutta partita, ma non sapevo fino a che punto. L’esito è stato
peggiore del sospetto tanto che, in un’ora e mezza, i ventiquattro professionisti impiegati dalle due
squadre sono riusciti a produrre soltanto due oggetti veramente da flash: i due gol, il sinistro lungo
di Marini re il destro semirovesciato di Silva, un lodigiano e un piovese non si sa come riusciti a
svellere due tulipani dalle strame degli schemi.

Milan e Inter sono madame incipriate e con dentiera, dignitose nella loro decadenza quanto
inutilmente indaffarate a celarla. Persino i più significativi personaggi hanno mollato ogni pudore
tattico. Rivera porta il sette sulla schiena, Mazzola il nove, Anastasi il sette: soltanto qualche anno
fa, nessuno dei tre avrebbe accettato tale nomenclatura, estranea alle loro origini, al loro ruolo, alla
loro vocazione. Oggi sono mercenari del “collettivo”: è difficile capire fino a dove arrivi l’ironia
della maturità o la rassegnazione della senescenza.

Rivera suggeriva degli affondo a Calloni ed era peggio che spiegare la filosofia di Kant ad un
pastore mongolo; Mazzola riprovava in dribbling riti oramai negati alla sua anagrafe. Così è andata
a finire che proprio Mazzola e Rivera, i cimeli, si sono sentiti scandire dalle gradinate con robusti
cori nei quali la professione accreditata ai due non era quella di calciatori ma di battone. Il gusto di
dissacrare e ripudiare, la voglia di seppellirli in questo prato perché in fondo sono proprio loro la
causa di tutto, dei ricordi che non muoiono e delle speranze che non riaffiorano.

E’ vedendo un derby come questo che ci coglie il senso della caduta di certo calcio. E’ in questo 1-1
senza fascino che si capisce benissimo come la nazionale non peschi a Milano che due giocatori,
Facchetti e Capello, entrambi sopra i trent’anni. E’ qui che si afferra la certezza che l’avvenire dello
scudetto per un pezzo non passerà più attraverso la Lombardia e continuerà ad essere un copyright
di Juve e Torino.

Esiste un solo campionato per le nostre malinconiche ex-soubrette di San Siro: quello delle vecchie
glorie.