1976 marzo 30 Attenzione, la Juve non è morta

1976 marzo 30 – Attenzione, la Juve non è morta

Castellini è un gatto, Santin un terzino completo, Patrizio Sala un Furino meno falloso, Claudio
Sala un rifinitore d’alto bordo, Pecci un ventenne con la lucidità di un Capello, Graziani un
falchetto d’area, Pulici un botto di potenza goleadoristica: con una squadra così giovane e allenata
da un giovane, si può vincere lo scudetto se non proprio, come qualcuno sostiene a Torino, aprire un
ciclo. Per i cicli, sullo stampo dell’Inter anni ‘60 o della Juve anni ’70, ci vogliono molte cose ben
cucite assieme e soprattutto una società efficientissima.

“ Superga vi guarda” diceva un gigantesco striscione granata steso sulla pista che circonda il terreno
di gioco: attorno al Torino ogni sentimento viene sempre filtrato attraverso quel brutale l’impatto
che nel ‘49 seppellì una delle più grandi squadre del calcio di tutti i tempi. Né con Rocco nè con
Giagnoni il su pubblico si è sentito tanto vicino a” togliersi il lutto “con uno scudetto.

Ma, ora, ad un solo punto dalla Juve, il Torino deve fare parecchia attenzione se non vuole che il
suo revival torni ad essere un rimpianto, un sole che non riesce mai ad afferrare. “Cominceranno a
non dormire la notte” ha amabilmente sussurrato giorni fa Gianni Agnelli per dire che il suo ruolo
di leader o di quasi-leader toglie serenità al sistema nervoso.

Il difficile per il Torino comincia adesso anche per la semplice ragione che, nonostante 0 punti fra
Cesena e il derby, la Juve non è morta! Il derby l’ha perduto giocando discretamente: l’ha perduto
con autorete e mezza; l’haa perduto per un goal di scarto dopo aver sballottato il palo con Bettega e
costretto lo stopper Mozzini a metterci l’ultima pezza sulla linea di porta. Questa non è una squadra
squarciata come non lo fu dopo l’asciutto 2- 0 sofferto sempre nel derby.

Soprattutto l’aereo Bettega sta in condizione splendida e, nonostante marcature di ghisa, può
continuare a catalizzare” la force de frappe dell’attacco più prolifico del campionato( 37 reti).
Piuttosto, la crisi della Juve consiste nell’ essere in questo avvio di primavera un po più uguale alle
altre squadre, nel senso che ha perduto lo strapotere che aveva finora a base di riserve.

La perdita più notevole si chiama Anastasi a meno che, dopo il deterioramento da ogni rapporto tra
il giocatore e Parola, Boniperti non decida di mandare il Carletto ad ossigenarsi pigliando il suo
posto in panchina., Scherzi a parte Anastasi è stato dichiarato ufficialmente” cedibile” e non si vede
come, stando al sabaudo stile della Vecchia, il Pietruzzo possa riafferrare la maglia di titolare.

Il che toglie alla Juve un’eterna possibilità di rotazione in attacco, dove ogni problema di stanchezza
o traumatico poteva essere risolto con il sorrisetto sulle labbra del geometra Giampiero.

Mentre Torino vive a a Bardonecchia in” vacanza di lavoro”, la Juve patisce soprattutto problemi di
turbamento, quel tipo di incertezza che ti afferra quando t’accorgi che non bastano le lunghe serie di
risultati positivi nè i record di continuità nè i molti gol a sbarazzarti della concorrenza. In un
campionato a 16 squadre, abbastanza equilibrato nei valori, anche 180 minuti di sconfitta possono
assomigliare ad una Waterloo.

Soprattutto per questo, non per il derby perduto nè per il gioco, la Juve attraversa la più attorcigliata
settimana della sua stagione: la settimana che porta dal derby al match di San Siro con l’Inter, ex-
grande pur sempre capace di colpi di reni da matta, vedi la partita vinta proprio con il Torino. Per
non mettere il ginocchio per sempre a terra, la Juve dovrà essere prima concentrata e poi efficiente.
Al resto ci penserà Torino- Milan. In casa, il Torino è più invincibile di Mandrake ma il Milan di
Rocco non ha la sveglia al collo. Può anche vincere, sissignori.