1975 marzo 17 Autorete di Morini Juve battuta Napoli a tre punti

1975 marzo 17 – Autorete di Morini Juve battuta Napoli a tre
punti!

Francesco Morini ha gli occhi azzurri, e lo chiamano Morgan.
Qualche anno fa picchiava molto, ora meno. E’ toscano e i
trent’anni li ha già compiuti. Il suo momento di maggior notorietà lo
passò quando, nonostante gli scudetti della Juve, Valcareggi si
ostinò a non dargli la maglia di stopper della Nazionale.
Per spiegare quell’omissione fu tirato in ballo un episodietto da
cuori infranti. Si disse che, attraverso la Nazionale, il paterno Cu
puniva un marittimo flirt di Morini con la figlia. La vendetta del
suocero mancato, poteva essere questo il titolo di un racconto di
Liala.
Morini è uno di quei professionisti che si autogestiscono con
meticolosità. Finché è calciatore non esiste altra reputazione che
quella di calciatore: i discorsi di Campana o Rivera sulla
condizione spesso alienata dell’uomo-calciatore non lo toccano
punto. Una sera a un caffè ultra bene di piazza San Carlo a Torino
se la prese con Giovanni Arpino per una pagella ritenuta nei suoi
confronti troppo avara.
Nella Juve di quest’anno Morini il posto l’aveva perduto. Gianni
Agnelli dalla
tribuna d’onore e Boniperti dalla seggiola di
presidente si erano infatti stufati di veder due grezzi in area di
rigore, Spinosi e Morini. Con mossa di scacchi avevano allora
mangiato Morini con Spinosi. Dalle spiagge del tirreno, Morini era
ritornato l’estate scorsa nel ritiro bianconero di Villar Perosa come
riserva.
Se gioca adesso, Morini lo deve al fatto che Spinosi finì per lungo
tempo in infermeria. Anzi, Roma-Juve di ieri doveva essere una
delle ultimissime partite di Morini dato che Spinosi è già guarito e
che proprio a Roma era in panchina assieme a nonnetto Altafini.
Che brutto dev’essere stato per Morini quel maledetto momento in
cui gli è arrivato sul piede un cross da sinistra e lui, sentendo
nell’inconscio più che nella realtà la presenza del guastatore Prati,
ha toccato con tale affanno e con tanta rigidità da segnare l’unico
gol di Roma ma nella porte della Juve, quindi un gol da rossore, un
gol chiamato autorete, l’equivalente pedatorio del suicidio.
Questo gol ha fatto felice l’altra Italia, quella che non si riconosce
nella Juve. Quel gol ha regalato un ghigno di soddisfazione a chi,
in ogni calcio di rigore, individua i segni di un golpe di Boniperti.
Quel gol ossigena il campionato e pone a soli tre punti dalla Juve il

Napoli che, il lettore me lo perdoni, è un po’ la mia simpatia di
quest’anno, per quel germe “olandese” che soltanto Vinicio ha
saputo coltivare dopo Monaco.
Ma quel gol, oltre a tutto questo, è forse anche la parentesi che si
chiude tra Francesco Morini, classe 1944, e la Juve che cerca il
suo sedicesimo scudetto. Esiste sempre, sotto la scorza dei gol,
un lembo di dramma.