1974 gennaio 10 Il solito Chiarugi batte l’Ajax

1974 gennaio 10 – Il solito Chiarugi batte l’Ajax

Milan–Aiax 1–0
Marcatore: Chiarugi al ‘77
Note: giornata fredda con leggera pioggia, terreno allentato; spettatori paganti 13.000, incasso 41
milioni.

Milano, 9 gennaio
“Dove si dimostra che il calcio non è scienza esatta” ha detto alla fine l’amico Selani, delicato
pianista jazz. La Supercoppa di San Siro è stata infatti una “superrapina” all’italiana. Ha vinto chi
non doveva tecnicamente vincere, cioè il Milan. Ha perso Chi non doveva né tecnicamente né
territorialmente perdere, cioè l’Ajax.
Il battitore libero dei “tulipani”, il biondo deutsch Blankenburg, ha commesso un unico errore, un
pallone che gli scivola tra pantano e suola sdrucciola, un tocco flebile verso il portiere e Chiarugi
che ruba tempo e pallone andando a battere il feroce sinistro-gol da 15 metri. Non si può nemmeno
definire un contropiede: piuttosto è un contropiede partorito da un errore degno dei campionati di
terza categoria dilettanti. Blankenburg ha scrollato le lunghe treccine bionde imbottite di pioggia,
per almeno un paio di minuti, incredulo di sè più che del risultato.
Prima dell’1-0 l’Ajax possedeva la partita quasi fosse sua proprietà privata. Persino scocciatosi di
fischiare Rivera e C., il pubblico s’era messo ad applaudire ripetutamente gli olandesi visto che il
Milan non riusciva ad essere, non dico protagonista, ma nemmeno dignitoso partner.
Avesse avuto la rifinitura gol di Cruyff (emigrato per un treno di pesetas a Barcellona) l’Ajax
avrebbe certamente vinto per 3-4 a zero.
Nonostante la perdita del suo fuoriclasse, l’Ajax ha sballottato infatti la traversa, ha perduto un gol
regolare per offside inventato dalla terna arbitrale più casalinga dell’ultimo ventennio e ha impostato
almeno 4 palle-gol.
Questa Supercoppa poteva anche essere una cosa seria. Solo che è caduta nel momento peggiore
che si potesse, con un Milan che non fa più grande richiamo e con Rocco tutt’ora ambiguo, nel
senso che non sa (o non può) ancora decidere se lo scudetto ‘74 sia attuale o già da ripudiare. Anche
per questo sono convinto che il Milan abbia in parte rinunciato a correre nel secondo tempo.
All’estero questo tipo di non rientra nemmeno nella mentalità dei più sfaticati; da noi è
invece suprema legge: tutto ciò che toglie energia dal campionato viene considerato suicidio.
Risultato a parte, Milan-Ajax a qualcosa è servito. Se non altro dare un’occhiata ai sette undicesimi
dell’Olanda e a controllare di striscio qualche giocatore del Milan. Per esempio, Rivera con la
maglia numero 9 sulla schiena dal momento che Bigon, oltre che svuotato d’invenzione offensiva,
sta pure con la bua addosso. Rivera 9 non è insomma uno sfizio di Rocco, ma, forse, una trovata per
il campionato.
Rivera aveva Hulshoff addosso: un marcantonio di un metro e novanta, barbuto che pare emigrato
dalla Cuba di Castro, eppure la potenza stemperata nello stile, la forza per niente bruta, agile invece.
In tribuna Benito Lorenzi ha sussurrato: “Se al mondiale l’Italia giocherà contro l’Olanda
Valcareggi ha già trovato la marcatura per il Riverino”. Contro Hulshoff, Rivera (che mica può
essere centravanti vero) il pallone l’ha visto più che altro per sentito dire. E, quando pure l’ha avuto
tra i piedi, se l’è coccolato con troppa insistenza fino a consentire ritorni in tackle di Hulshoff o di
un suo amico. Nemmeno a Rivera, nemmeno da San Siro, sono stati risparmiati gli insulti dalle
gradinate.
L’Ajax ha preso la Supercoppa un po’ Più seriamente del Milan. Dopo 45 minuti di convenevoli
reciproci, gli olandesi hanno dato la sensazione di volerlo veramente il risultato (e, nel secondo

tempo, l’Ajax ha mostrato una lunga fetta di buon football). Quando gli attacchi con cross alti, non
li puoi battere mai.
Seduto all’uscita dal sottopassaggio e non dunque in panchina, Rocco dava segni di insofferenza
quando vedeva Turini o Sabatini sollevare palloni con il fiocco rosa in testa, amatissimi dei
capoccioni dell’Ajax. Una squadra che esegue manovra fitta ma non pedante, e che occupa l’intero
arco del campo; occupa cioè perennemente le fasce laterali soprattutto con Haan e Neeskens (sua la
traversa e anche il gol negato).
Helenio Herrera in tribuna con Fiora Gandolfi, deve aver pensato proprio a quest’ultima
caratteristica quando l’estate scorsa tacitamente avallò la tesi dell’Inter formato Ajax, priva di un
regista fisso e dotata di un proprio Haan, cioè Fedele.
Con questi schemi, l’Ajax ha tenuto un forcing talmente rullato che il portiere Stuy si è dovuto
dedicare spesso a lunghi solitari scatti nella propria area per non gelare.
Con occhiali da vista mai notati prima, Heriberto Herrera era seduto nel settore-stampa e non poteva
non assimilare quel forcing a una specie di “Plaza de Toros”.
Quanto al Milan, telegrafico:

– Turone si capisce che vuol giocare libero o nell’altro, tantomeno mediano, come oggi:
– Turini non vedrà mai la prima squadra finché non capirà, come oggi, che deve servire

Rivera non appena il suo “padrone” si smarca in scatto verso la zona-gol;
il ventenne Maldera, stopper, è forse il più in forma di tutti tra i difensori di Rocco;


– Benetti corre troppo per pensare abbastanza;
– Chiarugi resta match-winner che sarebbe follia non portare il mondiale.

Alla fine l’editore-giornalista Gino Sansoni ha detto: “Una volta il gioco del Milan sembrava tutto
legato da un unico filo. Ora non più”.
La Supercoppa non ha cambiato nulla nella fisionomia del campionato e non è stata nemmeno un
affare: neppure 13 mila i paganti e soltanto 41 milioni l’incasso. Non fosse stato per i 20 milioni
ottenuti dall’Eurovisione, Albino Buticchi non ci sarebbe stato dentro nemmeno con le spese.