1968 ottobre 12 Que viva Mexico! ma senza bombe

1968 ottobre 12 – Que viva Mexico! ma senza bombe
Il presidente del Messico Diaz Ordaz apre oggi la XIX Olimpiade. Alle 18.04 (italiane), corrispondenti
alle 11.04 di Città del Messico, il satellite artificiale Telstar rimbalzerà sui nostri teleschermi le
immagini della cerimonia di apertura. Una cerimonia sulla quale sono puntati gli occhi di «todo el
mundo», non soltanto di quello «sportivo».
Per mesi infatti i temi teorici dei Giuochi sono stati violentemente sfrattati da una catena di «assalti
politici», come li ha definiti l’intramontabile miliardario di Chicago Avery Brundage, rieletto
(nonostante Onesti) presidente del Cio per altri quattro anni. Il problema, tutto fisiologico, della
assuefazione all’alta quota (m. 2277 sul livello del mare!) è diventato… trascurabile in confronto a
quello dell’assuefazione ad un clima reso prima pesante e alla fine irrespirabile da una serie di
interferenze extra-olimpiche.
Per l’Olimpiade-nata-male, i drammi sono cominciati con il Sudafrica, sul tema del «razzismo» o
meglio dell’apartheid che è un modo come un altro per realizzarlo sul piano pratico.
La crisi cecoslovacca aprì la seconda grossa minaccia. Questa volta non si trattava però di dover
cancellare dai Giochi, per ritorsione occidentale contro l’invasione di Praga, un paese trascurabile come
entità sportivo-internazionale, cioè il Sudafrica, ma l’Urss, dominatrice assoluta per somma di oro-
argento-bronzo nelle specialità femminili e antagonista numero uno del Kolossal-Usa in quelle
maschili. Il bando all’Urss avrebbe coinvolto Ungheria, Polonia, Bulgaria e Germania Est. Il
sabotaggio, se portato fino in fondo, avrebbe trasformato i Giochi in un affare privato del potenziale
sportivo-Ovest. «Giù le mani della discriminazione dalle Olimpiadi!», urlò Brundage da Chicago. E la
tempesta di Praga si placò senza traumi.
Ma un colpo quasi mortale covava sotto le ceneri di Città del Messico: il tragico braccio di ferro
governo-studenti non ha aggredito infatti l’Olimpiade nella sua fase decisionale, di apparato. L’ha
interessata invece quasi «fisicamente» sfiorandone impianti, protagonisti, atmosfera. Non sta a noi dare
giudizi su avvenimenti di questo genere, fra l’altro tuttora confusi e in discussione. Resta soltanto il
rammarico che grossi dirigenti olimpici ed inviati italiani si siano fatti immediatamente notare per
interventi quasi sempre frettolosi e grossolani e sempre interferenti in problemi di un paese straniero.
Le bombe hanno fatto scoprire improvvisamente che il Messico è povero, arretrato, pieno di squilibri;
che il suo Governo aveva speso troppo per «megalomania di stato»; che in fondo era anche… giusto
che le Olimpiadi di questa impostazione saltassero per aria all’ultimo momento. Le bombe, solo quelle,
hanno svelato tutto? L’interrogativo è più che legittimo perché qualche mese fa, gli inviati spediti in
Messico (e lo testimoniano le fitte corrispondenze) avevano scoperto solo le orme dei Maya, il colore
degli indios, l’urbanesimo di Città del Messico e la sabbia come farina di Acapulco, la perla del
Pacifico.
L’Olimpiade-nata-male è sopravissuta a colossali «assalti politici», non dimentichiamolo. Sì, è vero, il
movimento olimpico ha problemi giganteschi dinnanzi a sé: l’elefantiasi delle specialità; il
dilettantismo camuffato o di stato; la speculazione turistica; le discriminazioni di qualsiasi genere. Ma
la sua forza l’ha dimostrata proprio in questi ultimi inquietanti mesi. Una forza che è interna, è
un’«idea»: lo «Sport» come «Unione» di «Uomini» senza altri aggettivi.

Scriveva Albert Einstein nel 1934: «Per preparare le nazioni ad una sicurezza nella pace, questo
problema dovrebbe essere presentato chiaramente ed esplicitamente ai giovani. Lo spirito di solidarietà
internazionale dovrebbe essere rafforzato e si dovrebbe combattere lo sciovinismo come una forza
pericolosa che impedisce ogni progresso». Servendo questo ideale, la fiaccola di Olimpia servirà di più,
molto di più, degli stessi affascinanti records umani.
L’augurio oggi non può che essere: «Que viva Mexico!». Senza bombe.

ottobre 1968