1970 ottobre 18 Esperimenti falliti

1970 ottobre 18 (Il Gazzettino)

Mancavano troppi « messicani »
Esperimenti falliti

Riguardano in particolare Juliano e Gori – Niccolai non vede Rosato e Poletti ha fatto
rimpiangere Burgnich

SVIZZERA 1 ITALIA 1
MARCATORI: 1. t.: 16′ Cera (I), autorete; 2. t.: 40′ Mazzola (I).
SVIZZERA: Kunz, Chapnisat, Boffi, Weibel, Perroud, Odermatt, Blaettler, Kuhn, Balmer, (Jeandu-
peux-Vuilleumier), Künzli, Wenger.
ITALIA: Albertosi (Zoff), Poletti, Facchetti, Juliano (Cera), Niccolai, Cera (Ferrante), Domenghini,
Mazzola, Gori, De Sisti, Riva.
ARBITRO: Tschenscher (Germania Ovest).

DAL NOSTRO INVIATO
Berna, 17 ottobre
E’ stata una cosa impressionante. Spettatori paganti 42.000; italiani 30.000 circa! La Federcalcio
svizzera celebrava 75 anni di vita. Giochi di ragazzi, coreografie, fanfare, hanno preceduto la
partita. L’Uefa e la Fifa in tribuna d’onore: presente il santone del calcio mondiale, sir Stanley Rous.
Ma è stata la nazionale italiana a giocare in casa, tra migliaia di bandiere tricolori dove l’indigeno e
tradizionale « op-Schweiz » moriva sommerso nel tifo di migliaia di emigrati.

Anche l’arbitro Kurt Tschenscher, tedesco federale, quarantadue anni, assicuratore, oggi alla sua
ventesima partita internazionale, ne ha dovuto prendere atto mentre i minuti passavano.
Tschenscher infatti aveva cominciato casalingo: per il compleanno svizzero, per la presenza di Rous
(allergico agli italiani), per una medaglia consegnatagli mentre entrava in campo. Solo che sono
cominciate a volare sul prato verde palle di carta, bucce di banana, bottigliette in plastica e qualche
bottiglia vera. Lo speaker dello stadio ha invitato, in due lingue (ma ne bastava una…), a smetterla.
Il lancio è smesso ed è pure cambiato l’arbitraggio: fino alla fine pulito, neutrale.

Giocando praticamente in casa, l’Italia ha pareggiato a cinque minuti dalla fine: la esplosione di
gioia quasi isterica conferma come questa partita, in questo momento, rappresentasse per la nostra
gente qualcosa di più importante che un semplice risultato di football, oltretutto amichevole.

Il gol è toccato a Sandro Mazzola. « Se non avessi segnato, — ha dichiarato il giocatore nello
spogliatoio — avrebbe perso Mazzola. Così ha vinto invece l’Italia ». La battuta acre, ma immediata
e intelligente, sposta subito i paraventi. Mazzola ha giocato una partita che il forfeit di Rivera e lo
scatenarsi delle faide azzurre aveva ridotto a termini freudiani. Non deve essere stato facile
scendere in campo dopo giorni di inghippi e di lavaggi al cervello. Lo stesso Facchetti ha aggiunto:
« Non siamo mica fatti di ferro ». Quel gol straordinario, da raccolta, in palleggio estenuante prima,
di battuta fresca poi, è talmente « individuale » che sembra venuto apposta per risolvere le ubbie
di… mezza staffetta.

Ma quella di oggi, è stata tutta una partita individuale. La squadra, frantumata polemicamente
nei giorni scorsi, non ha funzionato neppure tatticamente. La nazionale (tranne venti minuti nel
secondo tempo) ha patito più di quanto nessuno sospettasse un paio di soluzioni sperimentali.
Poletti non vale Burgnich, Niccolai non vale il Rosato messicano, ma mi riferisco soprattutto a

Juliano e Gori. Nel primo tempo, quando Gori possedeva birra in corpo, non funzionava il
centrocampo dove Juliano nemmeno riusciva a vedere il finto-centravanti Blaettler. Nella ripresa,
mentre Cera tappava il vuoto-Juliano, Gori andava fuori giri, a motore atletico quasi fuso.

Per chi gioca all’italiana, sono troppo importanti i ruoli di mediano e di centravanti perchè se ne
possa giocare (alternativamente) quasi senza. In Messico, che fu l’ultimo e il più autorevole test per
l’Italia, la graduatoria dei valori azzurri fu questa, a mio avviso: Rosato, Burgnich, Bertini,
Boninsegna eccetera. Beh, a Berna di questi quattro, tanto per sottolineare un dato, non c’era
nessuno.

E non c’era nemmeno Anastasi. Valcareggi ha infatti giudicato macroscopico lo scompenso-

Juliano, ma non quello legato a Gori: e, in quel ruolo, ha mantenuto tutto uguale fino alla fine.

Ho detto partita individuale. Qualche calciatore cagliaritano era (forse inconsciamente)
condizionato dalla imminente coppa Campioni. Riva, nonostante il suo nome fosse scandito dal
pubblico con attesa messianica, ripeteva gli inutili gomitoli messicani. Tutti i giocatori (leggi
Mazzola e De Sisti, per esempio) coinvolti nella polemica-Rivera, pensavano a due partite: prima
alla propria e poi a quella di tutti.

La Svizzera di Maurer è squadra più che dignitosa: la vogliamo mettere almeno sul piano del
Messico di Toluca? Conta per istinto su inquadratura tattica, preparazione fisica, solidi
semiprofessionisti cuciti attorno a Odermatt, dalla grande esperienza e tecnicamente completo.
Eppure un’Italia normale dovrebbe batterla sempre. Perché l’Italia possiede le stesse qualità e le
sovrasta invece in potenziale tecnico. Valcareggi ha soltanto pareggiato in extremis la prima partita-
senza-Mandelli proprio perché non era un’Italia normale.

Il match è cominciato con tono celebrativo, sereno, controllato. Riva monopolista cocciuto (non
vede subito Mazzola); un De Sisti al volo; un tranciante lancio di Mazzola sul quale Riva piomba
con qualche… sigaretta, pardon con qualche attimo, di ritardo. Poi la schiena impaurita e pigra di
Cera beffeggia Albertosi che stava composto sulla traiettoria dritta di Blaettler. Autorete lampante
che andrebbe presa con calma, allargando gli spazi, cercando di non provocare l’ovvia ammucchiata
centrale. L’Italia invece appare troppo povera come media-rendimento in posti chiave per poter
produrre gioco autentico.

Soprattutto nella prima metà del secondo tempo e nonostante l’equilibrio di Cera, il forcing
assume tinte romantiche, impeto e assalto, baionetta in canna. A che serve? Gori, Riva e
Domenghini paiono legati assieme, intruppati in cinque metri quadrati, senza luce tra gli stinchi
elvetici. Basta un’azione vera, cioè Gori, sulla linea laterale e cross da ala autentica per il
centravanti occasionale, perché ne esca il quasi-gol: palo di Domenghini, al 53′. Il ritmo invece si
smorza alla lunga, perché, attaccando in dieci, non è che la squadra diventi più pericolosa: diventa
solo più scontata, più facile a controllare. Gli spazi stretti ti tirano collo sul fiato e rischi il
contropiede kaputt finale (all’81’): Odermatt conquista la azione e lancia svelto a sinistra per un
sinistro-missile di Blaettler sul palo, nemmeno visto vibrare da Zoff.

Da un match dove non trovi la squadra puoi uscire battuto appunto per un’autorete (i pali, uno

per parte, fanno pari). E puoi rimediare invece con un’invenzione assolutamente rara.

Sono uscito dallo stadio in mezzo alla gente; sentivo « Che delusione, ma he gol! ». La partita ci

sta tutta in tale sintesi facile, senta retorica.

Pagelle azzurre
Voto al gol: 10

ALBERTOSI 7 — In pratica non ha fatto nulla che non fosse normale: nessun tiro serio gli è
infatti arrivato nello specchio della porta. Solo che, nei delicati primi 10 minuti, ha mostrato presa e
freddezza di assoluta garanzia in un paio di uscite a terra (soprattutto sull’agile Künzli). Sul gol, il
più innocente di tutti è proprio lui, il portiere.

ZOFF 6 — Paura gelida l’ha patita soltanto sul palo colpito con estrema violenza dal solito
Blaettler (un centravanti fisso che calcia sempre al volo, in corsa e sul rimbalzo, senza mai tentare il
controllo della palla). Mancavano 9 minuti alla fine: e Niccolai gli diede una mano decisiva per
mettere in corner.

POLETTI 6 — Gli è toccato l’attaccante più limitato della Svizzera, l’anonimo Wenger, incapace
di variazioni. Pur non offrendo mai la maestosa compostezza e autorità di un Burgnich (che fa il
terzino e spesso il battitore libero aggiunto, soprattutto su gioco alto), Poletti non ha aperto vuoti
particolari. Solo che mi pare in difficoltà nel captare le intenzioni dei compagni: non è legato
insomma al blocco.

FACCHETTI 7 — In 90 minuti gli sono toccati tre avversari di caratteristiche diverse: per un
tempo, il tornante Balmer, molto movimento, ma poco scatto; per altri 20 minuti Jeandupeux, dai
capelli « alla Ferrante », molto rapido nei dribbling e nel tiro; per gli ultimi 25 minuti Vuilleumier,
coinvolto nel calo netto della squadra. Facchetti s’è adeguato sempre con estrema facilità. In
appoggio, discreto.

JULIANO 4 — L’attenuante per un match pedalato a vuoto mi pare questa: Juliano è mezz’ala,
non mediano. Nel passato il giocatore ribadì spesso di non poter interpretare quest’ultimo ruolo al
massimo. Fra l’altro, gli è toccato Blaettler che gioca sulla trequarti e, con una falcata dritta, da
longilineo, scatta a rete per vocazione. In 45 minuti non è riuscito a Juliano un tackle che sia uno:
esempio solare sul gol, con lo svizzero che in impantana a terra e va a concludere.

FERRANTE 6 — Dopo un quarto d’ora di riscaldamento robusto, entra in campo con petto e
zazzera nibelungica. L’Italia andava in forcing e la Svizzera calava atleticamente: al battitore libero
di Pesaola non restava che partecipare da offensivista.

NICCOLAI 7 — Stopper centrale su Künzli che ha giocato l’intera partita nonostante fosse stato
annunciato in staffetta con Jeandupeux. Niccolai l’ho visto innalzarsi in mischie d’area con notevoli
zuccate. Qualche volta ha pure tentato un dialogo umile fuori zona. Nei tackle a terra, Künzli l’ha
però messo a disagio: sotto questo aspetto, Niccolai non vale Rosato. La Nazionale comunque non
soffre problemi per questa maglia.

CERA 6— Non so se (idem per Domingo) pensasse o non pensasse alla Coppa del campioni di
mercoledì prossimo. Certo che ha giocato ad un ritmo da pantofole. Nel primo tempo, come libero,
s’è barcamenato con esperienza ma senza concentrazione grintosa: facendo insomma il minimo
indispensabile. Nella ripresa, come mediano, è sempre sembrato un Didi in confronto a Juliano,
senza però entusiasmare mai: ordine molto con eccessiva lentezza e gli svizzeri si risistemavano le
marcature.

DOMENGHINI 5 — Un po’ al risparmio. E forse un po’ trascurato pure. Giocando più di punta
che nel Cagliari, qualche volta lo avrebbero dovuto cercare come ala autentica: il che non sempre
accadeva. Il Domingo m’è sembrato in ogni caso agonisticamente smorzato. Ed ha avuto jella
carogna dopo 8 minuti di ripresa. Su cross euclideo di Gori da destra, ha inzuccato giusto
sull’interno del palo, a portiere battutissimo! Il pallone gli è ritornato vicino ma diagonale: non
poteva fare di più di quanto ha tentato in spaccata. E l’azione è finita tra le maledizioni degli italiani
stipati dietro la rete.

MAZZOLA 7 — Se il voto andasse al gol e basta, dovrei dire 10 e lode. Forse la moviola
televisiva riuscirà a mostrare fotogramma per fotogramma quella sensazionale serie di palleggi (mi
sono parsi sei) e la torsione per il shoot-gol imparabile del pareggio. La valutazione prescinde da
quell’episodio. Nel primo tempo, le due uniche palle-gol furono servite da Mazzola (e sprecate da
Riva e Gori); nel secondo, ha contribuito ad allargare il forcing in posizione di ala destra. S’è
battuto sempre, con senso tattico. Solo qualche pausa.

GORI 5 — Dal momento che, nel Cagliari, stava in vetrina come protagonista, il Ct ne ha voluto
un collaudo intero, comprensivo. Risultato tutto sommato negativo. Primo tempo infatti discreto;
ripresa pasticciata, individualista cieca.

DE SISTI 6 — Non lo ritrovi ancora intero, secondo il modello utilitaristico del suo gioco.
Eppure la sua partecipazione, i suoi contrasti (spesso vinti nella zona nevralgica), la sua calma, sono
stati le uniche cose che il centrocampo italiano ha prodotto con tono dignitoso accanto a Mazzola.

RIVA 5 — Una sola volta (al 58′) l’ho visto scartare in area « alla Nordhal », cioè secondo stile
di questo atleta puro: un rimpallo sfavorevole, sul destro, gli negò il probabile gol. Per il resto,
impegno vero, sudore spremuto tutto: ma senza la solita potenza. Il ticinese Boffi (se non erro
poliziotto di professione) gli ha tappato nove palloni su dieci.