1973 aprile 26 È Juventus-Ajax la finale di Coppa
ferreo
1973 aprile 26 – E’ Juventus-Ajax la finale di Coppa
La Juve è finalista di Coppacampioni ’73! E’ un punto esclamativo
non  pleonastico  questa  volta  dal  momento  che,  nel  prestigioso
curriculum della vecchia signora, mancava non dico una vittoria di
Coppa ma perfino una finale. Questo risultato che comincia con il
cancellare  un  grave  vuoto  nella  stria  bianconera,  è  maturato  in
una  partita  difensiva  di
temperamento,  alla  quale,
nonostante l’abitudine al catenaccio nostrano, non ci capitava di
assistere da parecchio tempo.
Sul tetto della tribuna dalla quale telefono il servizio, è dipinto, su
campo  azzurro,  un  enorme  montone  bianco.
Il  Derby  ha
veramente tenuto fede questa sera al suo simbolo, sorprendendo
per la sua tenuta, visto che ha retto un passo sfrenato per almeno
settanta minuti su novanta.
La  Juve  ha  sofferto  molto  questa  partita  anche  perché  aveva
contro,  oltre  che  una  squadra  ormai  stanca,  un  arbitro
decisamente  “anglosassone”.  Un  arbitro  che  ha  inventato  molti
calci di punizione dal limite e ha dato al Derby un calcio di rigore a
mio avviso graziosamente donato.
Per tutto il match la Juve non è riuscita oltretutto ad alleggerire la
pressione,  visto  che,  nonostante  l’assenza  di  McFarland  (lo
stopper della Nazionale), Altafini ha incontrato gravi difficoltà nel
liberarsi  a  rete  e  nel  fare  coppia  con  Anastasi.  Dopo  il  3  a  1  di
Torino, il match difensivo era d’altra parte scontato e lo 0 a 0, se
non incanta tecnicamente, dà alla Juve una patente di carattere
che fa enormemente sperare anche per Balgrado, il 30 maggio, il
giorno  della  finale.  Dopo  la  rimonta  di  Budapest  e  quest’ultimo
rabbioso  biglietto  da  visita,  tutto  è  possibile  per  la  squadra  di
Boniperti.
Racconto ora tutta la partita minuto per minuto, in cronaca diretta.
Dopo  il  vento  e  la  pioggia  di  ieri,  questa  è  una  dolce  sera  di
primavera,  con  il  sole  ancora  alto  sullo  stadio  quando  la  Juve
esce  sul  prato  per  un  quarto  d’ora  di  footing  preparatorio,
esattamente  alla  moda  degli
la  buona
giornata, il terreno è pesante, dotato di erba soltanto sulle fasce
laterali. Il pallone rimbalza come una palla di stracci. L’acqua non
si vede ma il terreno ne è imbottito.
Il Derby propone subito un forcing da mettersi le mani sui capelli.
Oltretutto, l’arbitro portoghese non consente la minima licenza ai
difensori della Juve: e concede al Derby pericolosissime punizioni 
inglesi. Nonostante
dal  limite  dell’area.  Punizioni  più  di  una  volta  assolutamente
“casalinghe”.
Il  più  alto  degli  inglesi  è  il  centravanti  Davies,  che  non  giocò  a
Torino. Viene, come previsto, marcato da Morini. Spinosi si dedica
ancora all’agile Hector che, con tre gol nelle ultime due partite di
Coppa,  è  un  po’  l’Altafini  del  Derby.  Un  ruolo  tatticamente
fondamentale tocca a Cuccureddu, dedicato a Hinton, il crossista
per le due punte centrali.
La  Juve  è  tutta  rattrappita  in  area.  Aveva  confessato  stanotte
Boniperti: “Gli inglesi mi hanno sempre fatto soffrire”. Giocatore
ieri, presidente oggi, la solfa non è cambiata con Boniperti.
In mezz’ora, Zoff toglie dai pali due destri paurosi dei due terzini,
tanto per intenderci. Cuccureddu sventa un gol in acrobazia alla
Carletto  Parola.  Ma,  soprattutto,  ogni  azione  del  Derby  è  una
autentica  randellata,  con  furore  da  mozzare  il  fiato,  con  ogni
pallone  masticato  con  rabbia,  possibilmente  di  prima,  in  un
terreno da campetto di periferia.
In  queste  condizioni  (mentre  scrivo  mi  domando  quanto  potrà
durare  il  ritmo  dei  “montoni”)  la  Juve  non  riesce  non  dico  ad
andare  via  in  contropiede,  ma  nemmeno  a  pensarlo.  I  difensori
bianconeri  sembrano  tutti  lottatori  di  catch,  con  gambe  e  testa
attorcigliate,  nella  sola  intenzione  di  scagliare  il  pallone  il  più
lontano possibile o, almeno, fuori area.
Per trentacinque minuti il portiere del Derby non tocca un pallone
che sia uno. Tutto il potenziale della Juve si riduce infatti a due
cross di Ananstasi da sinistra, con Altafini sempre leggermente in
ritardo. Il vecchio leone brasiliano fiuta odore di gol soltanto una
volta, ma quest’arbitro sfacciatamente pro-Derby annulla l’azione.
Guardo il cronometro, è il 38′. Causio scatta in contropiede sulla
metacampo: Causio e Altafini sono soli, con un unico difensore.
Todd  dà  una  botta  carogna  al  fianco  di  Causio  che  cade
riuscendo però a lanciare Altafini: sarebbe regola del vantaggio da
manuale  e  ad  Altafini  non  resterebbero  che  trenta  metri  in
solitudine verso il portiere e, probabilmente, verso il gol. L’arbitro
invece  ferma  tutto  e  concede  alla  Juve  un’inutile  calcio  di
punizione.
In questo periodo, nella Juve va segnalata soprattutto la grande
calma. Rari gesti di protesta, un intelligente senso di disciplina.
Negli  ultimi  dieci  minuti  del  primo  tempo  il  Derby  paga  la  lunga
accelerazione. Sugli occhi di qualche giocatore scende la nebbia:
i triangoli del Derby si interrompono sempre più frequentemente 
sui piedi dei difensori bianconeri. la Vecchia Signora ottiene così il
maximum consentitole da un primo tempo forsennato: cioè lo zero
a  zero.  Le  migliaia  di  italiani  presenti  si  dedicano  a  un  sorso  di
whisky: visto che si tratta di un vasodilatatore, le coronarie del tifo
nostrano  ne  hanno  proprio  bisogno.  Personalmente,  temo  assai
l’arbitro (oltre al doping) anche perché questo disinvolto signore
portoghese  sembra  non  accorgersi  delle  continue  provocazioni
che  Morini  subisce  dal  centravanti  Davies,  attaccabrighe  di
caratura internazionale.
Quando  le  squadre  rientrano  in  campo  c’è  una  sola  variante:  è
uscito Powell, sostituito da Durban. Il Derby cerca evidentemente
forze  fresche  per  riprovare  il  proprio  forcing.  E  ci  riesce.
Nonostante la colossale fatica gli inglesi ripartono a testa bassa,
come  fossero  ai  primi  minuti  di  gioco.  Ora  l’area  di  rigore  della
Juve ritorna a diventare una piazza incandescente.
Davanti  a  Zoff,  i  quattro  difensori  della  Juve  sono  però  questa
sera  straordinariamente  in  palla:  soprattutto  i  tackles  sono
vigorosi,  rapidi,  senza  la  minima  incertezza.  Trovo  migliorato
rispetto  alle  recenti  prestazioni  anche  Spinosi,  nonostante  un
periodo  per  lui  difficile,  sottoposto  com’è  a  molte  critiche.  A  lui
tocca di sopportare la più casalinga delle decisioni dell’arbitro.
E l’11’ esatto. Hector entra in area dalla posizione di ala sinistra e
va  giù  sul  fondo  per  crossare  al  centro:  Spinosi  gli  è  proprio  di
fronte e allunga la gamba destra tentando di deviare il pallone in
corner.  Hector  però  anticipa  il  tocco  e  la  gamba  di  Spinosi
colpisce  lievemente  la  tibia  del  giocatore,  senza  sgambettarlo,
con tackle assolutamente sprovvisto di dolo. Hector abbozza un
piccolo tuffo in area, ma senza gran convinzione. L’arbitro invece
allunga il braccio e indica il dischetto. Un calcio di rigore che a
mio avviso non esiste, un autentico regalo, come avevamo temuto
fin dai primi minuti del match. Se la Juve in questo momento va
sull’1  a  0,  il  passaggio  alla  semifinale  potrebbe  diventare,  in  un
clima furente, assai problematico, visto che al Derby basterebbe il
secondo gol, cioè un 2 a 0. Ma la Juve, pur osteggiata dall’arbitro,
è  fortunata.  Alla  battuta  va  infatti  l’ala  sinistra  Hinton.  Per  quasi
un’ora l’ho visto crossare e manovrare molto bene con il mancino,
ma  batte  il  rigore  di  destro:  il  tiro  è  di  quelli  pensati,  non  una
bomba.  Ma  la  battuta,  di  interno  destro  è  molto  allargata:  il
penalty esce sul fondo, tra il raccapriccio del pubblico inglese. I
difensori  della  Juve  si  battono  grandi  pacche  sulle  spalle,
liberato  da
qualcuno  mette 
le mani sui capelli, come
un’ossessione.  Sullo  slancio  dello  scampato  pericolo,  la  Juve
potrebbe anche andare in gol, approfittando dello choc del Derby.
ma  il  contropiede  Causio-Altafini  viene  banalmente  sprecato.  Il
Derby, d’altra parte, ha un’ultima impennata dinamica e si avventa
ancora verso Zoff.
L’aggressività  e  il  ritmo  degli  inglesi  sono  in  questo  senso
ammirevoli, e confermano la grande tradizione del football inglese.
A  rovinare  invece  la  reputazione  di  questa  squadra,  ci  pensa  il
centravanti Davies, dopo infinite provocazioni verso Morini. Al 18′,
infatti, questo rissoso centravanti, impotente nel mettere in rete il
gol,  vi  spedisce  brutalmente  con  un  calcio  e  una  spinta  Morini,
che  pure  non  è  una  signorina.  Il  fallo  è  plateale,  come  avrà
sicuramente mostrato la televisione: l’arbitro è a qualche metro e
non  può  che  espellere  il  giocatore.  Davies  abbandona  a  testa
bassa il campo ed è in questo momento veramente il simbolo di
una squadra che sta sparendo dalla Coppa Campioni.
La Juve ora gioca in vantaggio di un uomo e si sente vicinissima
alla finale di Belgrado. Undici contro dieci, non diventa perciò un
grande problema lo stiramento che colpisce Cuccureddu, verso la
metà  della  ripresa.  Vycpalek,  per  estrema  prudenza,  non
sostituisce  Cuccureddu  con  un  attaccante,  ma  con  un  altro
difensore:  Longobucco,  terzino  d’attacco,  assai  somigliante  in
questo senso a Cuccureddu. Il Derby ora capisce veramente che
la sua avventura di Coppa è finita, tra la somma indifferenza della
stampa  londinese.  Anastasi  manovra  due  grandi  palle-gol:  non
conclude in rete, una volta perché la sua battuta è imprecisa, una
volta  perché  il  controllo  di  palla  gli  esce  troppo  lungo.  Per  una
trattenuta di mano, anche Altafini viene ammonito. Le migliaia di
italiani  estraggono  già,  mentre  il  cronometro  quasi  chiude  la
partita,  tutte  le  bandiere  e  i  distintivi  possibili.  E  Zoff  chiude  il
panorama tecnico di questa semifinale con un ultimo intervento di
classe che nega perfino l’1 a 0 a McGovern.
Ora è proprio finita. Le agenzie di viaggio stanno già buttando giù
in  tribuna  stampa  i  programmi  per  la  trasferta  a  Belgrado.  La
sudatissima finale è ora veramente conquistata.