1972 agosto 26 La fiaccola accende l’Olimpiade

1972 agosto 26 – La fiaccola accende l’ Olimpiade

Tra poche ore Monaco esporrà il cartello: “ completo ”. Gli ultimi dei quattromila giornalisti
affollano i banchi dell’accredito. Al villaggio degli atleti mancano poche delegazioni, mentre gli
alzabandiera fanno la coda: il più recente, oggi pomeriggio, è stato quello del Vietnam.
Si vaga nel cocktail umano più miscelato del mondo. Un jet Usa ha sbarcato stamattina il
comandante della missione Apollo 13, James Lovell, che è anche consigliere di Nixon per
l’educazione fisica. Un’ora dopo rappresentanti di tutte le comunità religiose pregavano sul
monumento ai caduti del famigerato lager di Dachau, a pochi chilometri da Monaco.
Alle 19, la fiaccola della ventesima Olimpiade è giunta a Konigplatz, antico foyer dei principi
bavaresi. L’hanno salutata il folklore di 85 studenti di Guadalajara e i sassofoni di 100 teenagers
canadesi. La fiaccola sta bruciando al Maximilianeum, sulle rive dell’Isar. Resterà li fino a domani.
Domani infatti, alle 16.40 spaccate, dovrà entrare all’Olympiastadiom. Il count down è terminato.
Domani sarà già Olimpiade.
Si pettegola che Monaco, i suoi abitanti, sia indifferente se non addirittura ostile alla marea dello
sport. La mia impressione è diversa. Nonostante le tasse maggiorate e il caro prezzi nei generi di più
diffuso consumo, la “ polis ” partecipa, si sente coinvolta, e protagonista. Gli scontenti sono la razza
più numerosa nel secolo in cui viviamo. Ma la Monaco più riflessiva sa che, passato il tornado
olimpico, la città ritroverà con qualcosa in più, soprattutto sul piano dei servizi.
Basti pensare alla stupenda metropolitana inaugurata il primo maggio. Basti pensare a Marienplatz
trasformata da due mesi in isola pedonale, dove, alle 11 e alle 21 di ogni giorno, puoi finalmente
osservare nel silenzio strappato alla motorizzazione il delicato girotondo dell’orologio vivente.
Tutte le facciate sono state ripulite e la Rathaus medioevale mostra calce ancora fresca.
Gli ottantamila biglietti per la cerimonia d’apertura sono esauriti da un pezzo e si calcola che
soltanto il 15% sia in possesso degli stranieri. Grossi quantitativi sono stati razziati dai bagarini che
ora dettano, proprio nei dintorni del municipio, prezzi da strozzinaggio. Nelle trasferte per il
football m’è capitato d’incontrare bagarini italiani, soprattutto napoletani, ovunque, da Berlino per l’
Inter a Città del Messico per la nazionale. Qui a Monaco. Per la prima volta i tedeschi, soprattutto i
bavaresi del nord, hanno rubato il mestiere alla fantasia e alla fame dei latini: nasce il “bagarinaggio
biondo” ed anche questo diventa segno dei tempi.
I prezzi dei biglietti per l’ “ apertura ” vanno da un minimo di 20 marchi ( posti in piedi) a un
massimo di 100 ( poltronissime): cioè da 2.700 lire a 18.500. Un posto a sedere costa 40 marchi,
che sono 7.400. Ebbene, questi ultimi biglietti vengono comodamente venduti dai bagarini a
centomilalire! Le poltronissime hanno toccato la quota di duecentocinquantamila. Se non avessi
controllato personalmente, non ci avrei creduto mai. E questa sarebbe indifferenza? A parte la
cerimonia di domani, i biglietti più prenotati sono quelli per le finali del nuoto, della boxe e del
calcio: il prezzo medio s’aggira sulle diecimila lire. Si dà poi per scontato il boom legato al football
dei tedeschi occidentali, ma nessuno avrebbe supposto il “ tutto esaurito ” per domenica prossima
alle 15 quando, allo stadio olimpico la Germania giocherà contro la…Malesia.
Abituata a ricevere cinque milioni di visitatori per l’Oktoberfest, Monaco ( e non soltanto l’Olimpia
park) è oggi una invadente schiuma bianca, stordente e godereccia come la sua birra. A Schwabing,
quartier d’artisti, studenti e locali notturni, sono apparsi ieri sera gruppetti di soldati sia pure
disarmati: evidentemente il tasso alcolico è a livello di guardia ed esige servizio di pattuglia.
Monaco ha rifatto anche i negozi. Accanto al market, offre ora boutiques che a Milano si trovano
soltanto a Monte Napoleone. C’è stato l’assalto dei francesi, la cui vera “ force de frappe ” si chiama
Dior, Saint-laurent, Hourdan, Hermes, tutti con proprie vetrine e con gli stessi prezzi di Parigi.
Givenchy, Hic-Mac e Cartier fanno invece uno sconto del 20%. Courreges ( cha ha disegnato i
costumi delle hostess) ha aperto in Maximiliamplatz proprio un mese e mezzo fa. Il programma
culturale, intanto s’intensifica. Ieri sera, hanno replicato il Gianni Schicchi di Puccini, mentre il
teatro offriva “ Troilo e Cressida ” di Shakespeare.
Tra una settimana è previsto l’arrivo delle compagnia della Scala, per l’Aida.

Monaco e l’Olimpya park sono due cosmi a sé. Eppure a poche ore dai Giochi, il travaso
emozionale, tra costume e sport, si fa sempre più denso, soprattutto quando s’affronta l’argomento
razziale. Su questo piano, i tedeschi sembrano aver cambiato pigmento e stanno sicuramente
all’avanguardia nel cancellare i tabù legati alle tinte della pelle.
Nei locali pubblici, l’intimità tra ariani e colored sa persino di esibizionismo, come una bandiera da
sventolare in faccia a tutti. Il primo invitato d’onore del comitato organizzatore deutsch si chiama
Jesse Owens, il negro che tolse il sorriso a Hitler, nel ’36. Asiatiche e sudamericane sono numerose
tra le hostess accreditate. E la stampa tedesca suona quotidianamente il tam-tam dell’anti-razzismo.
Un ottimo numero speciale del “ Bild ” dedicato alle Olimpiadi, reca in copertina l’abbraccio,
guancia a guancia, di una bionda tedesca e di una negra africana. La dicitura dice: “ “Un’immagine
distruttrice della grande menzogna dello sport ”. La menzogna razzista s’intende.
Non è un mistero, oltretutto, il peso che ebbe l’apparato tedesco sull’esclusione della Rhodesia:
quello che fu opportunista baratto tra “ deboli ” ( 47 atleti rhodesiani) e “ forti ” ( un migliaio di
colored), fu anche scelta politica, interesse a non turbare nulla: né il presente dei Giochi né il futuro
delle commercialissime relazioni con 43 paesi anti-Rhodesia.
Il vaiolo della politica non ha mai scavato tanto come a Monaco, e mi risulta che la stessa elezione
di Lord Killanin alla presidenza del Cio sia stata determinata da un vero e proprio “ accordo di
stato” realizzato dal Foreign Office per catturare i fondamentali nove voti dei sovietici.
Come prima dichiarazione dei suoi otto anni di gestione, Killanin fece quasi autobiografia “ mai
come ora la nostra autonomia sportiva è in pericolo ”.
Gli africani ridono sempre, salutano con l’indice e il pollice della mano destra, per dire “ victory ”,
come se il marcio del mondo e dell’Olimpiade fosse stato tutto dentro le casacche di Salisbury.
Dopo aver rischiato d’essere la “ Olimpiade dei bianchi ”, ora Monaco si propone quasi non perciò
meno sporco. In Rhodesia mezzo milione di bianchi opprime cinque milioni di negri, ma in Uganda
il Presidente Idi Amine caccia gli indiani e in Urss l’esodo degli ebrei viene sottoposto a quote di
riscatto, come una taglia sul proprio sangue.
La Rhodesia non sfilerà domani, nemmeno truccata da colonia inglese: Monaco ’72 non può
comunque illudersi di essersi rifatta una verginità. Accanto a Marienplatz, c’è il duomo, la cui
facciata s’allunga in due altissime torri. Un detto consiglia: “ Alla gente di Monaco, non chiedere
mai perchè una torre è alta 100 metri e l’altra 99 ”. Ciò per dire che i bavaresi del sud vivono senza
fissarsi, scivolano sulle cose, non hanno la mania della “ precisione ” tipica alla cultura tedesca.
Forse è proprio l’assenza di “ precisione morale ”, una sorta di smemoratezza, l’atteggiamento che
più si addice alla fiaccola, domani. Una fiaccola che brucerà records e illusioni.