1967 novembre 3 Nielsen: “Vincere per ridare fiducia a me e a tutta l’Inter”
1967 novembre 3
Nielsen “Vincere per ridare fiducia a me e a tutta l’Inter”
MILANO, 2 novembre
Per averlo Gioachino Lauro offerse cinquecentocinquanta milioni. L’Inter duecentocinquanta, ma
vi aggiunse Guarneri. Con uno stopper e un quarto di miliardo, l’Inter ottenne quello che voleva:
Harald Nielsen. Il ciclo del danese era chiuso a Bologna. Un giorno d’estate s’incontrarono Allodi,
Viani e il presidente del Lecco Ceppi: Clerici al Bologna via Inter e Viani si impegna sulla parola a
dare Nielsen all’Inter. Diciannove milioni lo aveva pagato Renato Dall’Ara nel 1961: giocava nel
Frederikshawn, ma i milioni li prese Nielsen non la società, mancando in Danimarca il « vincolo ».
Sette anni dopo, Guarneri più un quarto di miliardo.  
Fotografato,  intervistato,  osannato,  attesissimo.  Va  in  tournée  in  America:  «  Formidabile!  »,
dichiara  Herrera.  Ritorna  in  Italia.  Le  amichevoli,  le  prime  difficoltà,  il  Trofeo  Dall’Ara:  Clerici
segna,  Nielsen  no.  Poi  il  campionato:  una  partita  deludente  con  la  Roma,  una  botta  alla  coscia
contro il Mantova. Rientra a Bergamo, segna il suo primo e inutile gol nerazzurro su passaggio di
Corso ma l’Inter è in crisi. E lui con l’Inter. Salta il derby, salta Varese: boicottaggio di Herrera? La
fine  di  Vinicio?  No,  l’infortunio  ha  aggravato  la  mancanza  di  condizione.  Le  polemiche
sull’acquisto già si scatenano.  
Ma domenica è Bologna, domenica è Haller, Carniglia, Clerici, Viani. Domenica Harald Nielsen
c’è tutto, da diciannove milioni di Dall’Ara ai 550 di Lauro: c’è soprattutto il Nielsen di domani,
quello che Moratti, Herrera e il pubblico aspettano.
« Come stai fisicamente? », gli abbiamo chiesto.
«  Molto  bene,  sono  veramente  tranquillo.  Qui  stamattina,  poi,  ho  fatto  venti  minuti  di 
allenamento sparato che mi hanno entusiasmato ».
« L’altro giorno con la De Martino sembravi legato ».
« Guarda, all’inizio sono andato via bene due volte: ho dato una palla a D’Amato e poi mi hanno
atterrato molto male. Allora sono stato un po’ attento, sai, i ragazzini vanno a fondo, picchiano e tu
rischi di farti male per nulla: quindi ho voluto solo correre senza entrare nella mischia! Pensavo già
al Bologna… ».  
« E’ importante per te? ».
«  Per  tutta  la  squadra!  Una  vittoria  dà  fiducia  e  fa  rientrare  l’Inter  nel  suo  ritmo  abituale.  E’
importante per questo e anche per me, perchè entrando in una squadra che va un po’ male, ho, sì, un
rischio, ma soprattutto un’occasione: di essere io a far ritornare la fiducia! ».  
« Ma non ti fa un effetto particolare? »
« Le cose sentimentali non contano: adesso io sono dell’Inter ».
« Sei un emotivo? ».
« Sento molto tutte le partite, mi mettono addosso una certa tensione, ma adesso sono abbastanza 
tranquillo ».
« Ci sarà Haller: cosa ricordi della polemica con lui? ».
« Era una polemica tirata, portata più in su di quello che era veramente. Quando la squadra non
andava, c’era ormai l’abitudine di mettere lite tra noi due! E questo non è logico, perchè, anche se
come amici non andavamo d’accordo, questo non vuol dire che in campo giocassimo uno contro
l’altro! Ognuno faceva il suo gioco meglio che poteva: poi sono andato via io, anche se sembrava
che… volesse andar via lui! ».  
« E andò Clerici al posto tuo ».
« Io credo che Clerici vada bene, ma non è facile fare gol al giorno d’oggi e soprattutto fare il
centravanti nel Bologna è una cosa particolare; là non si può aspettare il pallone, là bisogna sempre
lavorare  senza  pallone,  correre  a  destra  e  a  sinistra.  Clerici,  invece,  ha  bisogno  di  distribuirlo  il
pallone, di giocarlo e allora si trova in un altro sistema di gioco ».  
« Il gioco di Carniglia: saluterai il tuo vecchio allenatore domenica a San Siro? »
«  Mia  madre  mi  ha  insegnato  fin  da  bambino  che  il  saluto  è  un  simbolo  di  educazione:  io
saluterò  quindi  Carniglia,  ma  salutare  non  vuol  dire  abbracciare!  E  poi,  prima  di  venir  via  da
Bologna, lui mi ha salutato. Sai, nel nostro ambiente, con tutto quello che succede, io i miei pensieri
li tengo per me. E’ meglio star zitti ».  
« Come ricordi il tuo ultimo anno al Bologna? »
« Mah, avevo cominciato bene, poi in primavera ho avuto un calo. La squadra non lottava più
per lo scudetto e si cominciava a parlare di trasferimenti: un giorno via l’allenatore, un giorno via io,
un giorno via Haller, un giorno via un altro. Così, ognuno al posto suo, cercava di mettersi in luce
per sé e non guardava più la squadra ».  
« Ti senti addosso la responsabilità di costare duecentocinquanta milioni più Guarneri? »
« E’ un brutto sentire, ma io sapevo già che la prima cosa che potevano dire contro era questa: è
come quando uno ti ricorda che ti ha fatto un regalo. D’altra parte l’Inter mi ha preso per le mie
caratteristiche da centravanti che valga cinque o cinquecento milioni è la stessa cosa ».  
« Senti, che succede domenica? »
« Bisogna stare attenti al Bologna, perchè ha sempre avuto questa caratteristica: di perdere una
partita facile, una partita già vinta, ma di non deludere mai nei grandi incontri. Questo, poi, è un
Bologna da scudetto… »  
« Così, su un piano generale, hai trovato molto diversi Inter e Bologna? »
« Ci sono differenze enormi, sotto molti punti di vista, ma io vedo le cose dall’interno e quindi 
preferisco tacere ».
     «  Perchè  credi  che  un  gruppo  di  bolognesi,  il  Vichingo  Club,  continui  a  seguirti  anche  sotto
maglia… interista? »
     « Quando sono arrivato io in Italia, il Bologna ha vinto tutto ed lo ero il capocannoniere. I tifosi
hanno trovato in me un idolo, come lo era stato una volta Schiavio. Per questo mi seguono e questa
è  la  cosa  che  più  mi  fa  piacere  al  mondo,  non  solo  come  giocatore,  ma  soprattutto  come  uomo,
perchè significa che mi stimano ».  
« Se l’Inter vince uno a zero e il gol è tuo, a chi penserai? »
« Prima all’Inter, alla squadra: mi basta che vinca, che passi la crisi, anche se non segno io. Se
poi avrò anche questa fortuna, allora mi resterà qualcosa anche per il mio egoismo e penserò, alla
fine, un po’ a tutti, a Carniglia, ad Haller, ai miei tifosi: è umano, no? ».