1970 maggio 27 La scienza del malessere

1970 maggio 27 (Il Gazzettino)

La scienza del malessere

DAL NOSTRO INVIATO
Città del Messico, 26 maggio
Scriveva recentemente Fino Fini, medico addetto alla nazionale: « Si sa che l’organismo di un
individuo, il quale abitualmente vive a bassa quota, portato ad una altitudine superiore ai 1000
metri, è costretto a modificare il suo metabolismo, cioè i suoi processi vitali alla minore tensione
dell’ossigeno nell’aria e alla notevole difficoltà con il quale viene captato dai globuli rossi. Nel corso
dei miei esperimenti personali e delle constatazioni effettuate a livello dei componenti la comitiva
azzurra che in Messico (due anni fa, n.d.r.) vinse contro la nazionale messicana e pareggiò nel
secondo incontro a distanza di due giorni, non ho mai riscontrato “senso di malessere” o “sensazioni
di affanno”. Il recupero allo sforzo diventa leggermente più difficile e richiede un tempo maggiore.
In previsione di ciò ritengo sarà utile non far svolgere un lavoro particolarmente impegnativo nelle
immediate vicinanze degli incontri, bensì basare gli esercizi sulla destrezza e la velocità più che
sulla resistenza e la potenza ».

L’altro giorno a Toluca, dopo una settimana di permanenza in Messico, gli azzurri hanno stilato
la prima cartella clinica dell’assuefazione. Domani e sabato, in due partite di allenamento contro il
Club America, del quale è presidente Candeo, l’Artemio Franchi del calcio messicano, lo staff
italiano potrà fare un punto quasi conclusivo. Non si tratterà di due match « ufficiali » perchè il
regolamento della Coppa Rimet non li consente più: ma ciononostante appuntamenti di grande
interesse, per la formazione anti-Svezia e per lo stato psicofisico dei giocatori.

Si può già fare un punto probabile sull’assuefazione?
Riva, a Toluca, ha provato i 90 minuti e ne ha tratto questa conclusione ottimistica: « Ho
rischiato d’imballarmi anch’io dopo i primi scatti a ruota libera. Ma, alla lunga, è andata sempre
meglio: anzi, nel secondo tempo mi sono sentito come liberato. Ho scattato ripetutamente
recuperando senza drammi ». Evidentemente una settimana di training in « altitud » è servita a
smussare certa allergia, perché ricordo che la prima esperienza messicana di Gigi Riva fu difficile:
« Mi sembrava — aveva confessato due anni fa — che il petto mi scoppiasse, mentre le tempie
battevano come tamburi ».

Facchetti, studioso di medicina dell’atleta, controlla cronometricamente ogni reazione.
Stamattina ho parlato con lui mentre passeggiava nei viali di quella specie di « buen retiro » che
sembra essere diventato l’Hotel Parco dei Principi. Un ritiro che non assomiglia nemmeno
lontanamente al « convento » di Durham, nel 1966. Allora, si trattava di una scuola di agricoltura,
con l’aria del refettorio, camere anonime e una sala-stampa con vetrine piene di gufi impagliati.
Fuori c’era molto verde e molto silenzio. Qui? E’ tutto tipico e pieno di colore: il selciato a sassi
naturali, la piscina nel prato, le stanze fresche, molti fiori con azalee che ho visto tanto intense solo
a Città del Messico.

Facchetti mi spiega le sue reazioni all’altitudine: « Dopo qualche scatto robusto ti senti come un
qualcosa che opprime proprio qui al centro del petto. Vorresti riuscire a respirare profondamente, ad
aprire il petto insomma, ma non puoi ».

— Allora che si fa?
« Bisogna cercare di ridurre al minimo questo handicap perchè è chiaro che nessuno riuscirà ad

eliminarlo completamente ».

— Qual è la tua tesi? Lo “stop-go”, fermati e scatta, degli inglesi o il “quick-quick-slow”, cioè

una specie di trotto regolare e dolce suggerito dagli specialisti degli altipiani?

« Io sono per la prima soluzione, ma temperata. Non direi insomma che occorra fermarsi
veramente. Io cerco, dopo uno scatto, di rallentare molto in “souplesse”, in maniera da fare un certo
rifornimento di ossigeno. Credo sia la strada giusta almeno per il mio fisico ».

— A Toluca giocherete sicuramente due volte: l’esperienza è stata particolare in riferimento a

Città del Messico oppure no?

« Direi di sì. Prima di andare a Toluca avevo parlato con i nazionali messicani ed anche loro mi
avevano avvertito che i 400 metri in più di Toluca si fanno sentire. I giocatori messicani dicono
addirittura che sarà diverso il clima da zona a zona di Città del Messico: tanto per dire, qui in ritiro
non respiriamo alle stesse condizioni che allo stadio Azteca. Loro stessi mi hanno consigliato di non
forzare nei primi minuti contro la Svezia: e se battiamo gli svedesi, siamo a posto… ».

Burgnich sostiene che il tempo di recupero deve essere alto: « Fai uno sforzo e per riprenderti
hai bisogno di un minuto. Tutta la storia dell’altitudine sta qui. E non ci sono santi, ma dico anche
che non bisogna preoccuparsi eccessivamente: proprio ieri abbiamo visto che i risultati di altri
incontri amichevoli non sono stati molto brillanti, eccetto che per il Brasile. Stiamo tranquilli, è un
problema di tutti, non solo nostro ».

— Non per messicani e peruviani…
« Certo. Vanno avanti con il loro trin-trin, trin-trin respirano come a… casa propria ».
Rivera, che sta assieme a Burgnich, aggiunge: « Il fiatone lo sento nei primi minuti: poi

miglioro ».

Un giornalista messicano gli dice: « La Svezia è un paese nordico, quindi io credo che soffrirà

l’altitudine più di tutti nel vostro girone ».

Rivera: « Se facciamo un riferimento al calore, può essere vero. Ma, quanto all’altitudine, non

credo che la Svezia soffrirà più di noi: è il livello sul mare che conta, non il nord o il sud ».

Un altro giornalista, inglese, domanda a Rivera: « In queste condizioni, lei crede siano più

potenti gli inglesi o i tedeschi? ».

Rivera: « Li metto sullo stesso piano ». Il giornalista insiste e vorrebbe fargli dire che più potenti

saranno gli inglesi. Rivera ribatte ancora: « No. Secondo me sono uguali ».

Un effetto dell’altitudine è la rarefazione dell’aria e quindi la minor resistenza al pallone. Un
quotidiano inglese riportava proprio ieri un’intervista al portiere Gordon Banks: « Io sono
veramente terrorizzato, — sosteneva Banks — dalla velocità dei tiri. C’è una grande differenza e
bisognerà allenarsi molto per fare un po’ d’occhio ». Lo stesso Zoff, incerto almeno due volte a
Toluca, ha mostrato un certo disagio. La testimonianza viene anche dai messicani che funzionarono
da “sparring-partners”: loro calciavano a rete da 40-45 metri con frequenza. Ho chiesto a Rivera le
sue impressioni su un aspetto marginale ma importante, soprattutto per il sinistro di… Riva:
« Quando la traiettoria del tiro è alta — spiega Rivera — la differenza c’è e si cede per la rapidità
con cui viaggia e scende il pallone. Per i tiri rasoterra, non c’è invece nessuna differenza… Anzi
vorrei dire che i tappeti erbosi altissimi usati qui in Messico tendono a rallentare un passaggio o un
tiro a terra ».

Bobo Gori e Bobo Boninsegna sono gli ultimi due ai quali chiedo notizie sull’altitudine. Gori sta
in costume da bagno, è di ottimo umore e porta al collo uno strano amuleto d’oro: « Mi sento bene,
dice, non soffro particolarmente per la respirazione ». Gori è intelligente e preparato: l’ha talmente
cercata e sofferta questa convocazione messicana che ne ricavo quasi l’impressione di una
dichiarazione prudente. Perchè non ci sia proprio nulla che mossa turbare la sua disponibilità alla

formazione-titolare. Boninsegna tiene barba lunga e una cera lugubre. Qualcuno gli dice: « Sei
andato fortissimo e non hai fatto fatica ». Lui ribatte: « No. Fatica ne ho fatta molta soprattutto nei
primi dieci minuti ».

Aggiungo: — M’è quasi sembrato che sui primi due scatti tu abbia rischiato di… restarci secco.

Ti sei portato le mani ai fianchi per respirare: è così?

« Sì, è così: quegli scatti a freddo sono da matto a 2700 metri. Questo l’ho imparato ».
In conclusione i primi test d’altura suggeriscono soprattutto due dati:
1) il momento critico sta all’inizio;
2) occorre graduare subito il ritmo;
3) come ha precisato Facchetti « bisogna passare molto la palla evitando i dribbling, in maniera

da consentire a tutti preziosissime pause per l’ossigenazione »;

maximum.

4) la concentrazione dei portieri, data la maggiore velocità del pallone, dovrà toccare il

Sopra i 2000 metri anche il football diventa una scienza. La scienza del malessere.