1970 maggio 18 Valcareggi deve evitare ogni psicosi

1970 maggio 18 (Il Gazzettino)

Valcareggi deve evitare ogni psicosi

Una notizia di questi giorni: « Circa 700 studenti e operai hanno manifestato Città del Messico
bruciando bandiere americane, lanciando slogan contro gli Stati Uniti e minacciando di turbare lo
svolgimento dei campionati mondiali di calcio che saranno disputati in Messico a partire dal 31
maggio prossimo, con manifestazioni di piazza simili a quelle che degenerarono in sanguinosi
scontri prima delle Olimpiadi dì Città del Messico, nel 1968. Il dirigente di un movimento
studentesco ha dichiarato: abbiamo atteso il momento giusto per esprimere la nostra protesta; questo
momento è quello attuale, mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati ancora una volta sul
Messico per i Mondiali di calcio ».

Le Coppa Rimet come strumento per moltiplicare il volume propagandistico di una protesta che
con il football non ha parentela. E’ accaduto ancora. E la paura si rinnova. Paura dell’extra-sportivo,
di atmosfere anormali, di situazioni privilegiate per la Nazionale X ma turbative per la Nazionale Y.
D’altra parte, negli anni ’70, la vita della « polis » appare troppo comprensiva, unitaria e
interscambiabile perchè possa tollerare zone franche. Perciò, il Governo Olimpico caccia il Sud
Africa per « apartheid » mentre la Cambogia rischia di coinvolgere i mondiali di calcio. Tra politica
e sport, un cordone ombelicale sempre più solido.

La notizia da Città del Messico contribuisce in sostanza ad un quadro già eccitato sul piano
strettamente tecnico. Molte squadre hanno sopportato stress polemici. Gli scioperi e gli ultimatum
di El Salvador. La guerra dei Clan in Germania: tra Haller, Beckenbauer, Netzer. La epurazione dei
monumenti in Urss. Un sorteggio tutto manovrato dalla Fifa per evitare contatti tra Marocco e
Israele. Le faide carioca del Brasile scisso tra l’intoccabile Pelé e Tostao dalla retina incerta. Le
notti clandestine di qualche giocatore messicano costretto a ritiri lunghi e conventuali. Nessuna
Nazionale è riuscita ad evitare il contagio nervoso.

Fino alla settimana scorsa proprio l’Italia era sembrata l’Isola di Utopia. Persino tediosa nella
prudenza di Valcareggi e nell’intellettualismo di Mandelli. Tediosa persino nelle tesi giornalistiche
e di pubblico, forzatamente ancorate (dalle scelte del doppio-Ct) ad argomenti vecchi, superati:
Mazzola centravanti? Rivera e Mazzola nello stesso letto tattico? Battitore di potenza nordica, come
Ferrante, o battitore geometra, come Cera: alternativa rifatta oggi su quella di ieri, tra il
catenacciaro Picchi e il fluidificante Salvadore? Fino alla settimana, scorsa, non era proprio
accaduto nulla di men che normale nel Clan Azzurro. Ma adesso qualcosa è cambiato.

Senza voler drammatizzare, il caso-Domenghini e il kappaò-Anastasi lasciano striature evidenti.

Domingo, in vacanza a Bergamo, ha creduto nel tono confidenziale di una certa dichiarazione:
« Personalmente, preferisco Mazzola a Rivera ». Non avessimo ridotto lo sport e particolarmente il
calcio a un « gioco parlato », privo di humour, dove le interviste vengono strappate come denti
doloranti, un parere senza livore sarebbe potuto anche servire ad una chiarificazione: ho scritto
dopo Lisbona dell’isolamento di Rivera; Domingo ha reso testimonianza; i moralisti hanno
scatenato immediatamente la Santa Alleanza; Rocco ha reso il suo piagnisteo interessantissimo (è
uno stipendiato dal Milan e Rivera è uno stipendiato del Milan: giusto che Rocco faccia politica per
la sua Società). Il sigillo finale lo ha offerto Monzeglio, con un « appello alla pace azzurra ».

Eppure solo malafede e incompetenza possono rovinare sul serio la Nazionale. Non certo una
discussione critica e civile su un modulo piuttosto che su un altro. Tutti i giocatori azzurri sono
ultramilionari, coccolati, divinizzati. In Nazionale, sono assicurati e realizzeranno grandi premi-

partita. I dirigenti federali riuscirono ad insabbiare anche il dossier Lo Bello. A questo punto,
puntare il dito su quattro sillabe di Domenghini o sulla tesi tecnica di un giornalista equivale a
scaricare tutto il proprio conformismo. Conformismo che ha sempre preparato le ventennali
Caporetto del calcio italiano.

Quattro anni fa, chi aveva letteralmente inventato Fabbri lo scaricò brutalmente soltanto dopo la
Corea. Quattro anni fa, chi parlava di un « Fabbri non all’altezza della responsabilità mondiale »
passava tranquillamente per scandalista. I conformisti invece, prima del volo per Sunderland,
sostenevano a nove colonne che « la Preparazione della Nazionale è perfetta » mentre al ritorno da
Sunderland dichiaravano, sempre a nove colonne, che « la preparazione della Nazionale era
sbagliata ». Solo di tali forzature nazionalistiche, da vecchi tromboni, dobbiamo nutrire duro
sospetto.

Il tema appare importante oggi, perchè corre la sensazione che qualcuno abbia già preventivato
l’alibi di comodo per eventuali défaillance d’ambiente: colpa delle polemiche! Questa manovra
preoccupa. Non vorrei che nascondesse già una sotterranea usura del doppio-Ct, Mandelli e
Valcareggi. Mandelli, proprietario di fonderia, dirigente per hobby, piemontese, innamorato del
golf, ha conosciuto finora l’atmosfera ovattata di Coverciano. Solo la Coppa Europa ’68 funzionò da
collaudo « agonistico » ma allora si giocava in casa. Valcareggi, ora scalato al ruolo di fedele
esecutore di ordini, restò coperto dal paravento di « secondo », sia con Fabbri che con Helenio.
Valcareggi, durante i Mondiali inglesi, non parlò mai: Fabbri soffriva infatti egocentrismo. Ma di
Valcareggi ricordo una battuta storica, l’unica in venti giorni. A Durham, i ritiri di Urss e Italia si
fronteggiavano, ai due lati di una strada asfaltata. Valcareggi controllava agevolmente la
preparazione atletica dei sovietici. Un giorno, dopo parecchie sedute, osservò: « Usano sistemi
superati, noi siamo molto più avanti ». L’Urss fu quarta… nonostante la preparazione sbagliata.

Alcuni mesi fa il presidente Franchi pensò saggiamente a Rocco per l’operazione finale. Non
ebbe il coraggio di attuare l’idea per sentimentalismo: « Mandelli e Valcareggi hanno vinto la
Coppa Europa e si sono qualificati per il Messico, — mi disse Franchi a Napoli — come posso
chiamare un altro? » Mandelli e Valcareggi ci sono; hanno carta bianca. Non creino nemici che non
ci sono; perchè gli italiani hanno amore e interesse alla Nazionale. Solo se capiranno questa
umanissima verità riusciranno ad assorbire la critica civile; a non sentirsi vittime; a lavorare sul
serio e senza psicosi. San Luigi Riva veglia per tutti a patto che i managers azzurri gli conservino i
« camerieri » almeno in forma psicofisica.