1993 marzo 27 In gioco non è Segni

1993 marzo 27 – In gioco non è Segni

Pare che per i sostenitori del “No” sul referendum elettorale sia una questione di vita o di morte sapere
che cosa farà Mario Segni dopo il 18 aprile. A sentir loro, la truffa consisterebbe in questo: se Segni
non molla la Dc, i “Sì” al maggioritario favorirebbero la casamadre Dc.
Anche se ben pensato, è un trucco. Nella migliore delle ipotesi un falso problema. Il 18 aprile ha
come solo obbiettivo quello di mettere il Parlamento con le spalle al muro, costituzionalmente
obbligato a fare senza indugio una nuova legge elettorale: quella reclamata dagli italiani attraverso il
“Sì”. Il resto è chiacchiera.
In questo senso, sapere che cosa farà Segni dopo il 18 aprile è secondario. Anzi, non sposta di una
virgola la questione.
I referendum voluti da Segni sono più importanti del destino politico dello stesso Segni. Noi
cerchiamo non tanto di premiare Segni, ma di munire il nostro Paese di un sistema elettorale in grado
di far governare. A cominciare dall’economia, dal fisco, dall’occupazione, da un debito attraverso il
quale lo Stato ha esaltato il vivere di rendita sui suoi stessi interessi passivi.
Questa è la vera posta in gioco, non altra. Chi lamenta i governi deboli, la spartizione del potere, le
lottizzazioni selvagge, la pressione degli egoismi, i ricatti delle coalizioni, i veti incrociati fra i partiti
del 3%, deve sapere che il degrado della proporzionale si può bloccare seguendo l’esempio della
Francia. Stop.
Le nuove regole non sono di Segni, saranno nostre. Favoriranno non questo o quel partito, ma il
ricambio, perché nulla assomiglierà più al passato.
Gli italiani non sono poi così fessi come si tende troppe volte a far credere. I partiti – vecchi o nuovi
– che continuassero a presentare candidati compromessi, o contigui al passato o miracolosamente
scampati all’arresto, non prenderanno più voti soprattutto con l’uninominale, che privilegia la
persona.
Quanto a Segni, o lascia la Dc o conquista una Dc per la quale né i cattolici né i ceti moderati sono
più disposti a turarsi il naso. Se Segni tenterà un pasticcio con Martinazzoli, il suo fallimento politico
è matematico.
Ma questi sono affari suoi, mentre il 18 aprile riguarda o la fine del sistema o uno sbocco balcanico.