1985 novembre 12 Gol per gol, dente per dente

1985 novembre 12 – Gol per gol, dente per dente

Quando nella macabra notte di Bruxelles il football pestò la gente sotto i piedi come in autunno si
pigia l’uva nei tini, restammo in molti a scandalizzarci perché la Juve e il Liverpool avevano accettato
di giocare nonostante i cadaveri a bordocampo e perché la Juve s’era fatta bella di una coppa vinta al
macello.
Più passa il tempo e più dimostrano di aver avuto ragione, soprattutto la Juve. Poca gente ricorda,
molti asciugano in fretta a lacrima di circostanza, troppi godono nei fatti ciò che a parole dicono di
rifiutare.
Altro che spettacolo, divertimento ed evasione. La domenica del calcio assume sempre più spesso i
toni del sopruso, che richiede tutta una serie di precauzioni. Bisogna andare allo stadio parcheggiando
l’auto in un posto prudenziale. Se si ha una certa targa, meglio prendere il bus, la metropolitana o il
taxi. Si consiglia di muoversi a gruppi omogenei e di ritagliarsi sulle gradinate una riserva di caccia.
Quando sei isolato, non esibire segni riconoscibili dei tuoi gusti sportivi.
E’ vero, capita di frequente che proprio i professionisti della domenica – i calciatori – inquinino senza
ritegno il fair play, frantumandosi gambe o rischiando di farlo come s’è visto l’altro ieri a San Siro,
soltanto perché la pulsione del vincere drogata dal denaro e dal protagonismo, ne addormenta il
controllo. Chi gioca barando sulle regole può funzionare da detonatore di violenza.
Lo stesso fenomeno degenerativo può verificarsi attraverso altri strumenti. I mass-media quando
superano il livello di guardia di un’enfasi che se disciplinata, fa innocua parte del gioco. Gli arbitri
quando la pavida incapacità di alcuni incendia l’istinto nostrano alla dietrologia. I dirigenti quando
diffondono spregiudicati sospetti per scuotersi di dosso questioni indifendibili.
E’ vero, molto giusto, anche noioso come tutte le cose che l’Italia della retorica ospita a tempo
indeterminato, tra un autodafè e una mattanza, tra un mea culpa e un’assoluzione. Solo che non basta
più, e vien voglia di porsi una domanda brutale: perché mai chiedere a calciatori, dirigenti e giornali
di abbassare il volume degli stinchi, delle dichiarazioni e dei titoli se una parte non trascurabile del
pubblico che paga assomiglia a quello di Anno Domini?
Occorre decidere se vogliamo il calcio come lo concepiscono i Maradona e i Platini o se preferiamo
le vendette dei gladiatori; se crediamo che sia preferibile perdere una partita senza perdere la faccia
o vendersi a tutto per vincere. Senza risolvere questo preambolo, andrà sempre peggio, con San Siro,
povera ex-scala del calcio italiano …ridotta a pattumiera di maleducati, beoti e imbecilli d’ogni risma,
prototipo e latrina di un dogma italiano, il “gioco più bello del mondo”, travisato a Milano e altrove
da scarso senso del vivere insieme.
E’ questo che manca, il gusto delle cose. Se i giudici europei hanno costretto la Juve a giocare con lo
stadio vuoto e se un magistrato inglese ha condannato un teppista all’ergastolo, vuol dire che la cultura
si arrende e che ci si rassegna a reprimere. Gol per gol, occhio per occhio, dente per dente.