1985 novembre 18 – La grande festa tra le pietre eterne e fragili di Venezia

1985 novembre 18 – La grande festa tra le pietre eterne e fragili di Venezia

L’”Atleta d’ora” compie dieci anni. Non sono pochi, è cresciuto molto. Era nato come premio non
dico paesano, ma certamente provinciale. Metteva insieme un’azienda in cerca d’immagine, una
giuria quasi fatta in casa, una idea ancora nostrana dello sport. Non è che questo fosse meno
gratificante; però quell’”oro” al quale si richiamava sembrava sulle prime una piccola esagerazione,
qualche carato di narcisismo.
Ala lunga, anno dietro anno, di volta in volta suscitando qualcosa di nuovo, il premio ha potuto
fregiarsi dell’aggettivo “internazionale” con naturalezza, senza scandalo di nessuno, dentro un
panorama di società e di sport vistosamente cambiati.
In dieci anni è esploso il fenomeno degli sponsor; l’industria ha preso la cotta per lo sport. Lo sport
non è più quello, ha esplorato il mondo della pubblicità, del marketing, dei mass media. La stampa
sportiva è diventata un caso editoriale in cifre d’espansione. L’occhio della televisione, sempre più
perfezionato, ha esaltato nel colore la magia del gesto atletico. Nel costume generalizzato del tempo
libero, lo sport ha saputo organizzare tutti gli spazi, dal super professionismo all’evasione. Gli enti
locali hanno capito che la qualità della vita non passava tutta attraverso strade, fogne e gas, porta a
porta: l’impianto sportivo alla portata di tutti non è più relegato nell’effimero, nel lusso o nel
superfluo, appartiene alle priorità, fa campare meglio, aiuta a crescere giovani meno esposti agli
inquinamenti del progresso, consente ai meno giovani di amministrare la vita che s’allunga. I nostri
anni accelerano come dragster, ignorano la pazienza della clessidra. Dieci anni sono tanti, tantissimi,
sono bastati a farci persino sopravvivere a noi stessi nel post-industriale, e a rivoluzionare la cultura
sportiva. Dopo Asolo, dopo Castelfranco, l’atleta d’oro sceglie Venezia per i suoi dieci anni. La città
che non ha sosia né imitazioni al mondo, la città che sublima il bello perché lo dona, lo rende popolare,
lo toglie al privilegio delle esclusive. La Venezia delle suggestioni può permettersi tutto, anche di
ospitare la grande festa dello sport del mondo tra le sue pietre eterne e fragili.
Questo premio onora campioni e imprese, dieci anni di sport quindi di vita creativa. E’ nato nella
Marca Trevigiana ma oramai nessuno se ne ricorda più perché celebra il meglio degli exploit senza
frontiere. In fondo, è un prodotto del Made in Italy che – non limitandosi a sottolineare i soli record
– ricerca nell’atleta anche l’uomo, il buon esempio di sport.
A me questo premio è sempre piaciuto perché riesce miracolosamente a far prevalere la festa sul
budget, il campione sulla ditta, il valore sulla pubblicità. L’interesse c’è ma non si vede, il denaro è
l’ultimo dei suoi ospiti.