1983 Febbraio 5 Io Bearzot, il seminatore

1983 Febbraio 5 – Io Bearzot, il seminatore

Mi legge il telegramma del “pentito” Giorgio Tosatti, presidente dei giornalisti sportivi:
“Complimenti per il premio, sia pure tardivo”. Nel 1979 si sostenne che un Ct non può “seminare”
bensì raccogliere il meglio del lavoro altrui. Nel 1983 hanno cambiato opinione: Enzo Bearzot si
fregia da poche ore del titolo di “Seminatore”. In sette anni di nazionale ha fatto crescere uno stile.
-Significa qualcosa per te?
“E’ un importante traguardo professionale”.

“ Al tipo di gioco e all’immagine nuova della Nazionale. Ma dipende da loro, dai giocatori”.

– A che cosa lo devi?

Non fare il modesto.

“ Il fatto è che lo sono”.

Il premio conferma la cinica regola che a decidere sono i risultati. Se vinci hai l’umanità, se
perdi guai, vae victis.

“ Si, purtroppo la legge è questa”.
Con Enzo Bearzot chiacchiero, quasi un nastro di intervista, mentre il Mundial sta al museo e
mentre la Nazionale sta per ritornare in campo, fra una settimana esatta a Cipro. Al nostro tavolo
bollenti cappuccini vanno e vengono; la pipa si scalda e si spegne sulle parole; soltanto il
registratore non perde il filo.

Domanda pesantissima : come sarà il tuo 1983, commendator Bearzot?

“ Questa stagione è già cominciata in modo pesante e si sono creati i presupposti per non andare a
Parigi! Il bello è che non posso rimproverare la Nazionale per come si è comportata. Ha fatto due
bellissime partite”.

Esclusa naturalmente la Svizzera, quella sera a Roma…

“Escluso, esclusa! Lì ci sono stati errori anche miei, nel fare una partita nel pieno clima di
festeggiamenti, rovinando tutto”.

Quindi, forse niente girone finale Europeo, fra un anno a Parigi.

“ Diventa difficile questa annata durante la quale abbiamo l’obbligo di portar via punti a Bucarest,
trascurando Cipro dove la prossima settimana bisogna vincere per forza e vincere anche bene.
Vincendo con pochi gol di scarto, avremmo dei problemi, sarebbe ancora più dura”.

– E il 1983 del CT uomo?
“ L’uomo-CT Bearzot è sempre quello. Sono monocorde io, Mundial o no”.
– Ma come sei uscito da Madrid oggi, a luci spente?
“ Un po’ stanco ma lo stesso di prima. Se si vuole fare un quadretto della mia personalità, basta
ricordare quello che dissi mezz’ora dopo il ritorno dai Mondiali: e adesso – ricordai – io sono

già alle partite di qualificazione degli Europei ’84. Mi sembra anche di essere stato buon vate
perché ho predicato subito la prudenza. Vedi la Svizzera…”
– Dopo aver vinto il Mondiale, tu puoi soltanto peggiorare.
“ Certo, però c’è anche la mia filosofia che dice: ragazzi, comportatevi bene, fate il vostro
dovere, e non avrete niente da rimproverarvi, come con Cecoslovacchia e Romania. Pur senza
risultato pieno abbiamo avuto lo stesso i consensi, se non della stampa, sicuramente del
pubblico. A Firenze, che pure è una platea molto polemica, ricordo che mentre ritornavamo a
casa in pullman la gente ci gridava bravi. Se ci comportiamo così, si può anche non andare a
Parigi e non farne una tragedia: il problema è sempre quello della coscienza apposto”.

-A proposito di coscienza, ti faccio una domanda scabrosa e la faccio perché tu non sei un
personaggio scabroso. Hai fatto la pace con tutti, da Beccalossi ai giornalisti, vedi Lino
Cascioli e Carlo Grandini: ti rimangono due fronti ancora aperti, il “Processo” di Aldo
Biscardi e Italo Allodi. Hai pensato di chiudere anche queste liti?

“ Bisogna vedere se io ho litigato con qualcuno! Io non ho litigato né con il Processo né con
Allodi: io mi sono soltanto estraniato dal personaggio e dalla trasmissione. Sono rimasto
letteralmente passivo e la passività non è belligeranza. Ci sono dei problemi con certi
personaggi e con una trasmissione televisiva dalla quale ho ricevuto troppi insulti per poter
dimenticare. Anche se perdono sempre tutto, sono cristiano…”
– Non sono un politico, mi dicesti anni fa: sei rimasto tale?
“ Per carità, non ho proprio l’attitudine alla cosidetta politica, e questa è forse anche la mia
immaturità, tale da far dire agli altri che non sono degno di avere la nazionale in mano”.

Che effetto ti fa, nel paese dei tre milioni di disoccupati e della crescente cassaintegrazione,
avere un bel contratto di quattro anni filati?

“ Il contratto di quattro anni è utilizzabile fino a un certo punto. Ti riferisci allo stipendio che mi
viene per quattro anni o alla carica? Tu sai che una carica non la può confermare nessuno,
nemmeno il Presidente della Repubblica, che mi vuol bene ma non può garantirmi il posto per
quattro anni. Troppe trappole ci sono nella nostra vita, troppe difficoltà…”
– Se anche ti cacciassero, almeno lo stipendio non te lo leverebbe nessuno.
“ Tu sai benissimo che, se mi cacciassero vai l’anno prossimo, non mi farei stipendiare per gli
altri tre anni senza far niente. Non è da me”.
– Che cosa pensa di te la gente, oggi?
“Penso che mi voglia bene molto. Incontrando gente per la strada, mi sono sempre sentito dire,
tieni duro, fa quello che ritieni giusto fare. Ho sempre avuto molti aiuti dagli sportivi, un po’
meno dai tifosi, ma questo è chiaro. Il tifoso vede soltanto i giocatori della sua squadra e
vorrebbe aiutarmi, ma a sbagliare”.

“ Io sono della Bilancia e credo di avere un diagramma che va da un’estremità all’altra, a
seconda dei momenti. Però i brutti momenti riesco a superarli, uscendone sempre irrobustito,
con maggiore slancio”.

Ti ha mai colto la voglia di scappar via e piantarla?

- Se tu dovessi rifugiarti, scappar via, stare con te stesso, dove andresti, in Friuli o ai Caraibi?
“ Esco dall’Italia e vado in Friuli”.
– Con una squadra di football si può insegnare qualcosa che duri? Il calcio come valore

effimero, può lasciare traccia?

“ Dopo la famiglia, una squadra di calcio è un’altra piccola comunità. Un gruppo così può dare
comunque dei grandi esempi, un’immagine di vita vissuta. Al di là dei risultati, anche questa è
la ricerca da fare: non è forse vita vera? E poi, in una situazione difficile, di enorme stress”.

Gli eroi di Madrid sono stanchi? Quando tu li senti al telefono, magari per le convocazioni
di lunedì prossimo, che umore raccogli?

“ A dire il vero, adesso io parlo poco con loro, perché non vorrei ricordare loro il mondiale. Del
mondiale ho paura, hai capito; sentendo me, ricordano il mondiale, e il mondiale potrebbe dar
loro qualcosa in meno. Allora è meglio non riparlarne: io penso che loro non vogliano più
nemmeno vedere questi revival televisivi. A forza di rivedere quei momenti, quasi quasi ti
levano qualcosa invece di darti”.
– Tardelli mi ha confessato che rivedendo in foto o in tv il suo urlo di Madrid, viene preso da

una sorta di tristezza da ricordo.

“ Pensa che io ero già nei ricordi mezz’ora dopo la finale!”.
– Perché sei stanco di sentir parlare di Paolo Rossi?
“ E’ uno del gruppo, e Rossi stesso mi da ragione quando lo dico”.
– La Juve era data per spaccamondo, ma già d’estate Trapattoni avvertiva probabili difficoltà a

sbatter dentro d’un solo colpo Platini, Boniek, Rossi…

“ Premesso che è lui il medico della sua squadra e che quindi io mi inserisco con molta
timidezza, Trapattoni si rendeva conto che cambiando due centrocampisti e un centravanti, tutta
la manovra d’attacco era completamente da rinnovare, tanto più che Bettega l’anno scorso non
ha giocato quasi mai, e nemmeno Tardelli giocò molto. Quindi tre nuovi e due da recuperare in
pieno: i problemi si fanno sentire anche in fase difensiva quando ne va di mezzo la compattezza.
Forse Trapattoni immaginava già cosa sarebbe successo”.
– Non hai il terrore che il 1982 sia irripetibile?
“ Come risultati si, come comportamento del mio gruppo, no. Anzi, io penso che il 1982 abbia
ripetuto il 1978! E dico una cosa: sul piano del carattere la Nazionale del 1982 ha dato qualcosa
di più del 1978 in Argentina, ma qualcosa in meno sul piano tecnico! In ogni caso ,
comportamenti paralleli nel giro di quattro anni. Evidentemente chi viene in Nazionale riesce a
ripetere un modello di vita”.
– Però qualcuno, sia pure alla chetichella, insiste. La “vera” Nazionale sarebbe quella di Vigo,

mentre la squadra di Barcellona e Madrid sarebbe meno frutto di astri benigni.

“ Bastava guardare ai risultati di quattro anni per capire che invece si trattava di un lavoro
continuo. Io considero un risultato anche le due qualificazioni ai Mondiali, molto difficili
soprattutto contro l’Inghilterra. Considero un successo gli Europei ’80, imbattuti in pieno
scandalo-scommesse. Insomma, sette anni buoni non possono essere un episodio, o no?”.

- La Juve d’oggi, carica di reduci madrileni, è in un certo senso la tua vittima?
“ Macchè! Il Mundial lo hanno sentito anche Falcao e Bruno Conti, ma dopo due mesi erano
quelli di prima. Ciò anche se Conti era alla prima esperienza e, come spesa nervosa, è uno come
Tardelli. Se poi analizziamo il momento dei nazionali della Juve, Scirea mi sembra sui livelli
normali; Tardelli è un giocatore che nonostante i problemi fisici dell’anno scorso, la Juve
dovrebbe aver sempre in campo; Gentile è sempre lo stesso…E allora?”.
– Perché i Brady, Falcao, Dirceu, cioè gli stranieri più geometrici vengono in Italia, giocano e

non soffrono alcun rigetto? Altri invece, vedi Boniek, sembrano corpi estranei; lo stesso
Platini ritiene le nostre marcature e la nostra atmosfera, abbastanza invivibili?

“Beh, i Falcao e i Dirceu vivevano già in un ambiente abbastanza elettrico; fra Italia e Brasile
non ci sono grandi differenze loro hanno già una conoscenza del clima. Altri, soprattutto quelli
del nord, soffrono uno choc. Anche in Francia, via, il calcio non è più importante del rugby,
capisci? Qui, i Boniek e i Platini vengono con la fama di assi e non possono sbagliare la partita:
vuoi metter lo stress che c’è da noi o nel calcio polacco? Perciò li può aiutare solo il tempo”.
– Se un Platini prende 400 milioni, Boniek 250, cioè molto di più dei Rossi, Tardelli, tu pensi

che qualche noia interna sia inevitabile?

“ Io ho avuto questa esperienza, anche al Torino, quando arrivavano giocatori che dovevano
risolvere tutti i nostri guai e poi facevano magari 3-4 partite tutto l’anno, mentre noi pigliavamo
neanche un quarto di quanto prendevano loro! Chiaro che quando non rendono molto, qualche
problema c’è, nel senso che quasi quasi si rimprovera alla società l’acquisto di gente strapagata
mentre gli altri tirano la carretta per loro . Se però girano, qualsiasi indigeno è contento perché
gli ingaggi agli stranieri fanno crescere anche i guadagni degli italiani, se vogliamo guardare il
lato venale delle cose”.
– Lo diceva anche Nereo Rocco di Herrera, a proposito di allenatori. “Bisogna fare un

monumento al mago” ridacchiava il paron, ricordi?

“ Io non guardo molto a queste cose, ma è vero”.
– Qual è oggi la componente più importante del successo di una squadra?
“ Il senso dell’assieme, più dei valori individuali in sé”.
– Per questo hai vinto il Mundial.
“ Anche per l’alto numero di eclettici presenti nella nostra squadra: gli attaccanti a difendere e i
difensori spesso, spessissimo, in attacco. Basta rivedere i gol…”
– L’ex calciatore Bearzot ha un suo calciatore preferito?
“ Per rapidità, temperamento, intuizione, potenza di calcio, Maradona”.
– Tardelli stima moltissimo anche Socrates.
“ Ha ragione; oggi è forse il giocatore più illuminato del calcio internazionale”.
– Non senti la tua nazionale post-mundial in labile transizione?
“ Io ho sempre considerato la Nazionale in transizione”.
– Ma se sei passato per conservatore incallito, peggio di Valcareggi!

“ Ho dato l’illusione di conservare, ma le statistiche parlano chiaro: in quattro anni ho cambiato
il 50 per cento del gruppo azzurro. Io non voglio dare al mio successore l’enorme compito di
dover ricominciare tutto da capo: lavoro per lasciare una buona eredità. Venga fra un anno, fra
due o quattro, il mio successore troverà sempre una squadra competitiva”.
– Hai un difetto: senti i giocatori come figli tuoi, la Nazionale come un fatto personale.
“ No, è un’impressione che viene da questa difesa strenua che io faccio della Nazionale. Questo
bunker che dicono io abbia creato, serve a rendere credibile il nostro ambiente, a farlo apparire
più pulito. Ti faccio un esempio: quando cominciai questo lavoro, uno alla volta provai a portare
gli allenatori di club con la Nazionale. Beh, nacquero tante di quelle polemiche che fui costretto
a chiudere l’esperimento. E poi dicono che non sono aperto! Quindi io tendo a rendere il mio
gruppo non dico inaccessibile ma inossidabile . Ma non sono così possessivo come sembra!”.
– Allora perché hai voluto impossessarti di Coverciamo?
“ Non ho i capitali per farlo! Scherzi a parte, Coverciano è una scuola e io non sono il direttore
di una scuola. Io sono l’allenatore della Nazionale e basta”.
– Confermi di non aver mai chiesto la testa di Allodi?
“ Certo. Ho soltanto chiesto di difendere la Nazionale dall’interno: non amo inserimenti di
personaggi che vivono nella stessa famiglia; non voglio che i “parenti” turbino il mio lavoro o
ledano gli interessi della squadra. Tutto qua: e poi non sono un tipo che tenta di disporre della
vita degli altri! Ne ho già abbastanza per me”.
– A ciascuno il suo, ma non te ne scordare: il giorno in cui ti cacceranno o scapperai da solo,

attraversa la frontiera italiana dalle parti di Sacile e torna in Friuli. Mandi, Seminatore