1983 Febbraio 7 Passarella ha nobilitato 90′ innocui

1983 Febbraio 7 – Passarella ha nobilitato 90’ innocui

C’è chi sostiene che il tifo non può che essere becero: o è tale o non sarebbe più tifo. La tesi è molto
giusta , ma non ci sto. Di domenica in domenica, di stadio in stadio, sento crescere dentro il calcio
una nuova peste. Non le scommesse , ma la peste arbitrale.
A forza di sospetti e di sbandate, di interviste e di rattoppi, di dimissioni finte e di oscure smentite,
di campagne diffamatorie e di gente scema, un numero crescente di spettatori ha preso il vizio di
guardare le partite in controluce, attraverso la giacca nera dell’arbitro. Vedono il calcio ai raggi X
ottenendo il massimo della malafede. Poi corrono a casa, si incollano alla televisione e aspettano la
moviola che – vista l’attuale deformazione – diventa una sorta di Corte di Cassazione del football
per sottosviluppati mentali. Nemmeno la stampa ne è immune.
Ieri a Firenze arbitrava Claudio Pieri che, pur nato in un paesino della Toscana, è tutto ligure. Ha un
bel fisico e una carriera con qualche incidente di percorso, per così dire. Dirigeva una partita molto
attesa, con giocatori gratificati anche di cinque milioni di premio vittoria a testa. Senza contare che,
da mezzanotte a mezzogiorno, era scesa su Firenze grandine e pioggia a goccioloni grossi come
fagioli: il campo era a tratti terreno da bonifica, con giocatori subito sozzi dai piedi alla testa e con
schemi difficilmente controllabili a terra. Anche se per l’arbitro non era tutto rose e fiori, Pieri se l’è
cavata bene, con pochi errori e con molta mobilità, riuscendo a mantenersi centrifugo rispetto al
risultato. Un arbitraggio di normale amministrazione per chi sappia guardare le cose con animo
normale.
Ma c’è la peste in giro, molta gente insulta, chiede all’arbitro cose incredibili. A Firenze hanno
urlato “venduto” a Pieri e non si capiva chi se lo fosse semmai comprato, dal momento che dopo
una ventina di minuti era stato magnanimo nel non ammonire Antognoni per una reazione su
Baresi.
Dalla centralissima tribuna più volte hanno gridato il ritornello “ Ha ragione Casarin!” con ciò
intendendo che gli arbitri farebbero gli affari loro con dirigenti di società e si farebbero pagare
anche i conti dell’albergo. La peste è questa; l’incapacità di cogliere la partita quale evento tecnico;
il rifiuto a guardare il calcio come prodotto di giocatori più che come mafia di corridoio. Il contagio
si sta estendendo, creando un regresso culturale, una dietrologia a senso unico che quasi vanifica la
partita giocata. Conta il prima, non il durante.
Che poi l’Inter non sappia esibire in un intero pomeriggio una sola conclusione a rete e che due
presunte squadre da scudetto giochino con un attaccante a testa (Graziani e Altobelli) non dice
niente a nessuno. Tutta l’attenzione finisce sull’arbitro: se non vengono i gol, lo saprà lui perché.
Andiamo a controllargli gli ultimi versamenti sul conto corrente bancario.
Se tutto fosse prestabilito, come mai nessuno intuì che l’Italia avrebbe vinto il Mundial? E perché
nessuno immaginò questa Juve dimissionaria da uno scudetto che in estate le era già stato
preventivamente attribuito? La verità è che gli arbitri sono un po’ migliori di quanto non sembri e
che c’è un sacco di gente che non ne capisce né di calcio né di nulla. Visto il festival di Sanremo?
Era scontato, avevano detto gli esperti: ci fosse un arbitro di mezzo anche lì, sapremmo già di chi è
la colpa.
Scherzi a parte, Firenze ha confermato i segni del deterioramento generale d’atmosfera. Quanto alla
partita, è riassumibile in poche cose, essendo stata abbastanza viva ma terribilmente innocua.
L’Inter offensiva non è esistita, azzerando Altobelli mentre i pochi florilegi di Beccalossi si sono

infranti sugli stinchi di Contratto. Meglio la Fiorentina, che almeno ha portato Pecci, Massaro,
Graziani e soprattutto Antognoni (al 73’) nelle condizioni di attaccare seriamente lo schermo di
Bordon.
La Fiorentina è parsa una squadra risanata, ma molto orfana di un attaccante quale Bertoni. L’Inter
non ha mai dato la sensazione di credersi in corsa per qualcosa. Entrambe le squadre hanno poi
impiegato un’eternità ad adattarsi a un terreno a tratti stregato dall’acqua: invece di giocare di forza,
alto e battente, magari alla paesana, tutti si sono a lungo impegnati in assurdi minuetti sul fradicio,
con i brillanti risultato che potete immaginare.
Con piacere s’è rivisto il vero Daniel Passarella, campione del mondo che fu. Con quel sinistro
conosce tutto del football, altro che bidone. Se non coglievo qualche sua raffinata essenzialità, mi
rimaneva il sospetto di essere arrivato a Firenze soltanto per essermi addormentato in treno.