1983 Febbraio 13 Un’Italia da epitaffio

1983 Febbraio 13 – E’ un’ Italia da epitaffio

Siccome ero nel 1966 a Middlesborough quando un dentista nord-coreano, di nome Pak-DoIk,
tagliò uno storico diagonale nella porta di Albertosi, non mi stupisco più di nulla. Nemmeno se un
impiegato di Nicosia, Christos Mavris, ventottenne ala destra, conclude a Cipro la più bella azione
della partita e infila alla stessa maniera, nello stesso angolo, la porta di Zoff. E’accaduto ieri e
subito è entrato nell’Olimpo: alla fine, centinaia di ciprioti l’hanno caricato sulle spalle e portato a
spasso per il campo come un Achille.
Vista così, impoverita della fantasia di Bruno Conti, l’Italia sembra una ex-squadra e non si sa bene
da dove cominciare l’epitaffio perché sono poche le cose che funzionano. Cipro era la prima
trasferta post-Mundial, e qui è andata tecnicamente peggio che in casa con la Cecoslovacchia e la
Romania. Tre partite da vincere, tre pareggi, la finale di Coppa Europa a Parigi s’allontana come
una meteora.
Cipro ha una squadra molto modesta; nei tocchi sono molti i suoi scarpantibus. qualcuno è anche
brutto a vedersi, esteticamente male in arnese, di bassa statura e di leve che Fidia si sarebbe
fermamente rifiutato di immortalare. Un buon portiere acrobatico, questo sì, e infatti Cesare Maldini
ci aveva avvertito in tempo. Il portiere ha fermato con bravura Oriali e Graziani nella prima
mezz’ora.
Però, non mettetevi idee sbagliate in testa. Il ritmo del primo tempo si è sempre mantenuto su toni
da sonnambuli. Era un manovrare penoso e, dalla tribuna, mi chiedevo quando mai la Nazionale
avrebbe accelerato, ratificando l’intenzione “aggressiva” di Bearzot.
Attesa vana, anche se Cipro mica faceva barricate di particolare efferatezza. Anzi, dopo un periodo
di assaggio, loro venivano giù senza tante remore, con lanci spiritosi, palla avanti e pedalare. Non
avevano piede, ma profondità, alla buona: quanto bastava per togliere precocemente qualche
illusione di troppo.
Soltanto a dieci minuti dall’intervallo l’Italia ha avuto il gol in mano. Quando, girando con forza un
bel cross di Causio, Tardelli ha piazzato il colpo di testa a portiere imbarazzato: è stato Patikis a
buttar via sulla linea di porta.
Secondo Bearzot, il risultato sarebbe dipeso dalle capacità di aggirare Cipro e di fare movimento
laterale. Qualcosa a dire il vero si tentava dagli outs, con Gentile stranamente meglio di Cabrini e
con un Causio meditativo. Senonchè il buco vero stava al centro.
Da fuori area nessuno che sapesse rapidamente andare al tiro. Dentro l’area soltanto Graziani dava
segni di vita, almeno sul gioco aereo. Rossi era una nobile astrazione, pressappoco il giocatore di
Vigo, un tizio qualunque che soffriva il gioco alto, subiva i tackles, riuscendo a non vincere un solo
dribbling.
Non hanno fallito i rifornimenti laterali: è all’appuntamento centrale che quasi nessuno ha risposto
all’appello. Tardelli era vivo e non trovava la misura. Oriali era una flebile candela. Antognoni
trovava difficoltà a liberarsi persino di Kouis, stopper adattato a mediano, con un’andatura che o era
ingessato o aveva le stampelle.
Se ti ritrovi in queste condizioni, è impossibile pensare al modulo. La pipa di Bearzot fumava come
da un accampamento di indiani, ahimè osservando impotente una squadra senza polpa, anemica,
capace di sollevare un po’ di polvere e di velocità soltanto dopo il 47’, minuto storico del calcio di

Cipro, il minuto del gol di Chrisos Mavris, sparato senza falsa modestia a conclusione di quattro
scambi di molto superiori al bagaglio dei ciprioti. Segno che, dove non arriva la tecnica, può
l’orgoglio. Virtù quest’ultima che fu santa proprio per l’Italia in Spagna…
Cambiato molto giustamente Oriali con Ancelotti, l’Italia ha reagito per stizza al loro gol, e in una
decina di minuti appena ha fatto forcing e pareggio, con un affondo laterale di Causio, Ancelotti,
Antognoni. Lo stessa Graziani si attribuisce l’uno a uno, ma è invece autorete del terzino Patikis,
sempre lui. Insomma Graziani si è proteso senza colpire. Beninteso, questo è semmai un dettaglio di
poco conto. Pur ricordando all’81’ un intervento dell’onnipresente Patikis, che nega ancora sulla
linea il testa-gol di Graziani, sarà opportuno rammentare che l’Italia ha rischiato più volte molto,
con i ciprioti che in contropiede parevano tanto insoliti Rummenigge.
La cosa che infastidisce è proprio questa. Passi per la orrenda partita di qualcuno; ma dopo il gol se
ne sono andate anche le distanze tra i reparti e quel senso di equilibrio tattico che una squadra fresca
campione del mondo, non dovrebbe perdere mai, meno che meno qui. “Non concedo alibi”, aveva
detto Bearzot, avendo ragione da vendere.
Dopo l’uno a uno, l’Italia ha sofferto angosce da vergognarsi. In una circostanza, al 76’, il
centravanti cipriota è stato lanciato faccia a faccia con Zoff, godendo della libertà di chi si appresta
a calciare una sorta di rigore in movimento! In uscita da autentico marine, Zoff ha fatto con il corpo
eco alla botta, ma nulla avrebbe potuto se il centravanti Savidis avesse optato per un tocchetto lieve,
rasoterra. Sarebbe stato due a uno, roba da andare a Beirut per restarci.
Poiché questa Nazionale ci ha abituato a tutto e al suo esatto contrario, non è paradossalmente
pazzesco attendersi qualcosa dal difficile che cinque partite di Coppa Europa ci proporranno da ora
in avanti. Il fatto è che se l’avvenire lo si guarda da Cipro, soltanto un’immagine sembra adesso
ragionevole: una squadra in autocombustione che è pronta a lasciarsi in eredità come leggenda più
che come attualità.
Quando si è troppo delusi, l’inganno è sempre in agguato. Perciò non invidio Enzo Bearzot, il più
colpito, ma il meno responsabile dell’uno a uno di Cipro. “Qualcosa bisognerà fare”, ha detto al
tramonto di Limassol, e il Ct aveva il tono di chi recita una giaculatoria.