1977 maggio 5 Juve stanca, soltanto un gol

1977 maggio 5 – Juve stanca, soltanto un gol

Un vento di nord-ovest rende la serata molto fresca. La cornice è
spettacolare; l’incasso da nababbi: record di 334 milioni mentre il
precedente era fermo ai 283 con il Borussia. I prezzi delle curve
sono rimasti a 2.200 lire, ma un tribuna centrale numerata ne
costa ora 20.000! La prima finale di Coppa Uefa è stata per la
Juve anche un affare. Una spolverata di sentimento l’ha invece
data la stretta di mano tra due grandi portieri, Zoff e Iribar,
quest’ultimo una cinquantina di volte nazionale di Spagna.
Non appena toccano palla, quelli del Bilbao soffrono i fischi del
pubblico. La cosa sa pochissimo di fair play, ma la gente è
preoccupata dal retour-match e tenta di condizionare il più
possibile l’ambiente di Torino. La squadra spagnola è infatti
formata da tutti baschi, sente forte il cemento nazionale e sa
esaltarsi di qualche spanna quando gioca a Bilbao.
La prima emozione della partita viene da Boninsegna, che, quasi
all’improvviso, si accascia a terra con una smorfia di dolore, come
trafitto all’interno del piede da un chiodo di scarpa. Almeno la mia
impressione è questa. Rientra zoppicando per una distorsione a
una caviglia, ciò gli impedisce un maggiore tempismo nel lanciarsi
di sinistro a deviare un tiro-cross di Cuccureddu: questione di
centimetri.
La Juve preme senza strafare anche perché stenta a trovare
l’organizzazione a centrocampo. Per tutto il primo quarto d’ora, a
funzionare sono soltanto tre cose: i raids di Cuccureddu a destra,
quelli di Gentile a sinistra e qualche infiltrazione mica male di
Scirea. Il resto, soprattutto a centrocampo, soffre un certo
impaccio. Benetti non è perentorio, Causio dà un contributo assai
pallido. Quanto a Boninsegna, mi pare che il piede destro gli dolga
assai all’appoggio sul terreno e non a caso il centravanti spreca
alcuni palloni per lui elementari.
Nonostante i freni, la Juve riesce fortunatamente a far presto! Non
è infatti nemmeno passato un quarto d’ora quando matura il suo
uno a zero. Badate ai due giocatori che l’hanno costruito: proprio
Cuccureddu e Scirea, il primo scattando lungo l’out, il secondo
andando a servire il cross da ala destra. Sul cross Tardelli quasi si
abbassa per deviare di testa e sbilancia del tutto il lunghissimo
Iribar: il tiro si spegne tanto lieve quanto imprendibile. Un gol che
potrebbe anche appartenere a Bettega, specialista di questi
improbi tocchi di elevazione. La Juve, non c’è dubbio, non può non

pensare anche allo scudetto e all’inquieta partita di domenica con
l’Inter a San Siro. Perciò cerca subito il bis, un secondo gol che le
consentirebbe, da quel momento, di dosare il ritmo e gli schemi. Il
forcing si fa a questo punto consistente e Zoff si ritrova solo in un
mare d’erba. Causio, Benetti, Bettega hanno i palloni migliori per
archiviare in fretta il risultato su una cifra rassicurante, ma gli
spagnoli chiudono bene davanti al portiere. I loro tackles sono
potenti e in qualche caso fanno retrocedere il piedino altrui (una
volta a Causio, per esempio).
Alla Juve servirebbero a quel punto delle gran botte dai venti metri
e l’unico a saperci fare, Boninsegna, sta purtroppo sempre peggio,
tanto che, dopo una quarantina di minuti, leva i bulloni dal campo e
se ne va imprecando. Lo sostituisce Bobo Gori che accentua da
quel momento il tono tecnico, non certo atletico della Juve.
La serata è sempre più tersa e il secondo tempo comincia con una
spettatrice in più, la luna piena passa sull’orizzonte dello stadio. Il
suo primo influsso è maligno visto che il mediano spagnolo entra
peggio di una scimitarra a interrompere un allungo offensivo del
solito Scirea, battitore più che mai aperturista. L’arbitro olandese è
d’altra parte di polso fermo e impone un match corretto.
La Juve sente che l’1 a 0 le sta stretto in attesa di Bilbao e
accelera il passo. Più di ogni altro è Causio a cambiare connotati:
lasciata la zona tatticamente ambigua tenuta sino ad allora, il
Barone torna al suo abituale corridoio destro e per alcuni minuti si
scatena. Uno show di serratissimi dribbling, anche se proprio
Causio meriterebbe poi
fucilazione per un gesto di…
masochistico altruismo! Liberatosi a rete con una serie di finte e di
rimpalli, Causio si trova faccia a faccia con il portiere ma
incredibilmente rinuncia al
insignificante
passaggio a Bettega… Sessantacinquemila spettatori paganti
ingoiano silenziosamente il biglietto.
La partita è più viva e, a dire il vero, più disordinata che nel primo
tempo. L’Atletico si difende in mischia; la Juve insiste nei triangoli
perché non ha un panzer quale Boninsegna e perché il mediano
Goicoechea non concede un millimetro a Bettega. A quest’ultimo
mancano oltretutto i cross di Gentile, troppo preoccupato nel
marcare. Anche i servizi di Scirea si fanno via via sdruciti.
Dopo un’ora di partita la Juve comincia a dare segni di stanchezza
e di nervosismo. Causio litiga con il terzino; la manovra si soffoca
appena fuori area con tre-quattro attaccanti a giocarsi l’ultimo
tocco in pochissimi metri quadrati. Non è dunque casuale che

tentare un

tiro per

la

l’unica seria palla-gol la Juve riesca da quel momento fino al
temine a costruirla soltanto su calcio da fermo.
Punizione di Causio, sorprendente smarcamento di Scirea che va
a battere di testa da pochi metri e risposta di valore mondiale del
portiere che, pur in ritardo, riesce a mezza altezza a togliere il gol
dalla linea di porta. L’intervento è tanto risicato da far sembrare il
pallone pressoché dentro.
Dopodiché non resta più nulla da raccontare se non che Furino
esce da un impatto con la gamba sinistra irrigidita. In tempi normali
nessuno si allarmerebbe più di tanto, non fosse che la Juve si
ritrova proprio questa settimana nel momento decisivo dello
scudetto.
Ecco, quest’ultima parola deve avere in qualche misura pesato sul
risultato di Coppa. Questione di concentrazione: non bastano
infatti i superpremi a far diventare una Coppa Uefa più importante
del campionato. Questione anche di energie che, come in ogni fine
stagione, vanno centellinate.
Del resto, dopo un tête-à-tête che dura dall’autunno dello scorso
anno, sia la Juve che il Torino sembrano parecchio spremuti. I
risultati degli ultimi tempi sono stati spesso tirati per i capelli e né
Radice né Trapattoni sono riusciti a nascondere la fatica con le
belle e
insomma più che
comprensibile che, magari inconsciamente, i giocatori della Juve
non siano disposti a correre in Coppa come tante lepri impaurite
con il rischio di fare tilt fra quattro giorni a San Siro.
Fra
l’Atletico Bilbao è squadra
massiccia, che raramente perde le distanze e che a Torino ha dato
saggio di un notevole equilibrio nervoso.
A quella dello scudetto si aggiunge ora l’incertezza di Coppa. Un
maggio così, stritolato fra il Torino e il Bilbao, forse nemmeno
Boniperti lo poteva immaginare.

immancabili parole. Diventa

l’altro, non dimentichiamo,