1974 giugno 11 La psicosi della bomba

1974 giugno 11 – La psicosi della bomba

STOCCARDA, 10 giugno
Un’alba chiara, due anni fa a Monaco, mentre migliaia di atleti stavano a nanna: comincio così, alle
5 del mattino, l’incendio di “Settembre Nero” sull’Olimpiade. A quell’ora, gli occhi grossi di sonno,
non sapevamo nulla tranne una cosa: la sicurezza era vulnerabile, l’organizzazione un giocattolo rotto,
il terrorismo una farfalla nera che si posava senza rumore, nemmeno un fruscio che potesse allarmare
e dunque far prevenire.
Dopo Monaco ‘72, dopo l’escalation della peste mediorientale, siamo alla Coppa Fifa
nell’atteggiamento di chi solleva il naso al vento e spera di non avvertire grandine ma sente che il
sospetto prevale sulla speranza. Non accadesse nulla, fosse pur vero che Monaco ‘72 non avrà qui un
rosso-bis, i fiori del male sembrano destinati ormai a crescere anche nei campi dello sport. Se non
sarà strage, sarà pur sempre quotidiana angoscia, il senso del pericolo che tende le orecchie e il pelo
ai lupi.
Sono cinque i pastori tedeschi che la polizia nutre con l’attenzione riservata a strumenti di inarrivabile
precisione: si chiamano Argo, Furio, Marco, Rex e Nerone. Con quei grossi freddi neri nasi di gomma
bagnata, i cinque detective fiutano la bomba anche 20 centimetri sotto terra, anche se avvolte in dieci
sacchetti di cellophane. Il loro pedigree si esalta nell’olfatto, specializzato a tal punto che, ogni giorno
prima della partita, setacceranno gli stadi. L’inquietudine del pubblico può essere guarita anche da
loro e mai come ora si rammoderna la vecchia abusata etichetta di “amici dell’uomo”. Fedayn e
kamikaze giapponesi (quelli della strage di Lod, su “commissione ideologica”) vengono certamente
parlati più di Riva e Beckenbauer. La stampa tedesca tiene sull’argomento un atteggiamento molto
responsabile: cerca di non mettere ansia con interrogativi ad effetto. Ma il problema incalza motu
proprio, ci corre incontro, questione di atmosfera.
Il ragionamento è in fondo semplice e punta sulla psicologia del terrorismo: il mondiale funziona da
background; una grande passerella garantisce cioè un grande effetto. Il Ministero degli Interni deutch
e i servizi segreti di mezzo mondo cercano appunto di frustrare questa tentazione.
La filo-israeliana Olanda sembra in teoria la più esposta al pericolo ma, sotto la lente deformante
dell’attenzione, la lista delle presunte vittime si allunga nelle ipotesi fino a sorpassare i confini della
fantapolitica. Perciò l’apparto tedesco sta stendendo l’ultimo filo spinato attorno ai ritiri delle sedici
Nazionali. All’ingresso, i controlli sono tanto garbati quanto precisi: se l’ingresso è vietato, lo è sul
serio mica per dire.
A Ludwigsburg, nel Parco del “Mon Repos”, che appartiene da secoli ai principi del Wurttemberg,
“vi sono poliziotti ogni due passi” mi ha confidato oggi Italo Allodi sotto lo striscione “Benvenuti
Azzurri” che pende sulla facciata di un hotel veramente dal nome giusto, il “Mio riposo”.
La polizia si occupa anche d’altro ovviamente. Per esempio, dei borsaioli che, a giudizio dei tedeschi,
hanno pure loro una hit parade in testa alla quale starebbero brasiliani, polacchi e romani! Tanto per
cominciare, appena scesi l’aeroporto un bel mazzo di questi, giunti da Rio de Janeiro, è finito in
gattabuia.
Eppure, il Mondiale del furtarello finisce per apparirmi persino simpatico. Con l’aria che tira oggi
giorno, all’”Agent de poche”, alle lire che portiamo in tasca, chi ci pensa? Milioni di persone se ne
priverebbero felicemente pur di avere la certezza che questo mondiale userà soltanto il verbo giocare.