1974 giugno 16 È stata Corea per 7 minuti

Il Gazzettino – 16 giugno 1974

Mondiali di calcio: gli azzurri cominciano con una «strana» vittoria su Haiti (3-
1)

Hanno segnato sorprendentemente per primi gli haitiani – Hanno risposto Rivera, Benedetti
(con l’aiuto di un difensore avversario) e Anastasi, vince Chinaglia

È stata Corea per 7’

Dal nostro inviato

Monaco, 15 giugno

L’Italia è partita come doveva. Senza forcing, senza scatenamenti: in apparente beatitudine,

La Scozia aveva promesso otto gol allo Zaire: ne ha fatti soltanto due. L’Australia ha messo
in crisi per un’ora la Germania Est. L’Italia ci ha impiegato esattamente 62 minuti per cominciare a
vincere contro Haiti! Ma che è, la fine del mondo? No, molto più semplicemente, Haiti ha giocato
meglio di quanto pensassero gli stessi haitiani, mentre l’Italia macinava una palla – gol ogni 6-7
minuti sena riuscire a metterne dentro una che fosse una.

Haiti ha cominciato tranquillo nascondendo l’azione in ottimi palleggi: la loro magia, il «voo-
doo» la traducono in campo lisciando la palla come si può accarezzare un bambino. Si piazzano
secondo un agile 4-4-2 il cui vertice si chiama Emanuele Sanon, 22 anni, il Pelè dei Caraibi sono
obbligato a chiamarlo da oggi visto che oltre a sapere tutto tecnicamente è forse l’unico attaccante
haitiano in possesso di contatto fisico, capace cioè di reggere una spalla europea, in questo caso quella
di Spinosi.

cercando di ragionare più che di aggredire i presunti «pellegrini».

Dopo sette minuti è cominciata la conta delle palle-gol. Quasi tutte costruite alla stessa
maniera: un cross dall’ala e una conclusione al centro, quasi sempre di Riva. Il Gigi le ha provate
tutte, ma proprio tutte, per offrirsi a Mazzola (sulla destra) e a Facchetti (sulla sinistra). Si è spostato
su tutti i 180 gradi, a sinistra, al centro; ha fatto l’ala, l’interno di punta e il centravanti. Soprattutto
questo. Ma tra lui e il portiere Francillon è scoppiata presto una guerriglia personale.
Francillon vola che è un piacere. Ettore Puricelli (con Farina e Levante accanto a me in

tribuna) diceva: «Deve avere imparato a parare studiando lo stile delle scimmie». Francillon guardava
Riva e Riva guardava lui. Dopo una bellissima voléè, di collo destro, del Sandrino Mazzola, Riva ha
bombardato di sinistro, ma inutilmente.

La cosa più bella, tanto per cominciare, è stata di Rivera con una fintina sulla metà campo e
un tocco lunghissimo, rasoterra, che fa da catapulta per Riva. In quel momento sento i polpastrelli
caldi perché dico tra me e me che adesso è ora che Gigi Riva si sposi con il gol del mondiale ’74. Ma,
nonostante il favoloso servizio, Riva sbaglia. Mi corrono brividi addosso.

La partita è pittoresca eppure, sapete com’è, non siamo dei leoni da millenni e allora
cominciano le paurette, i dubbi, i primi interrogativi. Sarà mica Corea?, chiede uno. Riva vedrà ancora
la porta buia come in Messico?, domanda un altro. Tutto questo cominciamo a chiederci senza contare
che mi afferra già la similitudine con Middlesbrough, nel ’66: anche allora contro i coreani avevamo
cominciato con quattro palle-gol buttate male da Perani.
Ora che è finita 3 a 1 e che haitiani e azzurri si scambiano le fradice maglie mentre escono dal

campo, qualcuno si metterà pure a sorridere di questo finto dramma che sto raccontando ma è stata la
pura verità, l’atmosfera dell’Olympiastadion a Monaco.

Inutile nasconderci dietro il ditino del «libro Cuore» della Nazionale. Haiti l’ 1 a 0 non l’aveva

Riva sbaglia ma tira troppo, conclude troppo, e allora Tassy si alza dalla panchina e urla di

tenerlo più stretto. Bayonne scrolla il testone con un esemplare obbedisco. Il più ragionatore in campo
è Capello, va da Mazzola e gli consiglia di tenere rigorosamente l’out, per non ingolfare al centro il
gioco. In tribuna centrale, Franco Carraro comincia ad avere lo sguardo vitreo. È già passato una
mezz’ora e non si vede luce. Alcuni colleghi fanno dell’ironia. A me è sembrato che dieci palle-gol
tante sono state infatti nel primo tempo, siano pur sempre un malloppo rispettabile. Che poi, nessuna,
per bravura di Facillon e fuori misura nel tiro, non finisca nel sette, questo è un altro discorso che fa
parte del misterioso paesaggio del calcio.

CHIAGLIA E’ DA RISPEDIRE SUBITO A CASA !
Ha giocato malissimo e quando è stato sostituito ha schernito Valchereggi con volgare gesto

I tedeschi tifano per Haiti, la squadra più debole: lo trovo simpatico e naturale anche se
qualcuno degli azzurri dà l’impressione di aver già il nervoso addosso. Burgnich e Spinosi mettono
due azioni in corner che proprio non piacciono. Valcareggi non muove un capello in panchina,
nonostante il ventaccio trasversale: è irrigidito, tace e spera. Del resto che può fare mentre Haiti
matura in tutta souplesse il miglior risultato della sua storia nazionale, cioè lo 0 a 0 contro i vice
campioni del mondo alla fine del primo tempo e l’1 a 0 dopo un minuto scarso del secondo?

affatto rubato.

Lanciato da Vorbe, Sanon ha trovato Burgnich fuori posizione, ha rubato lo slancio a Spinosi,
ha resistito (roba da matti!) alla strattonata di maglia e si è presentato come un treno di fronte a Zoff:
qui l’haitiano ha sul serio meritato lunghissimi applausi da tutti perché, con un colpetto d’anca, ha
completamente sbilanciato Zoff, dribblandolo e andando a porta vuota in rete proprio come usava
Pelè nel suo tempio personale, il Maracanà di Rio de Janeiro.

È vero che l’Italia aveva avuto anche rogna al momento di concludere in gol ma è anche vero
che non tutto funzionava. Mi riferisco a qualche balbettio di Spinosi-Morini in difesa e soprattutto a
Chinaglia. Riva sbagliava molto ma alle conclusioni c’era.

Rivera andava al 60 per cento della condizione eppure qualche rifinitura portava addosso
l’incanto. Mazzola giocava all’ala la miglior partita d’ala destra della sua altruista carriera di 7
azzurro. Capello teneva il piccolo cabotaggio sui rifornimenti. Benedetti lavorava come un folle, che
di più non si può sul serio. E Chinaglia?

Chinaglia era il dondolo assurdo della Nazionale. Barcollava come un mammuth sempre al
posto sbagliato. Non ho mai avuto gran stima, tecnica beninteso, per il goleador dello scudetto. Ma
contro Haiti chinaglione è stato il diminutivo del centravanti.

portiere, non scattava da lontano per tentare la botta sullo scatto, che è la sua vera qualità.

In tribuna, mi chiedevo perché Valcareggi non mettesse dentro Anastasi, agile nelle mischie,
rapido e in forma, l’uomo veramente adatto per una squadra come Haiti. Valchereggi l’ha fatto
spogliare proprio mentre l’Italia pareggiava.

Il gol non poteva che nascere da Mazzola, il migliore in campo. Ennesimo cross al centro;
questa volta non c’è Riva ad attenderlo ma Chinaglia nel cuore dell’area di rigore. Fortuna per tutti
noi che Chinaglia storpia lo stop; il pallone gli passa dietro, giusto su un piede intelligente, quello di
Rivera che, senza pensarci sopra nemmeno un minuto, esegue uno dei destri più precisi e forti della
sua vita, quasi nel sette a destra di Francillon, battuto dal primo tiro assolutamente imparabile.

Dopo l’1-1 la partita si è fatta veramente trascinante. Su un cross di Mazzola, Riva ha staccato
in alto che pareva una mongolfiera: ha diretto il tiro nell’angolo distantissimo del portiere, ma

Intruppava gli spazi di Riva, non accettava di andarsene a destra, sul palo «abbandonato» del

Questa azione ha ottenuto due effetti: quello di far perdere un po’ di stima di Riva verso

Francillon ha rischiato la pelle per dire ancora no. Ricadendo tutto slacciato, da una altezza notevole,
la gamba gli si è quasi piegata.

Riva ha guardato Valcareggi in panchina, ha sbattuto le mani con un «mannaggia!» capito
persino dai tedeschi. Mentre Anastasi continuava a riscaldarsi, Valcareggi ha liberato Spinosi da
Sanon dandolo a Facchetti per piegarlo fisicamente. Perché non mette Anastasi?, si chiedeva Puricelli
accanto a me. E se lo chiedevano tutti. Ora l’Italia guardava l’orologio e si accorgeva che il tempo
passava inesorabilmente. Andava dunque in forcing battente, esponendosi, persino, e ancora una
volta, al contropiede micidiale di Sanon che, Spinosi e Facchetti, non faceva differenza. A questo
punto, come aveva salvato precedentemente lo 0-0, Zoff riusciva a togliere ad Haiti il numero 2 a 1.

Per pareggiare, c’era stato il destro di Rivera. Per andare in vantaggio, c’è stato il destro di
Benetti pareggio e gol decisivo, dunque, tutto del…Milan! Buticchi e Giagnoni in tribuna sorridevano
più di chiunque altro.

Il gol di Benetti fotografa tutto intero l’identikit del mediano azzurro: una gran botta diagonale
da venti metri, con il destro ce incenerisce l’erba. Francillon, povero cristo, sulla traiettoria ci stava
ma sta volta era un amico d’are di rigore a tradirlo: Auguste toccava d’istinto per ribattere lontano;
però toccava male e metteva irresistibilmente in rete sul fianco dello sbilanciato e innocente
Francillon.

Da questo momento la partita è stata come doveva cominciare: cioè una proprietà quasi privata
dell’Italia. L’unico a non partecipare a questo salto di qualità e di atmosfera è stato Chinaglia.
L’ultimo capitolo nero della sua partita va fotografato: Chinaglia liberato in contropiede sulla sinistra,
salta il portiere e, a questo punto, tenta il gol tagliato da un’angolazione quasi impossibile. Impossibile
e colpevole anche perché, solissimo davanti alla porta, a non più di sette metri, c’era Gigi Riva.

Chinaglia e quello di far decidere finalmente Valcareggi a sostituirlo.

E qui Chinaglia è stato protagonista di uno dei meno educati episodi ai quali mi è stato dato
di assistere in questi lunghi anni di calcio azzurro. Mentre usciva dal campo e, mentre molto
paternamente, Valcareggi lo applaudiva, Chinaglia ha schernito due volte il Ct mandandolo a quel
paese con un brutto gesto della mano.

Se ne sono accorti tutti e, se la telecamera era puntata, dovreste averlo visto tutti. Ho la
sensazione che per innato ponziopilatismo, il vertice Franchi e Carraro cercherà di sdrammatizzare
lo episodio tirando in ballo la storia del giocatore preso a caldo, durante la partita. Se sarà così, non
mi sembra sia l’ottica giusta. Non è la prima volta che Chinaglia assume assurdi atteggiamenti, tra
strafottenza e la presunzione: gli ha assunti a caldo e a freddo, come se fosse l’unico vero centravanti
calato in Italia negli ultimi vent’anni. Non lo afferra mai il dubbio che Boninsegna sia più forte di lui
in area di rigore o che Anastasi sia in condizione eccellente, migliore di lui e migliore di Boninsegna?

Dipendesse da una scelta morale e non dettata da geopolitica, Chinaglia sarebbe da cacciare
subito a casa. Anastasi è stato l’uomo giusto che si è inserito nel momento giusto. I suoi guizzi, il suo
altruismo, i suoi scatti sulla sinistra, hanno dato fantasia e movimento al gioco d’attacco, anche se
pure lui, di non più di sette metri, ha sbagliato il primo facile sinistro-gol a disposizione.

Si è fatto d’altra parte subito perdonare con il tre-uno: un gol che va segnalato soprattutto
perché, se ho visto bene dalla tribuna, Anastasi stava allungandosi troppo il pallone sull’ultimo scatto
e ha colpito di punta, con il destro, dimostrando dunque riflessi assai freschi e fantasia.

È finita così questa partita che doveva essere facilissima e che è stata invece difficilissima.
Quasi un incubo per un’ora piena, un incubo che ha, inutile nasconderlo, ricordato la Corea.
Nonostante lo stress, trovo però che qualcosa di molto importante e di positivo c’è stato: se mai ce
n’era bisogno oggi l’Italia ha dimostrato che deve estrarre da sé tutto il suo temperamento e le sue
qualità per reggere su un piano dignitoso al mondiale.

Non si è sfatta dopo l’1 a 0 e ha trovato l’opportunità di lanciare con coraggio il centravanti

in questo momento migliore.

Dopo tante ambasce, non è già una benedizione?