1990 maggio 8 Bene il Psi e la Dc il Pci crolla. Crescono i verdi Leghe boom

1990 maggio 8 – Bene il Psi e la Dc, il Pci crolla. Crescono i verdi, Leghe
boom

Il Pci ha perso nettamente, ma poteva accadere altrimenti dopo che la Storia ha
punito ogni esperienza di comunismo?
L’asse Dc-Psi ha raccolto l’istanza di stabilità, ma non era un esito quasi
obbligato nella totale vaghezza dell’alternativa di sinistra?
Sono aumentati l’astensionismo, il frazionismo e il localismo, ma c’era forse
qualcuno che non avesse colto il sordo crescere della protesta anti-
partitocratica?
Semmai, si possono azzardare altre considerazioni. Pur incalzato dal Psi e
sempre più distante dalla Dc, il Pci conserva una base ancora consistente, tenuto
anche conto del pantano nel quale si trova Occhetto, fra zoccolo duro e nuova
«cosa», fra resistenze d’apparato e spinte a cambiare che nell’ultima fase della
campagna elettorale hanno subìto un forte appannamento. In un Paese
occidentale, e dopo il 1989 dell’Est, a un Pci senza passato e in apnea da futuro
poteva anche andar peggio.
Ai socialisti poteva anche andar meglio. Forse, hanno qualche Martelli di
troppo; forse, esibiscono una disinvoltura che non convince. Di sicuro, non
riescono a diventare la calamita della sinistra nemmeno quando i comunisti
sono ideologicamente a pezzi. Craxi sorride con una guancia sola.
Il successo dei Verdi dà stabile corpo a un bisogno che è cresciuto in politica
dopo essere stato un sentimento, un’emozione, una sensazione. Tuttavia, la
carenza a volte vistosa di unità rallenta il passaggio dei Verdi dalla denuncia
alla responsabilità.
La Lega Lombarda è lo choc del voto. Diventa secondo partito nella Regione
più europea e più industrializzata; colpisce trasversalmente tutti i partiti;
resuscita, per spinta collaterale, anche la Liga Veneta. Inutile star lì a
scandalizzarsi, come se questi voti in liberissima uscita dal sistema giungessero
da un’altra galassia: proprio questo voto va capito, approfondito, preso sul serio.
Guidata da leader molto più efficaci di alcuni estenuanti segretari di partito, la
Lega Lombarda ha messo il dito sulla piaga del centralismo, di uno Stato che
tutti dicono di voler riformare in senso regionalistico e che i partiti insistono a
occupare come proprietà privata. Certo, si tratta di un voto che complica il
governo di una Regione e che rivela una diffusa stanchezza verso le Istituzioni:
eppure, a gioco lungo potrà rivelarsi persino provvidenziale. Perché da anni
l’Italia non avvertiva un campanello altrettanto carico di allarme sul
funzionamento dello Stato e sulla mancanza di riforme dei suoi meccanismi.
L’Italia è da un pezzo matura per Regioni potenziate, in pratica tutte a statuto
speciale, ma i partiti non se ne avvedono. Ci voleva lo choc lombardo?

Chissà…