1990 maggio 13 Ragioniamo

1990 maggio 13 – Ragioniamo

Expo / Tra un mese il sì o il no, ma per Venezia (e il Veneto) il problema non
cambierà

Bruno Visentini ha saputo anche sorriderci sopra: «Io nel 2000 – ha detto l’altro ieri a
Roma – probabilmente non ci sarò, ma per me questa contro l’Expo è una battaglia di
principio».
Il fatto è che, per molti, i «princìpi» assomigliano ai miti modernisti o ai dogmi
conservativi. I promotori dell’Expo garantiscono che «Il futuro sarà di chi avrà fiducia
nel futuro»; gli oppositori parlano di «Scelte criminali». É il trionfo della retorica, e
un grande scrittore osservava che le epoche più ricche di retorica sono le più
ignoranti.
Noi riteniamo che si possa ragionare su tutto, anche sull’Expo. A patto che, in caso di
assegnazione all’Italia, vengano rispettate senza deroghe tre condizioni:
1) l’Expo deve essere veneta, non veneziana;
2) Venezia dovrà applicare con la tecnologia il «numero chiuso» per i visitatori;
3) non si potrà utilizzare per l’Expo né Venezia né il marchio Venezia senza il
consenso della comunità veneziana.
Sono garanzie imposte la prima dal policentrismo del Veneto; la seconda dalla
fragilità strutturale di Venezia; la terza dalle regole di democrazia in una città che la
democrazia applicò con larghissimo e illuminato anticipo in Europa. Esattamente fra
un mese, il 14 giugno a Parigi, l’organismo internazionale competente (il Bie)
assegnerà l’Expo del 2000 o alla Germania o all’Italia, ma fin d’ora è necessario
riflettere a fondo su ogni evenienza. Anche alla luce del risultato elettorale del 6
maggio.
Se in una Germania riunificata Berlino otterrà le Olimpiadi del 2000, l’Italia sarà
favoritissima per l’Expo; in caso contrario, la candidatura tedesca resta tuttora più
forte. In un tempo in cui le grandi esposizioni, comprese le sportive, vengono
utilizzate come motori d’avviamento per rilanciare intere aree o per dotarle di nuovi
servizi, non deve stupire che si creino intrecci internazionali apparentemente
cervellotici.
Nessuno pone tuttavia attenzione a una questione davvero preliminare per il ceto
politico, soprattutto veneziano. Qualunque sia l’esito del 14 giugno, non cambierà
nulla per il governo di Venezia: nel senso che enormi problemi sono da tempo
all’ordine del giorno, a cominciare dal dissesto quotidiano. Expo o non Expo,
incalzano drammaticamente scelte, progetti, una vera a propria svolta culturale e
amministrativa.
Di consolante c’è un fatto. Soffiando via dall’orizzonte la nuvolaglia della
propaganda, ci accorgeremo che esiste sulle cose da fare un consenso più largo di
quanto non sembri attraverso la lente deformante dell’Expo. E allora, noi ci
chiediamo, perché non sgomberare il campo dall’Expo, isolandola dai programmi di
pronto intervento su un’area che rischia in caso contrario l’irreversibile isolamento dal
Veneto e dall’intero Nordest?
Vediamo. Se il 14 giugno il Bie dirotterà l’Expo in Germania o Canada, nessuno può
decentemente immaginare una giunta di basso profilo, mai in grado di aggredire i

problemi (il Gazzettino ne elencò 40, tutti risolvibili e subito)*. Se quel giorno l’Expo
sarà assegnata all’Italia, dunque al Veneto e e Venezia, si intensificheranno semmai le
prospettive senza spostare nessuna delle urgenze. Ecco perché sembra a noi realistico
un governo forte delle città e, insieme, uno scorporo dell’Expo in attesa dell’ultimo
appello: infatti, sarà sempre possibile all’Italia, al Veneto e a Venezia rinunciare come
fece Parigi.
Insomma, raffreddare l’Expo con un «break», come lo chiama l’ex sindaco di Padova,
on. Gottardo; dare alla Città una pausa, due/tre anni di lavoro tecnico e di confronto
istituzionale su studi, flussi, ostacoli e soluzioni relativi all’impatto turistico in un
Comune che già ora registra 2,3 milioni di arrivi e 7,9 di presenze, nel cuore di una
Regione che è da tempo la prima in Italia con oltre 7 milioni di arrivi di turisti, 46
milioni di presenze, 4 mila alberghi per 180 mila posti letto. Expo o non Expo, questo
sarà il problema cruciale di Venezia da qui al Duemila ed esigerà in qualsiasi caso
telematica e investimenti massicci. (Il Consorzio promotore dell’Expo ha già speso tre
miliardi solo per un primo studio).
De Michelis ha firmato prima del voto mega «contratti» d’impegno verso gli elettori;
Massimo Cacciari chiede «un governo di ferro per almeno tre anni»; Di Ciò rivendica
nuove responsabilità alla Dc; il successo dei Verdi pone un’istanza difficile da
dribblare. Se così stanno le cose, misureremo presto la capacità di evitare le barricate
sull’Expo e di privilegiare un eccezionale sforzo di solidarietà per governare il
Comune di Venezia, capoluogo del Veneto, terminale metropolitano, Città insieme
regionale e sovranazionale.
Una Città sottogovernata e retorica che aspetta un governissimo. Presto.

(* vedi 25 gennaio 1990)