1990 gennaio 24 Gorbaciov la sfida più grande

1990 gennaio 24 – Gorbaciov, la sfida più grande

Gorbaciov può contare su Bush, sul Papa, sull’Europa capitalista, sui sei Paesi
dell’Est che con le sue stesse mani ha liberato dalla «sovranità limitata»
militarmente imposta da Stalin, Kruscev, Breznev. Per la prima volta un leader
del Cremlino trova più alleati sul piano internazionale che interno, ma questa
sua forza rappresenta anche la sua debolezza.
L’euforia dell’ultimissimo 1989 è già svanita; il 1990 ha ben presto presentato
smisurati problemi. Gorbaciov ha smantellato l’Impero europeo; rischia ora lo
smembramento dentro le frontiere di un Paese grande 69 volte l’Italia, dove
l’Europa e l’Asia non si sono mai saldata né prima della rivoluzione comunista
né dopo.
Dall’Iran al Libano, gli sciiti lanciano moniti e minacce: il riformismo di
Gorbaciov paga un prezzo molto alto al nazionalismo e a quella esplosiva
miscela che si chiama fondamentalismo islamico. Ma in tutta l’URSS si
rivendica autonomia e indipendenza da Mosca; sembra quasi che l’Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche voglia isolare il cuore della Russia per
separarsene.
Ha detto Henry Kissinger, ex-segretario di Stato americano durante la
presidenza Nixon: «Gorbaciov potrebbe attribuire la colpa della perdita
dell’Estonia, della Lituania e della Lettonia al patto di Stalin con la Germania
nazista nel 1939, ma non potrà perdere altre aree senza rovesciare se stesso».
Con l’Azerbaijan, Gorbaciov ha chiuso il conto: la sua dittatura del consenso
non ha più margini di manovra; per salvare il cambiamento non gli resta che
l’Armata Rossa, prima strumento imperiale oggi forza di ordine pubblico.
Paradossalmente, il leader che ha ripudiato tutti gli interventi dell’URSS nei
«Paesi fratelli», è condannato a ricorrere ai carri armati per garantire
dall’interno l’integrità delle frontiere dell’URSS.
Sono in molti a sostenere che tutto quanto accade nei Paesi comunisti è oramai
«irreversibile». Ma chi mai può sapere che cosa sia irreversibile nella storia
mentre la storia si fa e quando lo stesso concetto di «Stato socialista» sembra di
colpo così vulnerabile e spoglio di fronte alla rottura del vincolo comunista?
Non c’è luogo dell’Est comunista dove il partito comunista non si veda
delegittimato quale guida, intaccato alla radice, azzerato nel prestigio come
accaduto da ultimo con la ribellione della Slovenia. Ma Gorbaciov ha di fronte a
sé un vuoto ancora più sconvolgente di quello ideologico: la fine del mito della

Grande Russia.