1990 aprile 29 Uno Stato fuori mercato

1990 aprile 29 – Uno Stato fuori mercato

Fra quindici giorni, gli italiani conquisteranno un nuovo tipo di libertà: potranno
aprire un conto corrente a Francoforte, acquistare titoli alla borsa di New York,
ordinare Bot a Parigi, muovere i capitali senza restrizioni. Se l’unificazione
delle due Germanie parte dal cambio alla pari del marco, la marcia forzata
dell’Europa politica sfrutta l’abbattimento delle frontiere valutarie.
É un passo importante, anche perché l’Italia giunge all’appuntamento in
anticipo sullo stesso termine fissato dalla CEE al primo luglio. Ha osservato
senza perifrasi il ministro del Tesoro Carli: «Fino ad oggi la classe politica si è
mostrata più sensibile al momento dell’urna che non a quello della scelta delle
monete. Solo quando il secondo giudizio avrà lo stesso peso del primo, risulterà
grandemente agevolato il processo di risanamento nel quale il nostro Paese ha
ancora molto cammino da fare».
L’Europa comincia a entrare davvero nella nostra vita quotidiana. Ci chiama, ci
condiziona, ci dà il ritmo, ci obbliga a nuovi atteggiamenti. Grandi rivoluzioni,
anche comportamentali, incalzano sotto i nostri occhi e non ci sono mezze
misure: o tieni il vagone agganciato oppure ti stacchi piano piano fino al binario
morto.
Il dramma è che non s’intravvede una sola direzione di marcia tanto da
autorizzare sempre più spesso una domanda brutale: ma in quale Italia viviamo
veramente? Il treno che da Verona ha raggiunto Roma per chiedere la
mobilitazione dello Stato contro l’industria dei sequestri di persona sembra
appartenere a un’altra storia; testimonia un Paese insicuro, aggredito in
profondità dal crimine, costretto a scendere in piazza per chiedere protezione.
Anche quel treno rivendica un nuovo spazio di libertà e diventa esso stesso
simbolo di tutti i nostri ritardi.
Dallo spazio arriva una notizia espressiva: il telescopio che la Nasa ha messo in
orbita attorno alla Terra per guardare fino a una distanza inimmaginabile di 14
miliardi di anni luce sarà utilizzato da 12 Paesi, con precedenza agli Usa e
all’Italia che ha partecipato a fasi sofisticatissime della sua costruzione. Non è
la scienza che ci manca, o l’intelligenza a mostrarsi in ritardo, né la tecnologia a
risultarci estranea. Ma nemmeno il lavoro e il genio, il fatturato e il dinamismo,
la cultura e l’intraprendenza potranno garantire il futuro.
In Europa può reggere la concorrenza questa lira, non questo Stato. Con lo Stato

siamo ancora fuori mercato.