2004 settembre 29 Formula 1

2004 settembre 29

Troppa grazia sant’Antonio. Da anni mancava al calcio una serie A così divertente e da un bel
pezzo non si vedeva una formula uno da grande teatro umano come nel gran premio di Shanghai,
continente Cina, circuito bellissimo e da sorpassi, media finale 205 all’ora.
Che spettacolo la felicità di Rubens Barrichello e la sorda ira di Schumacher, il brasiliano che
spento il motore ha acceso fin sul palco movenze di samba, anzi di una piccola samba detta
sambadinha, e il tetesco di Cermania che sembrava cantare dentro di sé il “Nibelungenlied”, la saga
dello sfortunato eroe Sigfrido. L’eterno secondo Barrichello è arrivato com’era partito, primo;
l’eterno primo Schumacher , partito ultimo, é arrivato come ultimo, dodicesimo, un affronto per lui.
In Barrichello c’è sangue di famiglia trevisana emigrata a “catàr fortuna” direbbe il sociologo
Ulderico Bernardi, ma il pilota si sente brasiliano fino all’ultimo globulo rosso. Quando gli chiesero
perché avesse il doppio passaporto, ha risposto sincero qual é:”Per comodità. Con il passaporto
italiano servono meno visti.”
E’ facilissimo fare il secondo con la imbattibile Ferrari dell’èra Montezemolo; è difficilissimo farlo
con l’onnivoro Schumacher e il suo angelo custode Todt. Barrichello si meritava Monza e si è
meritato l’evento dell’anno, la Cina in bicicletta che sogna le auto a decine di milioni, tanto che nei
giorni scorsi Maranello aveva presentato Shanghai non come una corsa da vincere ma come un
“mercato” da conquistare al Made in Italy su quattro ruote, Ferrari, Fiat, Maserati, Alfa Romeo,
Lancia eccetera, tutto monopolio Fiat beninteso.
Alti e bassi, un po’ dimenticato o lamentoso che sia stato a volte, bisogna dar atto a Barrichello di
qualità sempre più rare,a cominciare dall’umiltà. Lui ne dà il merito all’educazione di papà e
mamma, aggiungendo che sul podio pensa al giudizio del nonno intenditore, alla moglie e al piccolo
Eduardo. Insomma, vedi Shanghai, quando è felice un brasiliano si mostra tutto.
Però, però, confesso che ieri mattina alle 8 ho fatto la corsa con Schumacher e ho provato molta
simpatia visto che, una volta tanto, anche lui si mostrava tutto ma con un’incazzatura a 18 mila giri,
di mescola durissima, da super vincente che odierebbe perdere anche a tressette e che invece si
ritrovava nello storico giorno cinese della F.1 a inseguire anche i tassisti dell’ultima fila della griglia
di partenza, così si sperona con il primo che capita, dà la replica del testa a coda di sabato, sorpassa
il fratello e Villeneuve con il ghiaccio negli occhi, sente inorridito sgonfiarsi una gomma, va e
viene dai box come un lupo affamato, e proprio alla fine riesce a vendicarsi del mondo e di stesso
con il giro più veloce firmando per sempre l’albo d’oro di Shanghai nel fine settimana più
sconclusionato della sua infinita carriera. “Non so spiegarmi”, ha detto smarrito, e per questo l’ho
doppiamente ammirato.
Bella domenica, ieri, anche per il campionato, mai così aperto, anarchico in classifica, irriverente
nei confronti delle “grandi” e impavido con le presunte “piccole”. Non esiste per ora una sola
squadra materasso né una sicura leader, nemmeno la nuova Juve o il vecchio grande Milan per non
parlare dell’Inter che aspetta sempre la grande Inter.
Meglio di così. Se Vieri e Del Piero andassero un po’ in ferie, sarebbe tutto perfetto.