2004 luglio 18 Gli illusori tuffi nel futuro

2004 luglio 18 – Gli illusori tuffi nel futuro
“L’Italia di domani” sembra sia lo slogan di Romano Prodi per le elezioni politiche del 2006 mentre nel
2001 quello di Silvio Berlusconi era stato “Cambieremo l’Italia”. È una vera e propria mania nazionale
questa di tuffarsi ogni volta nel futuro invece di legarsi mani e piedi alle scelte da fare presto e
possibilmente bene. Scelte sempre ingrate, impopolari e incarognite nel tempo visto che, nonostante la
retorica delle riforme, qualunque maggioranza si trova condannata a governare con urgenza il presente.
Siamo stracarichi di vecchi debiti e talmente affamati di nuove entrate che soltanto al peggior nemico
politico avresti augurato di fare oggi il ministro dell’economia con gli aut-aut dell’Europa sul collo.
Espulso Tremonti, tollerati a malapena i 13 giorni provvisori di Berlusconi, c’era l’incombente pericolo
che la “super” poltrona andasse a Fini o a Follini, i cui curriculum non segnalano la vocazione,
l’addestramento e almeno il fisico del ruolo economico. Dunque, qui è andata bene. I partiti di
maggioranza si sono sentiti attori come tanti drammatici Re Lear della verifica di centrodestra e, alla
fine, sono apparsi spossati dalle repliche di una commediola del potere. Di davvero “collegiale” è
rimasta soltanto la loro crisi. Per il ministero più sotto tiro, Berlusconi ha scelto un professore, un
tecnico , un alto funzionario dello Stato, il direttore generale del Tesoro. Secondo me, che il prof.
Domenico Siniscalco abbia lavorato con Tremonti non significa continuità e stop; un cinquantenne
economista in carriera sa benissimo che da questo momento in poi sarà solo e valutato per quel che fa,
senza maestri né padrini. Una cosa è certa, l’ora dei tecnici arriva quando i politici non ce la fanno più.
I precedenti da ricordare sarebbero tanti ma basta quello di Carlo Azeglio Ciampi. Una decina di anni
fa formò il suo governo senza nemmeno consultare i partiti!, tanto che il suo fu chiamato “governo del
presidente”. Ed è diventato capo dello Stato senza essere mai stato parlamentare: forse per questo i
sondaggi dimostrano che gli italiani, pur avendo la politica sempre di più sotto i tacchi, continuano a
fidarsi di Ciampi, uomo patriottico senza partito. Nonostante i tripli salti mortali senza rete, questo non
è più lo stesso governo di prima. Ne conserva la forma non la sostanza perché ciò che è successo conta
di più del cosiddetto “rimpasto”. Con l’economia affidata al prof. Siniscalco diventa per così dire
tecnico anche il governo nel suo assieme, dato che la presunta coalizione si ritrova politicamente molto
più debole e con un super ministro dell’economia svincolato dai partiti che la compongono. Tremonti
rappresentava anche qualcosa d’altro; per Bossi era “il ministro del nord”, il garante della convivenza
con Berlusconi, un’assicurazione per l’elettorato produttivo padano fin dai tempi del “popolo delle
partite Iva”. Al contrario, il prof. Siniscalco non si fa carico di nient’altro oltre all’economia. ” Non mi
sono mai schierato politicamente” ha detto di recente nel resoconto di “Repubblica”. Con lui cambia
pelle il centrodestra, gli equilibri interni si fanno più nervosi, cambia perfino Berlusconi che aveva
vinto nel 2001 mitizzando la stabilità, la casa dei moderati, la figura del leader autodidatta che basta e
avanza a esorcizzare i professionisti della prima Repubblica politicante. Mariano Rumor, vicentino,
potente capo-corrente dei democristiani dorotei, fu cinque volte presidente del Consiglio tra il 1968 e il
1974 con sette mesi di durata media dei suoi governi. La prima volta a Palazzo Chigi ammirò la
poltrona cinque centesca che lo aspettava, i parati di seta azzurra e il caminetto di marmo grigio, ma
confessò anche un senso di grande malinconia. Appena messo piede nella stessa stanza, Berlusconi fece
rifare l’imbottitura delle poltrone. La “Stampa” ricorda la battuta del neo-presidente: ”Più si sta
comodi, più si lavora meglio”. Ogni malinconia gli era estranea, permessa a un cattolico come Rumor
ma tassativamente vietata all’imprenditore di successo che sembrava aver adottato a proprio uso e
consumo un motto del politico francese George Sorel: “Le masse non hanno bisogno di sapere ma di
credere”. Adesso si fa dura per lui. I sondaggi immalinconiscono, i voti calano, il centrodestra non può
più esibire la propria compattezza contro le divisioni del centrosinistra. E domani, nonostante le

condizioni fisiche di Umberto Bossi, il consiglio federale della Lega Nord deciderà se restare forza di
governo o se ritornare movimento di lotta. Con Bossi in salute, sarebbe già in ritiro a Pontida. La
verifica ha rilanciato soltanto i sospetti incrociati di tutti contro tutti. Silvio Berlusconi lo sa ed è
improbabile che, perso per perso, se ne stia elettoralmente buono fino al 2006. Se non vedo, non ci
credo.
18 luglio 2004