2004 gennaio 25 Federalismo

2004 gennaio 25

Povero Federalismo, é il “chi l’ha visto?” più ricercato d’Italia. Una volta pare troppo, una volta
troppo poco, il più delle volte non risulta affatto.
Da tempo chi afferma di volerlo si vergogna anche di chiamarlo per nome: tre anni fa, il
centrosinistra evitò nero su bianco di definire federale la propria riforma; da parte sua, il
centrodestra continua a riferirsi stancamente alla soluzione inglese della devolution. Lo scontro sul
federalismo fa sempre a meno della parola giusta..
In più di dieci anni, nessun serio federalismo all’italiana é stato messo a fuoco, né politico né tanto
meno fiscale. Eppure assistiamo oggi a un fenomeno a dire poco grottesco: nelle stesse settimane lo
Stato passa più che mai per centralista oppure sembra alla vigilia di finire addirittura a pezzi! Come
sia possibile che tali estremi si tocchino nelle cronache di ogni giorno, Dio solo lo sa, ma così é a
poche ore dal voto in parlamento sulla cosiddetta devoluzione.
Le regioni lamentano i tagli finanziari da parte dello Stato per giustificare gli scarsi trasferimenti ai
comuni. I sindaci protestano per la riduzione delle risorse. I piccoli comuni risultano i più
impoveriti dalla spesa pubblica che é diventata l’orco centrale degli enti locali. “Paralizzati dai tagli
di Roma” ha titolato l’ultimo numero del settimanale diocesano di Treviso.
Non sarebbe soltanto questione di euro. “Le autonomie sono a rischio con un governo così
centralista” – ha dichiarato Luciano Violante, capogruppo dei Ds alla Camera, intervenendo pochi
giorni fa a Folgaria alla festa nazionale dell’Unità della neve – “ e bisogna stare attenti al falso
federalismo della Lega, che difende solo piccoli interessi locali.” Il presidente della Provincia di
Trento, Lorenzo Dellai, di centrosinistra, ha aggiunto:” A Roma sta crescendo un clima ostile nei
confronti dell’autonomia speciale.”
Molto meno speciale di Trento e Bolzano ma molto più autonomo del Veneto, anche il Friuli –
Venezia Giulia é 24 ore su 24 di sentinella al proprio statuto , che sente periodicamente minacciato.
E il Veneto, nauseato dal federalismo che non c’é, punta nel Prs (Piano regionale di sviluppo) a una
sussidiarietà spinta, il che vorrebbe dire in pratica raschiare il barile dell’autonomia esistente,
realizzare ciò che si può fin dove e finché non arriva lo Stato.
Ma, allora, com’é possibile che in tutto il Nordest si tema un centralismo di ritorno mentre a Roma
ci si allarma per l’esatto contrario, cioè per la disgregazione o quasi dell’unità d’Italia? Qualcuno
non la racconta giusta, compreso Bossi.
Bossi buttò nella lotta politica il federalismo senza essere federalista. Il leader della Lega é un
sincero secessionista che, in mancanza della repubblica padana come 26° stato dell’Unione europea,
per forza di cose si accontenterebbe ora di una devoluzione alla lumbard. Anche lui ha fatto il suo
lifting celtico e deve portare qualcosa in dote per il vicino voto europeo.
Il federalismo sarebbe una soluzione per l’Italia nel suo assieme, ma il retro-pensiero di Bossi é
sempre stato esclusivamente il Nord. Da dieci anni a questa parte, la sua non può né potrebbe mai
essere la grande riforma federale proprio perché immaginata come una riforma territoriale, fatta su
misura per un solo pezzo d’Italia. Il resto s’arrangi.
A Bossi non interessano i tre presunti “parlamentini” di tre Italie: ha sognato soltanto il suo, del
Nord, cui diede per un po’ di tempo anche una onirica sede. In mancanza di una qualche
devoluzione di sanità, scuola e polizia locale, minaccia oggi come ieri una secessione ma a
quest’ultima non crede per niente soprattutto lui, diventato Co.co.co. delle riforme, secessionista
ante-marcia ma adesso ministro di Berlusconi, di Fini e di Follini oltre che della Lega Nord
celodurista.
Si fa a pezzi il federalismo, non l’Italia. Ciascuno fa la sua riforma l’una incoerente con l’altra,
senza un patto che superi la scadenza elettorale e il serraglio degli schieramenti. Tanta mancanza di
visione ha portato dritta al sospetto federalista incrociato, oltre che a mezze riforme difficili da
coordinare tra loro in tempi ragionevolmente veloci.
Paradossalmente, nasce da questo pessimismo di fondo l’accelerazione che si nota a Nordest nelle
intese
finanziarie, energia, servizi,

regionali e/o provinciali su autostrade, aeroporti,

compartecipazioni e cooperazione transfrontaliera a Est. Se i “governatori” Galan e Illy,
politicamente alternativi tra loro, riescono a discutere da Trieste a Venezia anche di uno scenario
Euregionale, credo lo si debba al fatto che confidano più sul vecchio, bistrattato territorio comune
che sulle messianiche riforme di parte.
Toh, chi si rivede, il federalismo fai da te.