2004 gennaio 18 Grillo

2004 gennaio 18 – Grillo e Bankitalia

Un paese serio metterebbe adesso i risparmi nella mani di un comico, sostituendo il governatore
della Banca d’Italia con Beppe Grillo! C’è poco da ridere e quasi niente da scherzare, visto com’é
andata con la Parmalat e con i banchieri – poveri diavoli – che si dichiarano “vittime”.
Genovese del comune di Savignone, 56 anni di età, il bravissimo Grillo é stato sentito nell’ambito
dell’inchiesta come “persona informata dei fatti”, cioè la sola che avesse capito tutto in largo
anticipo visto che ne parlò più di due anni fa in uno spettacolo teatrale dei suoi. E’ questa l’apoteosi
dello scandalo, il comico nel tragico, la rivincita della denuncia fai da te, il record mondiale di
sputtanamento istituzionale.
Chi sa sempre tutto, non sapeva mai nulla. Gente che ti pesa in euro con un solo sguardo
patrimoniale, sarebbe stata del tutto ignara anche di movimenti da ottomila miliardi di lire al colpo.
Bankitalia non sapeva, non sapeva niente una carovana di banchieri d’alto bordo, non sapeva la
Borsa, non le “autorità” sapevano né i collegi sindacali e le società di certificazione, non una
procura, non un economista curioso, nemmeno un giornale finanziario esperto in bilanci, non i
governi di turno, non un ministro di passaggio, non un parlamentare locale, nessuno dimostrava di
intuire qualcosa e di sospettare il crack del secolo. Nessuno tranne un comico senza collare che era
rimasto sconvolto nell’apprendere che la Parmalat aveva , allo stesso tempo, 13 mila miliardi di lire
di fatturato e 13 mila miliardi di lire di debiti, pari e patta tra produzione industriale e manomorta
finanziaria.In fondo, Grillo gridava dal suo palcoscenico lo stupore delle persone comuni.
Altro che fare i moralisti con il paradiso fiscale delle isole Cayman. Qui in Italia si traffica meglio
che nel paradiso caraibico, se é vero che nessuno ha disturbato Parmalat mentre ne faceva di tutti i
colori e che solo Beppe Grillo, scomoda bocca della verità come certi grandi buffoni di corte del
Rinascimento, può legittimamente fregiarsi del titolo di “persona informata dei fatti”.
Cose da pazzi. Non sono in ballo soltanto i controlli finanziari del sesto/settimo Paese
industrializzato, ma soprattutto l’efficienza etica e informativa di un intero sistema . Così un maxi
dissesto economico può far ridere il pubblico in un teatro comico molto prima di far piangere decine
di migliaia di risparmiatori!
Allora, meglio Grillo che la Banca d’Italia, meglio la sua preventiva satira che la tardiva
”autonomia” dell’istituto. Ma di questo passo sorrideremo sempre meno.
Il capitalismo italiano invoca giustamente controlli. Intanto, rispetti in proprio le regole e i valori
cui ripete ogni giorno di fare riferimento. Il 2004, a mio parere, sarà un anno davvero cruciale per le
imprese italiane. Cruciale e aspro.
Perché Cirio, Parmalat e il resto lasciano un’ombra enorme, costosa quanto una legge finanziaria
ma cento volte più costosa in termini di reputazione. Perché la grande industria continua a perdere
posti di lavoro. Perché ogni mese che passa il mercato globale si fa più aggressivo. Perché il
capitalismo italiano é paradossalmente troppo permissivo nelle regole e troppo burocratico nei
vincoli. Perché servirebbe anche un’altra Confindustria, meno auto-referente, meno di apparato,
meno legata ai suoi riti associativi, e invece più in campo aperto per ridare ruolo e nerbo alla cultura
imprenditoriale.
Se non bastasse, fra 100 giorni l’Europa si allagherà a 25 paesi per lo storico ingresso di dieci
nuovi membri dell’Ue. Sarà un’Europa economica dall’Estonia alla Spagna, dalla Polonia a Cipro,
dall’Inghilterra a Malta, che metterà radicalmente alla prova la qualità delle aziende italiane e – non
facciamo gli gnorri – del cosiddetto presunto e mitico “sistema Italia” , espressione che buca il
video della politica ma che manca spesso all’appello della realtà.
Sulla carta, questi mesi dovrebbero essere propizi per fare nel bene e nel male i conti con il mondo
che abbiamo addosso, dalle Cayman all’Europa allargata. Il 13 giugno infatti si svolgeranno proprio
le elezioni europee, per la prima volta in 25 Paesi.
Ma andrà diversamente, con il voto europeo ridotto a pretesto. In Italia la campagna elettorale é già
in pieno svolgimento e impostata come una resa dei conti tutta interna, solo nostra. In pratica un
voto politico di mezzo tra la vittoria di Berlusconi nel 2001 e l’incognita del 2006.

Macché Europa, macché capitalismo da bonificare, macché competizione globale, macché
concorrenza cinese. Il mondo tornerà ad essere piccolo, piccolo, politicamente tutto lista e
propaganda, casa e bottega televisiva dall’alba a notte fonda nel solco tracciato dieci anni fa da
Silvio Berlusconi: si vota per me o contro di me con un forza o un abbasso da stadio. Fuori di
questo schema, sarebbe tutto voto nullo.
Né la legge elettorale né Berlusconi hanno inventato il bipolarismo. Balle! Dal 1948 in poi l’Italia é
sempre stata bipolare, con i democristiani o con i comunisti, o di qua o di là, con il centro disposto a
“turarsi il naso” pur di impedire che la sinistra andasse al governo. Erano bipolari gli “opposti
estremismi” e il terrorismo, rosso o nero.
Solo che il bipolarismo di oggi é unico, si esaurisce in Berlusconi. Per questo può diventare
argomento elettorale anche un sospetto di chirurgia plastica ai suoi occhi.
La politica in un batter di ciglia.