2003 novembre 16 Nassiriya

2003 novembre 16 – Nassiriya

Tutti i carabinieri e i militari di Nassiriya ripetono che continueranno a fare il loro “lavoro” mentre
un maresciallo, appena rientrato a casa dall’Iraq, dice:”Non siamo eroi.” Sono tutti ciò che dicono
di fare e di essere. Un famoso storico scozzese considerava l’”eroismo” una relazione divina tra
uomini, ma lo scrittore Mario Rigoni Stern ha sempre raccontato come anti-eroi gli alpini italiani
in Russia durante la seconda guerra mondiale .
Uomini in guerra, non eroi guerrieri. Uomini in gamba che fecero della grande umanità il loro
eroismo. Eroi del senso del dovere, semmai. Coraggiose persone qualunque, non incarnazioni
mitiche del “grande uomo”.
Anche dall’attentato in Iraq emergono nomi e cognomi in fila come all’ufficio dell’anagrafe, e
assieme a ciascuno di loro una storia molto personale che affiora di colpo dal nulla, una famiglia,
una moglie, un padre, la mamma, i figli, gli amici, un paese, i sogni e le preoccupazioni, anche la
fede in Dio, le foto nel taschino, l’ultima telefonata, la carriera. Il solo mondo reale é quello delle
biografie della gente in carne e ossa..
Questa gente ratifica la propria biografia in prima pagina solo quando muore. La gente, per
definizione anti-retorica, continua il suo “lavoro” senza dichiararsi “eroica”. E il maresciallo
Marilena Iacobini, 29 anni, rimpatriata ferita, aggiunge:” So già che in Iraq ci voglio tornare.”
Per questo oltre il novanta per cento degli italiani dichiara nel sondaggio del quotidiano
“Repubblica” di credere soltanto nelle due istituzioni non-politiche: la Croce rossa e i Carabinieri.
Proprio i volontari anti-eroi che vanno a esporsi come persone e come professionisti negli agguati
del mondo globale.
Un grande scrittore tedesco distingueva tra orrore e paura, perché questa é ancora distante da quello
e perché la paura può ancora “dialogare con la speranza”. Di fronte al terrorismo suicida, la paura
cede definitivamente all’orrore.
Non siamo impauriti, ma inadeguati, sbigottiti, smarriti. Più che la nozione del rischio, domina un
sentimento d’impotenza. “ Non si poteva evitare”, ha precisato a Nassiriya un generale italiano che
attraverso l’inevitabilità militare definiva ancora meglio l’orrore collettivo.
Il punto cruciale del tempo in cui viviamo a me pare proprio questo. Che, a guardare bene, siamo un
po’ tutti anti-eroi in aspettativa, stressati dagli allarmi, allarmati da un nemico che c’é ma che non si
vede e che si visualizza soltanto nel suicidarsi per uccidere.
L’Occidente si era allenato per mezzo secolo ad avere paura, tanto da considerare la sua pace con
l’Urss una “guerra fredda”. Allora la paura della guerra era tale che tutti si armavano al massimo,
ma per non farla: é quello che chiamavamo fino al 1989 l’equilibrio del terrore nucleare.
Riuscivamo perfino a capire che soltanto quel micidiale equilibrio poteva garantire la pace. Oggi
no; oggi l’Occidente non ce la fa a far rientrare nelle proprie categorie mentali l’idea di un nemico
che non combatte ma che si suicida per uccidere civili al lavoro in due grattacieli di New York,
carabinieri in missione di pace in Iraq o, come ieri mattina, ebrei in preghiera nelle sinagoghe di
Istanbul.
La guerra ha un suo recapito, un fronte, le mappe. Il terrorismo si camuffa, si traveste, sembra
sempre qualcos’altro in un perenne altrove: il suo simbolo vigente é la scomparsa nel nulla sia di
Bin Laden che di Saddam Hussein. Soprattutto il fondamentalismo islamico offre un bersaglio
mobile, senza fissa dimora, che appare e scompare tra inacessibilità e comunicazione, tra
tecnologia e ideologia, tra guerra santa e guerriglia di ultima generazione, tra videocassette e grotte,
tra dollari e auto-bombe impensabilmente suicide.
La difficoltà a combattere questo tipo di terrorismo é culturale prima che militare. Sembra per così
dire un terrorismo alieno, quasi un nichilismo proveniente da un altro mondo, tanto da mettere a
durissima prova le tattiche e le strategie convenzionali.
Il mondo globale é perciò impazzito sul nascere. Mentre comunicazione ed economia spalancano le
porte, la sicurezza ne chiude altre. Mentre le democrazie accelerano la libera circolazione di uomini,
merci e idee, aumentano nuovi filtri, nuovi controlli, nuovi pettini a spese di tante quotidiane

libertà. Mentre le migrazioni diventano fenomeno epocale, la precauzione spinge alla selezione per
aree e religioni.
Il terrorismo globale é da tempo una guerra di tutti, anche italiana. Le ultime illusioni sono morte
a Nassiriya con 18 anti-eroi armati di umanità.