2003 marzo 31 Gli Alpini

30 Marzo 2003 – Gli Alpini

“E’ falso che l’Italia non sia in guerra. Lo è, anche se non in Iraq. Con gli alpini è in guerra in
Afghanistan, che non è uno Stato nazionale all’europea ma un compromesso armato di tribù e di
etnie.
La distinzione tra guerra, pace, democrazia, libertà, ha scarso peso da quelle parti. Là si
fronteggiano la presunta pace e la guerra endemica, con le montagne ideali per l’imboscata e con i
talebani parte latente del paesaggio.
Ieri quartiere generale del terrorismo, oggi l’Afghanistan è base dell’anti-terrorismo. Molto meglio
adesso che prima, ma resta sempre zona minata dal fondamentalismo islamico.
Non c’è prudenza che tenga: gli alpini sanno benissimo che cosa stanno rischiando. La pelle, 24 ore
su 24 come ogni soldato in guerra, con le supplementari incognite afgane procurate da un nemico
per bande e guerrigliero al quale la cavalleresca Convenzione di Ginevra non passa nemmeno per
la testa.
Gli alpini, si diceva una volta, combattono due guerre: contro il nemico e contro la montagna. Oggi,
dopo l’ 11 settembre terrorista, respirano nell’aria un nuovo virus ostile senza fissa dimora.
Nonostante tutto, osservo in loro un retroterra davvero speciale. Passano le Grandi e le piccole
guerre eppure, non si sa come, l’alpino conserva intatta nel tempo la sua mostrina.
Figlio del territorio, il corpo degli alpini ragionava sempre da volontario anche quando precettato.
La cartolina di precetto sembrava partire dagli stessi aspiranti alpini più che dall’ ufficio leva del
ministero.
Ho un’idea fissa. Che gli alpini si portassero al fronte anche casa e masserizie, sentendosi difensori
della patria familiare prima che della patria comune. Possono ora disporre di mappe satellitari, di
visori notturni e di fucili da fantascienza, ma senza che il loro codice genetico si modifichi di un
millimetro nel nostro immaginario.
E’ un miracolo di sopravvivenza culturale, particolarmente palpabile a Nordest. Per merito della
lettura della “Guerra sugli Altipiani 1915-1918” curata da Mario Rigoni Stern, credo adesso di aver
trovato nelle 650 pagine anche le parole giuste per spiegarmi meglio.
Valdese, ufficiale degli alpini sul Grappa e poi celebre narratore della guerra, Piero Jahier scrive
dalla conca dell’Astico:” Appena passiamo in seconda linea non ci par vero di riprodurre un po’ di
vita di casa”.
E subito chiarisce perché:” Il battaglione alpino è una famiglia di montanari degli stessi paesi,
rinsanguata da figli, fratelli, nipoti. Questa famiglia porta il nome delle acque e delle montagne di
casa. Alpini cambiati di battaglione ne sono stati così disperati da fare più giornate di montagna per
tornare al loro vecchio.”
Sull’Astico o a Kabul, sempre alpini sono. Come un vecchio battaglione, senza retorica al seguito.”